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Ho perso l'abitudine di scrivere questa storia e vi chiedo scusa dall'inizio.

Vi amo se siete rimaste.
Vi amo se ve ne siete andate, Perché vi capisco è inutile continuare a conservare una storia che sembra interrotta e che non continuerà più.
Questa è la mia storia.
Questa storia mi fa male quando la scrivo.
Non so se avete presente Harry Potter, durante il quinto anno, l'anno della Umbridge, quando scrive con la penna che gli incide la pelle e lascia sul foglio il sangue: ecco, quando scrivo questa storia il mio cuore un po' sanguina e non so bene perché, ma è difficile lasciare così tanto su un pezzo di carta o su uno schermo.
In questo momento mi ritrovo in lacrime, sotto le coperte e con una voglia immane di pizza.
Ma vi voglio ringraziare e vi voglio dire che, nonostante tutto, questa storia fa parte di me fino alla mia anima.
Perché siamo un po' tutte Neve e vorremmo tutte un Mauro Icardi che ci aiuti a venirne fuori.

Ora basta, vi lascio al capitolo.

Decimo giorno.

"Come ti chiami?" - ti chiesi un giorno, all'improvviso.

Eravamo stesi sul prato a guardare il cielo, avevi gli occhiali perché non eri abituata a stare senza e fumavi in silenzio una sigaretta. Dal cellulare risuonava quella canzone che ti piaceva tanto, mi sembra che si chiamava Lo stesso viso ed era di Luchè, un rapper che amavi molto.

Ti leccasti il labbro, dopo aver sospirato in alto il fumo e sorridesti appena. "Come un fiore, come l'iride." - rispondesti.

"Iris" - sussurrai, come se fosse un brutto scherzo del destino chiamarsi come qualcosa che nel tempo ti avrebbe fatto male e ti avrebbe danneggiato la vista in modo tanto crudele. Ma quel difetto, quell'alone ti donava, mi incuriosiva come ogni cosa che si trattava di te: Perché eri magia.

"Non mi piace." - ammettesti di nuovo. "Che ironia la mia vita." - sentivo le tue lacrime bloccarsi in gola, solo una volta avevi pianto in mia presenza, non l'avevi fatto più, non ti piaceva mostrarti debole avanti agli altri, neanche avanti a me.

Non risposi, perché non sapevo cosa dire, mi sentivo a disagio quando non trovavo le parole giuste per te, per sentirti vicino. Così mi avvicinai e misi un braccio al di sotto della tua testa e tu la mettesti sul mio petto. Restammo fermi così per un po' aspettando che qualcuno dicesse o facesse qualcosa, ma quando la canzone finì, le nostre labbra si unirono in un bacio delicato.

Ti avevo conosciuto da poco,
eppure già eri tutto per me.
Scusa Neve.
Perdonami.

Neve || Mauro IcardiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora