Ho aspettato per tanto tempo l'indipendenza, sono cresciuta in una famiglia con genitori molto severi, era difficile per me non pensare costantemente alla possibilità di deluderli, in un modo o nell'altro. C'è sempre stata l'istruzione al centro delle nostre conversazioni, raramente si sfociava in un argomento differente. La verità è che fino a qualche anno fa mi stava bene tutto ciò, insomma niente preoccupazioni, solo studio, solo buoni voti e poi tutto veniva da se. Poi però si è complicato tutto, perché realmente tutto si concentrava sullo studio, nemmeno un minimo sforzo di premiare il mio lavoro, nulla, niente di niente. Da lì ho iniziato a non credere più in me stessa, da lì ho iniziato a impegnarmi di meno, ho iniziato a saltare la scuola, a chiudermi in me stessa, a piangere in silenzio, perché non avevo per niente voglia di dare spiegazioni, ho iniziato a sentirmi sbagliata, ad odiarmi, fino a diventare l'opposto di quella che loro volevano che io fossi.
"Peter." Lo chiamo.
Siamo seduti sul prato all'ombra di un grande albero, mentre Hannah e Sarah sono due panchine più in la, è intento a guardare il vuoto d'avanti a se.
"Mh." Si gira per guardarmi.
"Quando uscirai da qui, dove andrai?"
"Non lo so, dalla mia famiglia non credo di volerci tornare, probabilmente inizierò daccapo da un'altra parte."
"Non vuoi provare a tornare a casa?"
"La chiami casa quella?" Accenna un sorrido amaro. "Abbie, hanno pagato per farmi entrare qui dentro, non hanno nemmeno provato a interpellarmi, hanno pagato per tenermi lontano da loro, hanno preferito inventare la storia "del figlio malato" anziché ammettere difronte ai loro preziosi amici di avermi cacciato di casa, sono stato deriso, chissà quante me ne avranno dette alle spalle, hanno distrutto il mio orgoglio e mi hanno allontanato dal mondo che mi circondava."
Stringe i pugni segno che si sta arrabbiando.
"Peter, come lo hanno scoperto?"
"Che ero gay?" Domanda retoricamente. "Avevo conosciuto un ragazzo al college, era il mio primo anno e nel mio college in camera ti affiancavano con uno di uno o di due anni più grande, quindi tecnicamente era il mio compagno di stanza. "Alza il suo sguardo al cielo e lo fissa tra le nuvole, quasi come se sul bianco di quest'ultime fossero riportate le immagini da lui raccontate. "Era tutto fantastico, Abbie, inizialmente ci parlavamo a stento sai le solite storie dei film americani? Quello più grande che prova a fare il duro e non ti degna nemmeno di uno sguardo e il più piccolino che si innamora, è andata più o meno così, è stato lui a farmi capire di essere gay, il modo in cui mi parlava, il modo in cui mi guardava, credimi ti saresti innamorata anche tu di lui."
"Immagino." Appoggio affettuosamente la mia mano sulla sua, quasi ad incoraggiarlo.
"Ci siamo messi insieme a metà anno, credimi andava realmente tutto bene, i mie mi telefonavano quasi ogni fine settimana, quindi non sentivo eccessivamente la loro mancanza, avevo lui e le sue attenzioni, era tutto perfetto." Si prende la testa tra le mani sorridendo. "Solo che un giorno i miei vollero farmi una sorpresa, vennero a trovarmi, al campus, prima delle feste di Natale perché non le avremmo passate insieme quell'anno. Mi trovarono in mensa seduto al tavolo con lui, mentre ci baciavamo." Stringe la mia mano.
"Peter, non sei tenuto a raccontarmi tutto, so che può far male."
"No, mi va, sei mia amica ed ho realmente bisogno di parlarne con qualcuno che non provi compassione, che non provi a trattenermi qui ancora a lungo solo per i soldi che i miei gli regalano mensilmente, ho bisogno di qualcuno che mi ascolti e basta."
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Madness ||Harry Styles||
Fanfiction[Dal prologo] 《Mi chiamo Abigail ho 18 anni ed io non volevo ammazzarla lo giuro》 Buona lettura ♥