Undicesimo Capitolo.

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Ho lasciato per troppo tempo che gli altri prendessero le decisioni al posto mio, non sono una persona di molte parole e non mi piace prendere iniziative,a volte capita che anche se non sono d'accordo su una cosa per carattere tendo a seguire comunque la massa. Forse sbaglio,forse no. Ho solo paura di essere giudicata per i miei errori,già mi basto io, sono sempre stata autocritica e dopo l'incidente probabilmente lo sono di più.

"Ho parlato con Sarah, lei e Peter sono d'accordo che nel caso uscisse fuori questa storia di dare tutti la stessa versione." Hannah entra i camera chiudendo prontamente dietro di se la porta.

"D'accordo per me va bene tutto." Le sorrido.

"Abbie,ascolta." Mi prede una mano "Non volevo urlarti contro,mi dispiace." Ha un'espressione corrucciata sul viso, ma non è arrabbiata, sembra realmente pentita.

"No,lo meritavo non devi chiedermi scusa,ho fatto una cazzata,come al solito non ho pensato alle conseguenze delle mie azioni, ho recepito il concetto uscirò solo quando mi sarà concesso."

"Perché non stai più andando al progetto.?"

"Ultimamente non mi andava." Faccio spallucce.

"Ascoltami non so cosa ti sia successo ultimamente e il fatto che tu non me ne abbia nemmeno parlato forse, mi porta a capire che è realmente qualcosa di molto personale, hai bisogno dei tuoi spazi, qui ti abbiamo..."

"Tarpato le ali." Concludo la sua frase.

"Esatto, ma so anche che hai fatto amicizia e questo non è una cosa di poco conto, ti stai aprendo."
Alludendo a Peter e Lydia. "Abbie ci vuole molto coraggio nell'affrontare così di petto le proprie paure,io ti sono accanto qualsiasi cosa accada,anche quando finalmente sarai libera di poter uscire da qui e viverti la tua vita."

"Hannah,ho così tanta paura di mostrarmi per quella che sono,tu conosci la mia storia,tu conosci tutte le sfaccettature della mia esperienza,io non voglio spaventare nessuno."

"Abbie,non lasciare che le tue paure ti blocchino, nessuno lì fuori è pronto a giudicarti anzi."
Tutto d'un tratto il pavimento della mia camera è diventato così interessante da farmi fossilizzare lo sguardo per una manciata di minuti e fortunatamente, i miei capelli folti riescono a coprire la mia visuale e la sua del mio viso.

"Prima di passare qui ero in sala pranzo e mentre parlavo con Sarah mi si sono avvicinati Harry e Zayn."
Annuisco come per farla continuare.
"Harry sembrava al quanto scosso, continuava a dire che quello che è successo è assurdo, e si domandava incessantemente come stessi."

Alzo lo sguardo. "Beh, e quindi? Cosa c'è di strano?."

"Vedi, qui cose del genere succedono tutti i giorni, ma nessuno si allarma così tanto." Mi sorride.

"Hannah questo non significa nulla."

"Potresti interessargli."

"Io?" Mi alzo furiosa. "Hannah smettila, ti prego, qui non siamo nei film, non siamo in un romanzo rosa, siamo in una clinica, per gente malata come me, gente che ha ammazzato qualcuno, che manda a farsi fottere il cervello ancor prima di capire cosa cazzo sia successo nelle loro vite,chi vorrebbe un'assassina affianco per tutta la vita? Chi? Nessuno,credimi,nessuno."

"Abbie io non ..."

"No, Hannah il punto è che io ho ancora vive in me le scene di quella sera, ho ancora fissa in me quella luce nei suoi occhi, quella che io ho spento senza nemmeno pensarci due volte, io ho spezzato una vita invece di salvarla e di conseguenza, nessuno può salvare la mia."

"Solo prova a parlargli, forse non ti farà male come credi." Mi sorride.

"A che scopo?"

"Solo per vedere come va, prova a fidarti di chi ti sta intorno,credimi male non può farti."

"Se lo dici tu."

"Forza." Si alza e mi tende la mano.

"Andiamo a fare una passeggiata, schiariamoci un po' le idee."

Mi lascio convincere, ancora una volta seguo il consiglio di qualcun altro andando contro me stessa. Scelgo la compagnia alla mia tanto richiesta solitudine. Ci avviamo verso il portico dal lato della fontana, tira un leggero vento che scompiglia i miei e i capelli di Hannah. Decidiamo di sederci su una delle tante panchine immerse nella pineta.
C'è solo il silenzio tra di noi, nessuno ha realmente il bisogno di dire qualcosa, a volte il silenzio vale più di mille parole ed è proprio in questo momento che io e Hannah stiamo paradossalmente, comunicando di più.
Chiudo gli occhi e assaporo questi attimi, li fisso nella mia mente, perché sono realmente pochi i momenti di pace nella mia testa.

"Che palle!" Una voce maschile distrugge la mia quiete interiore.

"Peter." Lo richiama Hannah.

"Siete pallose, non abbiamo avuto nessun richiamo nonostante il gran casino che abbiamo fatto e voi ve ne state qui in silenzio invece di festeggiare."

"Ma uno meno esuberante di te non poteva capitarmi?" Ride Sarah, raggiungendoci.

"Oh no tesoruccio." Le alza il mento con un dito e le ride in faccia.
Io e Hannah guardiamo la scena divertite ma restiamo comunque in silenzio.

"Oh andiamo avete intenzione di invecchiarci su quelle panchine?" Domanda retoricamente Peter.

Non riesco nemmeno a rispondere a questa domanda che mi sento sollevare dalla panchina a mo di principessa.

"Peter mettimi giù." Mi dimeno ridendo.

"Taci, è bello farsi prendere in braccio così, ho sempre desiderato che qualcuno lo facesse per me, quando uscirò da qui e mi fidanzerò spero che il mio ragazzo abbia le palle di farlo."
Il mio ragazzo. È gay? Eppure non ne ha mai dato l'impressione, non che i gay vadano in giro con un cartello ma avrei giurato, per quel poco che lo conosco, che provasse interesse per Sarah.

"Oh andiamo non guardarmi così." Solo adesso mi rendo conto di avere un cruccio sul volto, lo guardo curiosa più che altro.

"Altrimenti perché sarei qui secondo te? Alle famiglie potenti non va giù un figlio gay, sono stato mandato qui per curarmi, lo so è medioevale come concetto, ma meglio essere qui che in quella tana di lupi."

È quasi freddo e distaccato mentre lo dice,come se la storia raccontata non fosse la sua, nessuno lo ha domandato eppure lui si è aperto con me con una tale semplicità, ha appena ammesso di essere stato spedito qui dalla sua famiglia senza una vera e propria ragione. Così disinvolto che a tratti sembra che la cosa non lo tocchi nemmeno. Penso che il tempo che ha trascorso qui dentro lo abbia fortificato, so come ci si sente a non essere visto di buon occhio dalla propria famiglia, uccide. Uccidono i loro sguardi accusatori, uccide il loro scrutarti a pieno in cerca del tuo prossimo passo falso. Uccide la loro decisione di starti lontani, la loro decisione, esatto loro non tua, tu non puoi fare altro che andare ancora una volta contro la tua volontà e partecipare passivamente alla tua condanna verso l'infelicità.

*Hola! Chiedo umilmente scusa a tutti voi per la mia lunghissima assenza, spero di non avervi deluso con questo capitolo e spero vivamente che vi piaccia se è così votate e lasciate un commento.
Un bacio,
-xhazzakiss.♡*

Madness ||Harry Styles||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora