6. Un angelo

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L'uomo non faceva paura, anzi, mi rivolse un grande sorriso e si abbassò alla mia altezza. Continuai a guardarlo e improvvisamente la mia timidezza sparì e riuscii a parlare:

«Ciao!» Sussurrai io, quasi impercettibilmente.

Lui mi sorrise di nuovo e ripose «Ciao a te piccolino. Sei con qualcuno?» Si guardò intorno con uno sguardo curioso, allora dissi «No... sono solo.» Subito dopo mi rattristai, non c'era un vero motivo per il quale piangere, però lo feci. E ricordo benissimo la reazione dell'uomo che avevo di fronte; non disse niente, ma mi tese la mano. Quel gesto mi sembrò dire 'Ehi, eccomi, sono il tuo nuovo amico.' E dentro di me lo speravo con tutto il cuore.

Smisi di piangere immediatamente e guardai il grande cancello chiudersi dietro di noi. Mi accorsi solo dopo che avevo trovato qualcuno disposto ad ascoltare la mia storia; qualcuno che mi considerasse molto più di un bambino un po' cresciuto.

Prima di avvicinarci al parco delle meraviglie, l'uomo si fermò di scatto e mi domandò «Da dove vieni bambino?» Mi offesi un po', perché non mi consideravo ormai più un bambino, anche se lo ero a tutti gli effetti.

Poi risposi «Vengo dalla città, sono in cerca di qualcuno che mi voglia bene. La mia famiglia... mi ha abbandonato.» Dissi io con amarezza.

«Abbandonato? Ma sei un bambino bellissimo, chi mai potrebbe farlo? Ascolta, non piangere, troveremo una soluzione.» Mi mise una mano dietro le spalle e ascoltai la sua voce dolce, quasi come quella di un angelo. E forse era davvero così, perché quell'uomo mi salvò e non dovetti mai più mettere piede dentro al vecchio e triste orfanotrofio.

Un giorno a Neverland || Michael JacksonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora