9. Il canto dell'usignolo

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Mi svegliai lentamente, il lettino era così soffice da sembrare una nuvola. Mi guardai intorno e notai che non c'era del tutto buio; infatti sui mobili risplendevano delle stelline luminose.

Ricordo di avere sentito ancora una volta quella voce, seppur fosse a sua insaputa. Michael stava cantando. Non sapevo che qualcuno potesse possedere quelle abilità; sembrava il canto di un usignolo, era una melodia stupenda. La voce mi arrivava lontano, ma ero in grado di percepire la stessa naturalezza con la quale poco prima mi aveva parlato. Sì, era un suono così piacevole che non volli interromperlo.

Rimasi in silenzio e lo ascoltai.

E ora potrei definirmi fortunato, perché quella fu la mia unica occasione di sentirla. A Michael non piaceva cantare quando c'era qualcuno in casa sua. Sono stato a molti suoi concerti, ma mai aveva cantato così. Darei qualsiasi cosa pur di tornare indietro nel tempo e poter rivivere anche solo un secondo di quel diciotto agosto del 1992.

Ma è impossibile perché... Oh, non capisco perché continuo a saltare pezzi della storia, scusatemi, riprendiamo: aspettai che Michael finisse di cantare, anche se la mia attesa non durò molto.

«Michael?!» chiamai piano.

Poco dopo sentii dei passi che risuonavano lungo il corridoio e mi raggiunse: «Phil, tutto bene?» Mi chiese lui preoccupato.

«Sì io sto bene.» Risposi io deciso e allo stesso tempo impressionato dalla sua domanda.

Nessun altro me l'aveva mai posta.

Un giorno a Neverland || Michael JacksonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora