7. Il Ranch

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Mi sentii amato fin dal primo istante, come se l'amore fluisse nell'aria di quel posto incantato.

«Benvenuto a Neverland, io sono Michael, mi vuoi dire il tuo nome?» Mi domandò lui.

«Mi chiamo Phil.»

«Benissimo Phil, per ora starai con me. Voglio che tu mi prometta una cosa.» Mi disse, facendosi tutt'ad un tratto serio, poi continuò «Non voglio sentire mai più che nessuno ti vuole bene. I bambini come te sono dei piccoli angioletti, è impossibile non amarli. Sono sicuro che i tuoi cari ti hanno riempito di amore, adesso sta a te trovarlo. Però non temere piccolo, qui non c'è posto per l'odio, tutti sono i benvenuti.» Mi scompigliò i capelli e di colpo il mio cuore si scaldò. Forse era la prima volta in vita mia che provavo delle emozioni forti; certo, sono stato triste, ma quella volta era diverso.

«Seguimi Phil, devi essere affamato!» Disse lui, con una punta di preoccupazione nascosta nel tono di voce.

«Sì, moooolto.» Risposi io con un sorriso. Entrammo all'interno di una casa che, come tutti gli edifici di Neverland, era molto grande. Una signora anziana mi diede dei panini farciti con il burro di arachidi e mi sedetti insieme a Michael su un grande divano.

Avevo così tanta fame che li divorai in un secondo, poi, senza neanche accorgermene, iniziai a raccontare la mia storia, o almeno quello che sapevo. Raccontai a Michael dell'orfanotrofio, dei genitori che mi avevano abbandonato, della mia mancanza di amore e, quando finii, ero in lacrime.

«Non preoccuparti, mi occuperò io di te.» Mi disse Michael.

Un giorno a Neverland || Michael JacksonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora