"Allora io vado! Ci vediamo domani sera alla festa per la tua partenza!"
Prima di allontanarsi, Ron mi saluta dandomi un bacio sulla guancia, mentre io rimango immobile come un palo. Lo vedo farsi sempre più piccolo contro l'orizzonte di case sullo sfondo e realizzo una cosa: ho i brividi.
E non so se questi brividi siano dovuti al fresco venticello contro la mia pelle ancora bagnata oppure al contatto delle sue labbra sulla mia guancia. In ogni caso non è una piacevole sensazione, proprio per nulla.
Odio essere toccata, baciata, abbracciata o anche solo sfiorata da qualcuno. In particolare se quel qualcuno è un esemplare di genia maschile particolarmente attraente e insolitamente normodotato. Non so come spiegare, ma è come se la mia mente erigesse una pesante barriera atta a proteggermi da qualche fregatura.
Perché la fregatura arriva sempre, è solo una questione temporale. E' un po' come il karma: tutto ciò che fai torna irrimediabilmente indietro, spesso più forte e più potente di prima. Così, essendo stata fregata più e più volte nell'arco della mia vita, sono sicura che questa volta è proprio dietro l'angolo. E poi, siamo soltanto amici ( mi ingiungo di rimuovere assolutamente il modo in cui mi spogliava con lo sguardo quando eravamo in acqua, insieme a tutti i suoi tentativi di approcciarmi fisicamente che ho sabotato con una certa maestria. Non sono stupida né cieca, so benissimo che voleva servirsi di me per giocare a "chiodo scaccia chiodo").
Semplici, piccoli amici.
Mi incammino verso il sentiero che porta dritto a casa e avverto una leggera pesantezza alle gambe. Non riesco a camminare oltre, ho bisogno di sedermi da qualche parte, così mi appoggio al muretto in pietra ai margini della stradina. Caspita, che freddo. Penso proprio che questa sera andrò a letto presto, con la speranza di non aver beccato una bella influenza proprio alla vigilia della mia partenza. Solo pochi giorni e conquisterò la Grande Mela!
Arrivo a casa stremata. Mi concedo una doccia bollente di mezz'ora e dopo indosso il pigiama a maniche lunghe, mentre cerco disperata una copertina in giro per la casa.
"Gabry, tutto bene?" chiede mia madre preoccupata. Oggi è l'anniversario di matrimonio dei miei genitori. Per l'occasione mio padre, un modesto neurochirurgo che mantiene con dignità un'intera famiglia, ha invitato mia madre a cena in uno dei ristoranti più in voga della città. Dopo una dura vita di sacrifici e privazioni finalmente possono concedersi il lusso di una cena a lume di candela.
"Non preoccuparti mamma, è solo una piccola infreddatura."
"Vuoi che ti tenga compagnia questa sera? Amy non è in casa e non rientrerà prima di domattina."
"Stai tranquilla, me la caverò. Anzi, sento di star già meglio. Divertitevi tu e papà."
In effetti, quando i miei genitori escono di casa, non sento più freddo e avverto un leggero languorino. Fa decisamente caldo, quindi mi sfilo i pantaloni e rimango con l'enorme felpa grigia del pigiama. Suona il cellulare.
"Pronto?"
"Ehi, spero di non disturbarti." E' Ron.
"Ciao. A cosa devo la tua chiamata?"
"Beh, questa sera, mi chiedevo...cioè, se potessimo, sì, insomma..."
"Come?"
"Vuoi venire a bere qualcosa con me?"
"Oh, mi dispiace tanto Ron! Sono un po' indisposta!"
"Ah, che peccato..."
Riattacco e percepisco la delusione nella sua voce. Evidentemente non avrà avuto nulla di meglio da fare. Ritorno in cucina addentando una succosa mela rossa mentre mi stravacco sul divano a fare zapping, che è anche il mio passatempo preferito. Oh, un documentario sui dinosauri! Questa è decisamente la mia serata!
Sono talmente immersa nei metodi di caccia e riproduzione dei T-Rex che a stento mi accorgo del campanello che suona. Vado alla porta riluttante, totalmente dimentica della mia mise discutibile, non adatta al ricevimento delle persone. Chiunque sia lo sciagurato che osa interrompere il mio idillio con i miei programmi preferiti la pagherà cara.
"Ciao Gabry."
Oh, Jesus! Ron! Cosa ci fa qui? E per di più con un enorme pacco di patatine e delle birre!
"Pensavo ti stessi annoiando e volevo farti un po' di compagnia. Come stai? C'è qualcuno in casa?"
"In realtà sono sola" e sono anche seminuda, e senza reggiseno, e con i capelli scombinati.
"Wow, sei proprio un'altra persona quando sei da sola!"
Riduco gli occhi a due fessure: "Grazie per il complimento. Accomodati."
"Che bella casa! E' un peccato che tu debba andare via!"
Prendo due bicchieri vuoti. "Beh, non si può vivere tutta una vita alle spalle dei genitori. A proposito, non ti ho mai chiesto quale fosse il tuo lavoro."
Prendo nervosamente una delle bottiglie di birra insieme ad un apritappi. Ron prende un momento per rispondere.
"Beh, io sono il proprietario di un pub, lo "Starlight", ma in genere mi diletto nelle cucine invece che nella gestione degli affari dell'azienda."
"Oh... io lo frequento spesso. Per questo non ti ho mai visto lì."
"Eh sì..."
"Eh sì..."
Silenzio. Perché quando mi fissa in quel modo perdo quasi totalmente le mie facoltà cognitive e motorie? Mi concentro sulla bottiglia di birra, cercando disperatamente di aprirla, ma l'apritappi fa i capricci.
"Guarda Gabry, si apre così" e in un attimo Ron è dietro di me che guida le mie mani con le sue. Devo fermare questa cosa prima che degeneri.
"Senti, Ron... perdona la mia franchezza, ma credevo fossimo soltanto degli ottimi amici"
Non sembra minimamente turbato dalle mie parole, anzi. Con un delicato movimento della mano rimuove il tappo e stringe le braccia attorno al mio girovita.
"Beh, sì, Gabry...in teoria siamo degli ottimi amici."
"E-e-e... in pratica?" gli chiedo, mentre lo sento avvicinarsi all'orecchio.
"In pratica, per me sei un'amica molto, molto speciale."
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New York, New York! #Wattys2016
ChickLitSolare, radiosa e bellissima: tre aggettivi che racchiudono la personalità di Gabry, o almeno è così nella sua testa. Perfezionista assoluta e diligente, dopo il conseguimento della laurea in psicologia della comunicazione decide di trasferirsi a...