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Mara mi camminava di fianco e mi guardava sospettosa, con gli occhi a fessura e le labbra contratte.

"Che c'è? Ho qualche cosa in faccia?" le domandai preoccupato, passando una mano sul viso, sapendo benissimo che la mia migliore amica non intendesse quello.

"Ti comporti in modo strano ultimamente. Sembri più timido e...non lo so. Cosa mi stai nascondendo? Non mi parli più come una volta!" concluse mettendosi le mani fra i capelli.

Mi girai verso di lei e l'abbracciai forte, con tenerezza:"Tranquilla Mara, sono sempre lo stesso, solo un po' più sulle nuvole."

Il suo faccino fece capolino dal mio petto e le sue labbra formarono un arco perfetto: "Se lo dici tu."

Ritornato a casa mangiai un panino e feci tutti i compiti prima che arrivasse Sofia. Ebbi il tempo di fare anche una doccia veloce.

Non si sa mai...bisogna essere sempre pronti nella vita.

Mi sedetti sulla poltrona con il telecomando in mano, avrei sicuramente trovato qualche cosa da vedere in televisione.

Ma, ovviamente, ogni volta che mi sedevo, il campanello suonava come un orologio svizzero.

Mi alzai in ansia, stavo iniziando a sudare freddo e con voce tremante chiesi chi fosse al citofono.

Una voce allegra mi urlò nell'orecchio: "Lombardi! Chi vuoi che sia?!"

Aprì la porta e venni travolto da Sofia: lanciò il suo Eastpak nero con le borchie sul pavimento della sala e buttò il suo casco, anch'esso nero, più opacizzato, sul divano.

"Cosa ci fai ancora sulla porta? Tempus fugit!" disse lei, togliendosi le Dr Martens bordeaux e rimanendo con le calze.

"Come se fossi a casa tua..." sbuffai infastidito, mentre richiudevo la porta.

"E da quando utilizzi proverbi latini?" domandai scettico.

"Da sempre...è la mia materia preferita. Insieme a filo, si intende" sorrise lei.

Rimasi di stucco, fissandola con la bocca spalancata.

Eravamo nella stessa classe da cinque anni, ma non conoscevo nulla di lei. Era sempre sulle sue e si poteva dire che uscivamo e frequentavamo persone diverse.  

Lei si avvicinò e mi passò la mano davanti alla faccia:"Va bene che sono bella, ma almeno non sbavare. Abbiamo così tante cose da fare, che non avresti il tempo di lavare il pavimento..." scoppiò a ridere divertita, forse perché sotto la sua frase c'erano nascoste molte cose...

"Dov'è la tua camera? Io andrei là a lavorare. Ho portato anche il mio computer. Sicuramente il tuo sarà una mezza carretta."

"Hey! Non insultare il mio computer! Lo uso da anni e non mi ha mai dato problemi."

Scossi la testa disperato, e mi diressi al secondo piano, verso la mia stanza.

Lei mi superò e aprì la prima porta: "Ah, questo è il bagno. Carino, anche se io preferisco uno stile più moderno" disse, indicando i mobili in arte povera.

"A me piace così com'è. Mi fa letteralmente schifo il moderno: è freddo ed inespressivo." la guardai male.

"Se lo dici tu..." rispose lei, riprendendo le stesse parole dette dalla mia amica fuori da scuola.

Perché nessuno prende in considerazione le mie opinioni?!

Poi aprì la seconda porta e rimase sull'uscio. I suoi occhi volarono dalla scrivania ordinata, al letto da una piazza e mezzo con le coperte che avevano motivi geometrici, dall'armadio color verde, alla libreria con i miei amati libri.

"Spero che questa sia di tua sorella. Hai una sorella, vero?" domandò girandosi di scatto verso di me.

"Emh... no. È la mia." risposi imbarazzato.

Lei scoppiò a ridere e si adagiò a terra, tenendosi la pancia.

Fra le lacrime riuscì a dire: "Oddio! Ma sembra di una femminuccia! Tutta ordinata e pulita e poi...cosa sono quei libri?"

Gattonò fino alla parete opposta e prese uno dei libri, per poi ridere di più:"Twilight?! Io prima di te?! Sono tutti romanzi rosa o d'amore!"

Io incrociai le braccia al petto e feci il broncio.

Io amavo quei libri, erano tutto per me. Desideravo una storia d'amore di quel genere. Ma lei si stava prendendo gioco di me.

"Cosa c'è di strano?! Ora alzati ed iniziamo. Se no sai dov'è la porta." dissi in tono severo.

Lei si ricompose a fatica e si alzò in piedi:"Ti sei offeso? Non era mia intenzione."

Bugiarda.

"Conosco un modo per farmi perdonare" concluse, la voce suadente e lo sguardo da cerbiatta. 

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