capitolo tredici.

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Sento che sto sprofondando in un baratro infinito, senza fondo. Mi sento cadere e cadere e cadere.
Papà nota come mi sento e mi chiede
«Conosci qualcuno di nome Parish?» vedo nei suoi occhi due cose. Due cose talmente opposte ma che in questa situazione non potrebbero stare che insieme: Speranza e Odio. So che sembra una follia ma le vedo, le vedo benissimo. La speranza di poter rivedere (forse) sua moglie e anche di poter uccidere le persone che le hanno fatto del male e l'odio. L'odio per quelle persone, che hanno rovinato la sua vita. La vita delle sue bambine.
«no» rispondo debolmente ma dopo essermene accorta mi riprendo. Mi schiarisco la voce e ripeto il no ma con più decisione.
Papà va a preparare la cena mentre io salgo in camera.
Okay Cassie, tranquillizzati. Infondo ci sono altri Parish, no? Non esiste solo la famiglia del ragazzo che ti piace che si chiama Parish.
Prendo dallo scaffale l'elenco telefonico e cerco la mia città. P...P...P... Dov'é la P?
Le mie mani tremano come foglie. Ho paura? Forse... Ma chi non ha paura? La paura fa parte di noi.
Eccolo. C'é solo un Parish. Dentro di me prego che non sia della famiglia di Ben il numero che sto digitando. Premo il tasto "chiamata" con tutta la forza che ho e il telefono inizia a squillare.
"Pronto?"
"Salve, la famiglia Parish?"
"Si, mi dica"
"Sono Cassie. L'amica di Ben"
Ti prego ti prego ti prego fa che non sappia chi sono.
"Cassie, ciao. Ben é di sopra. Te lo devo chiamare?"
Silenzio. Non rispondo. Non vedo più niente, finché non realizzo che sono le mie lacrime ad appannarmi la vista. Sento in sottofondo la signora Parish che mi chiede se ci sono ancora. Riattacco.

«Cassie? stai bene?» mi chiede mio papà addentando una coscia di pollo. Ricaccio indietro le lacrime e annuisco.
«Scusate... non mi sento bene. Vado a dormire» mi alzo da tavola.

L'unica cosa che mi può distrarre? Leggere. Prendo Hunger Games (anche se sarà la quarta vola che lo rileggo) e finalmente me ne vado. Vado via da questo mondo schifoso. Da un mondo che mi riserva solo tristezza e paura e dolore. Entro in un mondo d'avventura, di azione, d'amore. L'amore vero.

Sento bussare alla mia porta. Stropiccio gli occhi e noto Emily avvicinarsi.
«Em? Che ci fai qui?»
«Perché sei andata via a cena? Stai bene? Perché se hai paura posso dormire con te» sorrido. Lei ricambia e subito mi sento meglio. Emily é l'unica che cerca davvero di capire come mi sento ed é solo una bambina. Ma é la bambina più forte che io conosca. Dovrei dirle di mamma? Certo il diritto di saperlo lo ha.
«Vieni» le dico facendole spazio sul letto
«Devo dirti una cosa» la sua espressione cambia. Ora é preoccupata.
«Non so davvero come dirtelo Em...»
abbasso lo sguardo
«Sai qual'é il miglior modo per dire una cosa?» mi chiede
«No, qual'é?» e volevo davvero saperlo
«Dirla e basta.»
Respiro profondo. Chiudo gli occhi. Un'altro respiro profondo. Li riapro.
«Em quello che sto per dirti é importante. Te lo dico perché mi fido di te... Forse c'é una piccola possibilità che la mamma non sia morta»
Non capisco. Non riesco a capire la sua espressione. Gioia? Paura? Confusione? O un mix di tutte queste?
«Cosa? Forse la mamma... é... viva?»
«Em non é detto. Non voglio farti credere che sia viva. Ma c'é una piccolissima possibiltà che lo sia. É talmente piccola però...» sospiro
«Cassie»
«Si?»
«Almeno c'é»
E ci addormentiamo così. Con io che penso a quanto sono fortunata ad averla. Se qualcuno provasse solo a togliermela dalle braccia non resterebbe vivo.

Un Segreto Che Non Pensavo Mi Appartenesse //IN REVISIONE//Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora