capitolo quindici.

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Questa é la conferma che i signori Parish sono delle spie. Entro dentro e accendo la luce. É molto simile alla nostra ma é più sofisticata, più all'avanguardia.
Devo scoprire una volta per tutte se sono loro che tengono mia madre. Un grande scaffale raccoglie molte cartelle. Missioni completate, Missioni fallite, Missioni incomplete, Dati dell'organizzazione, Rapimenti.
Trovato. Prendo quella cartella e la apro.
«Chi abbiamo qui?» sgrano gli occhi. Perché mi faccio sempre sgamare.
Non potevi chiudere la porta, Cassie?
Okay, sta volta é colpa mia
É sempre colpa tua.
Stai zitta, coscienza.
Mi giro piano e fisso gli occhi di Ben.
•••
«Quindi mi stai dicendo che i miei sono delle... spie?» chiede incredulo.
Siamo chiusi in camera nel posto segreto, con la porta chiusa. Da come ho capito i genitori glielo hanno tenuto segreto.
«Si ma non é tutto» non so come dirli di mia mamma. Come posso dire ad un ragazzo che i suoi genitori hanno rapito o ucciso un'altra persona? Non c'é un modo carino per farlo, quindi seguo il cosiglio di Emily e lo dico e basta.
«Ben... mia madre anni fa fece un incidente. Mi dissero che aveva perso la vita ma alcune settimane fa scoprii che mio padre era una spia. Mi disse che la mamma non era morta, ma scomparsa. É stata rapita, Ben.» cerco di efatizzare la parola rapita così che capisca da sola cosa sto dicendo, senza che devo farlo io.
«Mi dispiace per tua madre. Chi pensi l'abbia rapita?» dopo che l'ha detto capisce.
«Cosa stai insinuando? Che i miei sono capaci di rapire tua madre?» é offeso. Lo capisco, e non posso biasimarlo. Infondo sto accusando i suoi genitori di aver rapito una persona. Non é una cosa da poco.
«Ben so che può sembrare strano e bizzarro ma é la verità. Capirò se non mi vuoi credere ma ti prego di non dire nulla ai tuoi genitori finché non ho chiarito questa faccenda»
«Io ti credo.»
Quella affermazione mi fece rimanere perplessa.
«Come?» chiedo sbalordita
«Sapevo che nascondevano qualcosa, sono sempre stati strani. Avevo capito che c'era qualcosa che non andava ma non credevo fosse una cosa del genere» sospira. So come si sente, ho provato anche io quello che prova lui
«Ben, so come ti senti...» poso la mia mano sulla sua
«So che ti senti come tradito, arrabbiato, vorresti spaccare tutto ma non é la soluzione. Vieni»
•••
Siamo seduti sulla nostra panchina. Con l'albero che ci fa ombra. Il sole sta tramontando e il cielo ha le sfumature del rosa e del viola.
Lui si avvicina e mi mette un braccio sulla spalla
«Ne avevo bisogno, mi sento meglio. Grazie Sullivan» sorride. Il suo sorriso é perfino più bello di questo tramonto.
«Hai visto che bel tramonto?» mi chiede come se mi avesse letto nel pensiero
«Si, é stupendo»
«Mai quanto te,però.»
Sorrido e mi accoccolo nelle sue braccia. Una voce dietro di noi ci interrompe
«Che bei piccioncini.»
Luke.

Un Segreto Che Non Pensavo Mi Appartenesse //IN REVISIONE//Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora