Prologo

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*POV narratore*

Era una calda estate a Trost.
I bambini correvano felici dietro un pallone.
Non vi era nemmeno un filo d'aria, dando cosí l'impressione di essere in una sauna.
Gli alberi rimanevano immobili sotto il sole cuocente, che per loro era manna dal celo.
Tutti i ragazzini di quel piccolo paesino di campagna si erano riuniti nel campo da calcio, per la solita partita.
Tutti tranne due: un ragazzino molto vivace e amorevole con tutti, occhi verdi come il piú maestoso dei prati che sfumavano al blu del mare piú profondo, capelli sempre arruffati color nocciola e le guance paffute, che prendevano una tintarella rosea in presenza del suo miglior amico; il secondo ragazzo, a differenza del primo, cercava sempre di mantenere un atteggiamento serio nonostante l'erà, voleva somigliare sempre ad un adulto cosa che, però, diventava impossibile in presenza del castano, capelli rasati ai lati e dietro color biondo cenere che facevano da sfondo a profondi occhioni color nocciola.
Il nome del primo era Eren Jëger, mentre quello del secondo era Jean Kirstein.

Le loro madri erano state amiche per molti anni. Talmente tanti che avevano deciso dai tempi delle medie, di andare a vivere vicine, con le loro famiglie.
Avevano sognato per anni di avere figli della stessa età, e ciò infatti era successo: Eren era nato il 30 Marzo, mentre Jean il 7 Aprile dello stesso anno.

Si trovavano sotto lo stesso albelo di sempre. Era un salice piangente molto grande, talmente grande che si potevano riunire le intere famiglie dei due ragazzi e farli accomodare tranquillamente.
Ma ciò non sarebbe mai accaduto, poiché nessuno dei due fanciulli aveva fatto parola di quel posto a nessuno, nemmeno alle loro mamme.
Quando volevano stare soli o in compagnia unicamente dell'altro, andavano a rifugiarsi sotto quelle foglie verde acqua, come gli occhi del castano.

Ed era lí che si trovavano quel giorno. Erano passati 10 mesi da quando i genitori di Eren avevano divorziato, ma lui non poteva capirlo. Aveva solo 8 anni, 7 quando suo padre lasciò per sempre la casa, senza fare piú ritorno.
Ogni tanto capitava che l'uomo vesisse a prendere il figlio a scuola accompagnandolo a casa, regalandoli anche qualche gioco nuovo.
Niente di troppo impegnativo infondo, ma per Eren questo era bellissimo.
Solamente Jean era al corrente di questa situazione e, come chiesto dal castano, non ne aveva fatto parola a scuola.
Nemmeno le maestre erano state messe al corrente di questa faccenda; di fatti, quando la maestra di italiano aveva detto di descrivere il proprio eroe, tutti i compagni di scuola avevano optato per il padre, come suggerito dalla maestra.
Eren però si era categoricamente rifiutato di descriverlo. Non perché non lo vedesse come un eroe, o non li volesse bene. Bensí perché i momenti trascorsi con lui erano veramente pochi, a partire dai 5 anni l'uomo era sempre assemte dalla vita del figlio. Per quel tema, Eren, decise di descrivere la persona che reputava come un'eroe, o addirittura meglio.

I due amici si trovavano sotto l'albero, ascoltando gli uccellini cinguettare e osservando gli scoiattoli rincorrersi tra i rami.
Erano coricati a pancia in sú, uno attaccato all'altro, con le dita delle mani intrecciate.
Se fossero stati anche solo di un paio di anni piú grandi, si sarebbero staccati subito al primo contatto.
Il silenzio veniva costantemente interrotto dalle continue barzellette raccontate dal castano e dalle risare del biondo.
Si volevano bene.
Non c'é che dire.
Un bene che era difficile da eguagliare.
Si promettevano innumerevoli volte che nessuno li avrebbe mai separati, che avrebbero sempre chiarito e che sarebbero tornati amici piú di prima.

Crebbero bene insieme, se c'era uno c'era sempre anche l'altro, non si lasciavano mai.

O lo era fino all'inizio delle superiori.

Ti odio per starti lontano || Jean x Eren ||  ||in Pausa||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora