CAPITOLO 33- Here

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«Lorenzo?»
«Oddio eccoti! Stai bene, vero?»
«Mh...sono stordita»
«Adesso tu porto via»
«Ma perchè sono qui?»
«Ti spiegerò. Adesso dimmi perchè volevi che ti cercassi la borsa al parco»
«Per le pillole, ma è una scusa. Lasciala a me, tranquillo»
«Eccoti Ostuni!»

Mi voltai lentamente respirando con calma. Lasciai la borsa alla ragazza e mi avvicinai al ragazzo.
Chi poteva essere se non Johan?

«Hai i soldi?»
«La carta di credito»
«Non volevo quella»
«Ho questa, cazzo! Se prelevo tutto su un colpo la banca si insospettisce!»
«Mh va bene. Vai a controllarla» disse ad un ragazzo vicino alla porta.

«Serviva proprio prenderla in ostaggio?»
«Sí, altrimenti non lo avresti fatto»
«Non te ne dovevo così tanti»
«Sí invece, devo ripagare la multa che avevo preso per colpa tua. Quando sono andato in giro con tutte quelle sigarette perché tu non le volevi»

Ci fissammo per molto tempo, il quale sembrava non scorrere.

Poi il ragazzo tornò, confermando la cifra.
Non era bello vedere i propri soldi andarsene così.

«Tutto a posto»
«Bene. Ostuni può andare, la ragazza me la lasciate ancora un po', e a te non conviene chiamare la polizia.» Disse fissandomi.

Come ancora per un po'?
Io non andavo via senza di lei.

«Lei viene via con me»
«Che romantico... Lo portate via per favore?» chiese scocciato.

Nonostante cercassi di impedirlo, altri due mi trascinarono fuori dall'edificio.
Dovevo rientrare, Alessia da sola non poteva rimanere, non volevo immaginare cosa sarebbe successo.

Forse dovevo entrare dalle finestre aperte del tetto.

Alessia's POV
Nonostante mi stessero portando via Lorenzo, non avevo chissá quale paura.
Io avevo la pistola nascosta in mezzo al reggiseno.
Le maglie larghe coprivano benissimo non solo le curve in certi casi.

Il ragazzo chiuse a chiave la porta e si avvicinò lentamente verso di me.

«Ho sempre voluto darti una botta, la tua quarta di reggiseno mi piace»
«È una terza» risposi senza batter ciglio.

Mentre lui veniva verso di me, io camminavo al lato opposto fino alla porta.
Mi ci voleva un grande sforzo dato che ero mezza stordita.

«Scappa pure, tanto sei ancora sedata e a correre non riesci. Però ti muovi troppo secondo me» disse prendendo una siringa.

Dai, avvicinati.
Non vedo l'ora di usarla.

Mi girai di spalle e la presi tra le mani.
Forse ne aveva una anche lui, dovevo essere svelta.

Non appena lo sentii abbastanza vicino, mi voltai puntandola sulla sua testa.

«Prova a muoverti e ti faccio saltare il cervello»

Era troppo da film quella frase, mi ero divertita a dirlo.

«Bene. Adesso lanciami la chiave» dissi sempre tenendo l'arma puntata.

Non appena la chiave rimbalzò ai miei piedi, la presi senza staccare gli occhi da lui e a tentoni spalancai la porta dietro di me riaprendo la serratura.
La richiusi a chiave e camminai lentamente al buio cercando di non cadere.

Potevo uscire, la porta era lì.
Ma Lorenzo?
Era fuori anche lui?

Feci un giro veloce di alcune stanze per cercarlo, ma niente.
Decisi allora di salire al secondo piano, dopotutto ce n'erano solo due.

Percorsi le scale il piú silenziosamente possibile ed entrai in una grande stanza dove evidentemente venivano depositati i documenti.

Il finestrone era aperto, un vento fresco mi asciugava il sudore che avevo nella fronte dalla paura.

Controllai l'angolo nascosto da un armadio e appena mi voltai vidi una figura nell'ombra che avanzava verso di me.

Era buio, non si vedeva quasi nulla e mi ero spaventata troppo per rendermene conto.
Il colpo partì quasi involontariamente verso quel nemico.
Quel nemico che cadde inginocchiandosi e tenendosi il braccio mentre lasciava andare un gemito straziante.
Ma quella voce non era una voce cattiva, anzi.
L'avevo riconosciuta.
Il malinteso più brutto della mia vita.

Mi precipitai verso Lorenzo, probabilmente gli avevo perforato il braccio.
Speravo con tutta me stessa che non fosse così.
Non sapevo cosa dire.
Ero senza parole.

«Cosa faccio!? Devo...devo bloccare il sangue» dissi tra me e me con il panico nella voce.
Intanto sentivo il liquido caldo colorare le mie mani di rosso, era davvero orribile.
Mi tolsi la maglia rimanendo in canottiera.
Gliela legai attorno al braccio a fatica, tremavo più di lui.

«...riesci ad alzarti? Io...mi dispiace, non volevo spararti, mi hai spaventata e pensavo-»
«Ehi, non ti preoccupare. In ospedale sistemano...tu...stai bene?» chiese stringendo i denti mentre si alzava con il mio aiuto.
«Io si...dove sono gli altri due?»
«Non lo so, credo fuori»

Merda.
Uscii dalla fabbrica tenendogli immobile il braccio ferito e accadde il peggio.
Gli altri due erano fuori, come se ci stessero aspettando.

«Dove andate?»
«In ospedale! Non vedi quanto sangue sta perdendo!?» chiesi spazientita
«Voi non-»
«Zitto»

Alzai per l'ennesima volta la pistola.
Per aiutare lui avrei ucciso.

Ehm.
Potete odiarmi.
Dopo più di due settimane torno con un capitolo breve e scritto male.
Le superiori mi hanno distratto un sacco, però secondo me sono fighe.
E niente, vi lascio perché sto crepando di sonno.
Vvb

Dipendent- Lorenzo OstuniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora