CAPITOLO 34- Save me

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«Devi toglierti o sparo»
«Dai ragazzina, lèvati, non hai nemmeno il coraggio di farlo»

Invece sì.
Presi un respiro ma in quel momento qualcuno dietro di me mi fece cadere l'arma dalla mano.
Che cazzo.
Lorenzo perdeva troppo sangue.
O forse no, ma avevo tanta paura per lui.
No no, avevo ragione.

Il ragazzo si inginocchiò a terra per poi stendersi a pancia in sú.

«Che fai?» gli chiesi nel panico
«No niente...mi gira la testa» rispose con un sorrisino.
«Riportateli dentro»
«No, fermi, a lui penso io!» esclamai accucciandomi e alzandogli la schiena dal terreno.
«Dai Lori...devi solo camminare un pochino, poi tutto...andrá bene» cercai di convincerlo.
Piú che altro volevo convincere me.

Quando si appoggiò alla mia spalla, disse pianissimo una parola, "la pistola".
Non so come, ma era riuscito a prenderla senza farsi vedere.
Ora era tra le mie mani.
Dovevo sparare, era l'unica possibilitá, magari prima a quello armato e poi all'altro.

Mi ci volle qualche secondo e un coraggio enorme, non sapevo se ero costretta a farlo.
Ma cavoli, non ero io dalla parte del torto.

Mi alzai lentamente e con uno scatto inaspettato lo feci.
Prima a uno e poi all'altro
Non capivo, mi sentivo malissimo.
Quelli armato di sicuro aveva smesso di respirare...aveva un orribile foro nella fronte che vidi in quell'attimo di secondo.
L'altro si teneva una gamba urlando dal dolore.

Non so chi o cosa fosse stato, ma la polizia fu lí in pochissimo tempo.
Forse avevano sentito lo sparo che avevo per sbaglio mollato a Lorenzo.

«Ale...hai fatto bene, ci avrebbe ammazzati»
«Ma l'ho ucciso» dissi tremando e lanciando via l'arma.
«Avrebbe fatto lo stesso pure lui, a te che non c'entri nulla»
«No...no, no, non è vero...»

Non potevo averlo fatto.
Non avevo davvero ucciso quella persona.
Io non ero un mostro...appunto, non ero.

«Io...»
«Non piangere, ci siamo salvati la pelle»
«...sono un...mostro!?»
«Ma no!» esclamò confuso.

Lo abbracciai tra i singhiozzi, la mia vita era rovinata.
In carcere di sicuro non ci sarei finita, era legittima difesa, ma era un peso orribile da sostenere.

«Come va?»
«Bene, tranquilla, e tu?»
«Insomma...»
«Dai, non pensarci troppo, infondo volevi solo difenderci, non lo hai fatto per cattiveria»

Dondolavo nella sedia dell'ospedale accanto al lettino in cui stava seduto Lorenzo, con il braccio fasciato.

Sarebbe successo di tutto nei giorni a seguire, ma tutti i processi o le spiegazioni sarebbero andate bene.
Non eravamo cattive persone, non c'era nulla da nascondere.
Beh, lui avrebbe avuto qualche problema con il traffico delle sigarette, ma forse anche no.

Glielo avevo sempre detto che fumare avrebbe causato danni e problemi...

Dipendent- Lorenzo OstuniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora