Capitolo 38: La storia di Hope

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POV'S HOPE: "Sono la figlia di un mostro che ha rinchiuso un sacco di persone e ne ha uccise assai di più". Sento bussare alla finestra, ma non vedo nessuno al di fuori. Percepisco lo zampino del dominatore del vento, così la apro lentamente circondanomi dell' odore di salsedine e del caldo sole pomeridiano.  Appoggio le mani al poggiolo, la testa inizia a scoppiare, inizio a sentire la voce di mio padre, questione di un secondo e già è nella mia testa: «Sei una delusione totale, non sei degna di essere mia figlia, non vali nulla, non servi a nulla, tu e il tuo gruppo di ragazzini siete deboli, anche con quelle pietre che portate appresso. Goditi questa giornata, non so se ne vedrai un'altra simile».

Crollo sul poggiolo, tenendo la testa appoggiata ai gomiti. Soffro in silenzio, finché delle mani mi sfiorano i polsi facendomi tornare alla realtà.

«Hope che hai?»
«Non ti preoccupare»
«No, sei matta ti ho visto delirare»

Mi accarezza le dita che tengo fra i capelli, toccando il punto della testa che mi fa più male. È come se il dolore diminuisca e la testa pesi un po' meno.

«Hope mi preoccupi, fai ancora gli incubi? Centra con l' inizio del tuo diario?»
«Sono cose mie»

Finalmente riesco a riprendermi, libero la sua presa dalla mia testa e mi siedo sul letto svogliatamente. Lui resta fermo, aspettando una mia risposta. "Qualcosa mi dice di farlo, perché infondo lui è Jason. Ha letto già il mio diario, sapere qualcosa in più di me è nel suo interesse"

«Prometti che dalla tua boccuccia non uscirà nulla»
«Non una parola»
«Allora, io sono stata affidata come tutti voi a dei genitori biologici, ma a differenza vostra io e Back, sentivamo la voce di mio padre, parlarci nel sonno. Hanno provato con i sonniferi, antistress, ma niente funzionava. Al nostro dodicesimo compleanno, mio fratello è uscito con i suoi amici e i miei genitori biologici lavoravano fino a sera come sempre. Non avevo molte amiche, sai sono un pochino acida ed antipatica e questo non piaceva alle ragazzine. Rimasta sola in casa, non fosse la prima volta, guardavo un film, quando dal televisore è comparso proprio il volto di mio padre, come se attraversasse un portale è arrivato davanti a me. Non ho fatto in tempo nemmeno a creare una piccola sfera, che già lui mi aveva colpito. Voleva le stesse cose che vuole ora da mio fratello, alleanza. Mi minacciava, diceva che avrebbe fatto del male ai miei genitori biologici sapendo che io li amavo, come se fossero i miei, ma non volevo allearmi ugualmente. Lui mi puni, mi picchio, fino a farmi svenire.  Il mio dominio non era niente in confronto al suo. Sono stata in coma per 2 giorni per trauma cranico, causato inspiegabilmente. Al mio risveglio c'erano solo infermiere donne e un ostetrica che mi stava visitando in mezzo alle gambe. Accanto a me c'era una macchina strana con schermo, mi è stato spiegato che disegnavano la frequenza dei battiti del cuore, quello di un bambino. Stupefacente in due giorni era cresciuto come se ne fossero passati 30. Come avevo detto oltre a loro non c'era nessuno, ero sconvolta e ho chiesto loro di non dire nulla ai miei genitori. Grazie ad una psicologa mi hanno fatto abortire, minorenne stuprata da un uomo in casa sua, senza avvertire la mia famiglia di questo piccolo segreto.  Qualche mese dopo, Crono è tornato a farmi visita dicendomi di voler tenere il bambino, ma ormai avevo già abortito. Lui si arrabbiò molto e da quel giorno gli incubi sono aumentati e lui si impossessa della mia mente ogni volta che gli pare.  Capita così spesso che a volte non me ne accorgo nemmeno»

Abbasso la testa sforzando un sorriso, ma la maschera che indosso svanisce per poi scoppiare a piangere. Davanti a lui non mi vergogno più, però mi sento pentita un pochino di avergli raccontato il mio passato. Le sue mani calde mi scoprono il viso intravedendo un Jason serio, con gli occhi di un ragazzo forte, con lo stesso scopo di sempre, quello di far ridere.

«Tuo padre ha fatto delle cose davvero orribili, non ha nessun diritto di chiamarti figlia. Non ti ci vedo nemmeno alleata a lui, non saresti quello che sei ora, mi dispiacerebbe combattere contro di te»
«C'è un' altra cosa, so che è stupido, ma io a quella creatura che ho ucciso, ci ho pensato un po' e credo nel paradiso ti dirò, gli ho dato anche un nome»
«Penso sia normale: come lo avresti chiamato?»
«Sky. Sia se fosse stato maschio che femmina io lo avrei chiamato così, ma sapendo che Crono me l'avrebbe portato via dalle mani e avrebbe fatto una brutta fine, io non ho potuto far altro che ucciderlo piuttosto di condannarlo a una vita come la mia»

D'improvviso mi fermo, tappo la sua bocca, guardandolo negli occhi e con l'altra mano faccio segno di stare in silenzio. Prendendolo per mano, lo conduco in punta di piedi verso la porta che ho lasciato chiusa, ma il rumore della chiave che gira nella toppa fa scappare qualcuno al di fuori. Quando apro non c'è nessuno.

Jason: «Chi pensavi ci fosse? »
Hope: «Non lo so ma qualcuno ci ha sentiti»

Acqua ci raggiunge dal fondo del corridoio invitandoci ad andare a cenare. “Una cosa strana di questi mondi è che alle persone non interessa che ore sono o che giorno sia; l'importante è essere vivi e quando si ha voglia di far qualcosa la si fa. A tavola sto molto attenta ai movimenti dei miei compagni, ogni dettaglio è importante, anche uno sguardo di troppo mi insospettisce. “Spero non ci abbia sentito mio fratello o la sua fidanzatina

«Hope, c'è qualcosa che devi dirmi?». Mi sussurra nell'orecchio Back accanto a me. Ha letto i miei pensieri e sa che nascondo qualcosa. Invento una scusa che si beve subito. Ho imparato a impedire di leggere la mia mente grazie alla meditazione, per momenti come questi. La cena continua tranquilla e nessun sospettato si fa avanti.

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