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(chiedo scusa per il ritardo)

Per la prima volta dopo quasi nove anni, Cedric si ritrovò a maledire la struttura piccola e la rapidità di Annabel. Non riusciva a trovare un solo momento per parlarle: per i corridoi fuggiva, mescolandosi ai ragazzi del secondo e terzo anno; durante le lezioni sedeva al primo banco, sotto l'occhio vigile dei professori – quello di Moody più di tutti, che non faceva che squadrarli con il suo occhio; ai pasti, trovava sempre posto di spalle a Cedric o troppo distante perché potessero vedersi. A quel punto, il ragazzo arrivò alla conclusione che lo stava evitando. Si diede poi dello stupido per averci messo così tanto a capirlo.
"Dovresti partecipare al torneo, Ced," disse Cho Chang, arrivandogli rapidamente al fianco. Per un momento, il ragazzo sperò di vedere anche Annabel spuntare all'improvviso, ma questo non accadde.
"Non si decide di partecipare, Cho, posso propormi, ma non è detto che venga scelto," spiegò il più tranquillamente possibile. La ragazza arricciò le labbra in un piccolo broncio.
"Quel che è: hai l'età giusta, il coraggio adatto e uno spirito che ti farebbe sicuramente vincere," continuò, posandogli una mano sul braccio. Cedric si accigliò fermandosi, quindi chinò lo sguardo verso la sua mano. Stava per replicare, quando un movimento rapido attirò la sua attenzione.
"Devo andare, arrivano le delegazioni," disse, liquidandola rapidamente. Lei rimase a guardarlo con le braccia incrociate al petto e una smorfia a distoglierle il volto, poi ruotò sui tacchi e uscì nel giardino, dove tutti già attendevano.

"Annabel," il suono alle sue spalle bastò a farle perdere la concentrazione, così i libri che teneva tra le braccia le scivolarono rovinosamente a terra, sbilanciandola lievemente in avanti. Cedric le fu al fianco in pochi secondi, chinandosi iniziare a recuperarli.
"No, lascia stare," disse lei, quasi allarmata. Non voleva Cedric sapesse che le sue ricerche sulla madre non si erano concluse. Voleva capirla, comprendere le ragioni che l'avevano spinta a diventare ciò che era, e i libri classici non bastavano – forse non erano neppure un punto di inizio, perché chi poteva dirle che ciò che aveva detto al padre fosse la verità?
Radunò i libri davanti i suoi piedi, inginocchiandosi sul pavimento con il mantello aperto dietro di lei come un fiore e i capelli ripiegati disordinatamente sulla spalla. Il corridoio era deserto, eccezion fatta per loro due: Annabel aveva pensato di approfittare della scuola vuota per quei pochi minuti così da esaminare la sezione proibita senza intoppi.
"Sono annuari di Hogwarts? Annabel–" Cedric aveva recuperato un libro, sfogliandolo distrattamente. Non sapendo l'età esatta della madre, la ragazza era andata a intuito, recuperando gli annuari del periodo in cui lei sarebbe dovuta andare a scuola.
"Non farmi la predica, Cedric, non ho proprio alcuna voglia di stare a sentire cose del genere," sbottò lei, lasciando ricadere un libro sulla pila e portandosi una mano al capo. Parlava a scatti, come se le parole faticassero a uscire, e Cedric la osservò, le labbra appena dischiuse e il libro tra le mani; lentamente, le si accovacciò davanti, aggiungendo il libro alla pila. Con un sospiro, si sporse oltre questa, così da sfiorare delicatamente la guancia di Annabel che, d'improvviso, si ritrasse. Le mancavano le sue mani, delicate e forti al tempo stesso, ma la vicinanza con lui la rendeva malleabile quando l'acqua.
"Annette," la richiamò lui, quasi con l'aria di una supplica. Il volto della giovane era una maschera imperscrutabile, gli occhi cupi che non guardavano mai direttamente Cedric e le mani strette attorno la base dei libri. Rivedeva, dietro le palpebre appena calate, le immagini di Cedric e Cho davanti al dormitorio dei Corvonero; Cedric e Cho lungo il corridoio del treno vicini, al ritorno dell'anno precedente, e nello stesso vagone quell'anno; Cedric e Cho nel corridoio della scuola, la mano di lei sul suo braccio con delicatezza ma possessività. Si era allontanata quanto più rapidamente possibile, ma il modo in cui lo guardava parlava chiaramente – quasi come Annabel stessa guardava Cedric.
"Stanno arrivando le delegazioni di Beauxbatons e Durmstrang, Cedric, dovresti andare lì in quanto possibile Campione di Hogwarts," disse, in tono piatto. Solamente ascoltando con attenzione, si percepiva il lieve tremolio nella sua voce mentre si rialzava, i libri stretti al petto, e indietreggiava da Cedric. Lui sussultò, seguendola con lo sguardo.
"Non ho detto che mi proporrò," esalò, alzandosi lentamente. Un sorriso flebile – e triste – si dipinse sulle labbra di Annabel, che indietreggiò ulteriormente.
"Ti conosco, ami metterti in pericolo," replicò, trattenendo il sospiro che aleggiava tra le sue labbra. Sollevò poi lo sguardo verso il volto del ragazzo, un'espressione seria – la stessa espressione che gli aveva mostrato a sei anni. "Pensaci bene, in questo Torneo la gente muore," terminò prima di allontanarsi di gran carriera. Cedric, per un momento, pensò di correrle dietro, stringerla sé come aveva desiderato fare per tutte l'estate e impedirle di andarsene nuovamente; aiutarla, se voleva, a cercare informazioni sulla madre, o a cancellare tutto dalla sua mente; continuare a stare con lei e dirle che non gli importava di Cho, o delle Veela, o di qualsiasi altra persona, ma di lei e lei soltanto. Ma lei come avrebbe reagito?
Un'idea gli balenò in mente: gloria e onore per il vincitore del Torneo Tremaghi. Ne sarebbe valsa la pena?
Con la risposta ad aleggiargli nella mente, Cedric uscì dal castello, pronto ad accogliere le delegazioni degli sfidanti.

L'ora di cena era giunta, e probabilmente passata: per quanto il discorso di Silente la allettasse, Annabel aveva ben poca voglia di scendere nella Sala Grande. Seduta sul pavimento della biblioteca, era circondata da volumi di ogni dimensione e materiale: c'erano perfino delle pergamene ingiallite! Con un sospiro, richiuse l'ennesimo diario di un ex studente – Alexander Cole, Tassorosso – nel quale erano state appuntate le date dei grandi avvenimenti ad Hogwarts durante la sua permanenza.
Ma le palpebre ormai le pesavano, e non credeva avrebbe resistito ancora a lungo; non ne poteva più di partite di Quidditch vinte dalla squadra composta dagli studenti nell'anno tale, di compiti impossibili, esplosioni nell'aula di pozioni. Con un sospiro, recuperò la bacchetta, agitandola rapidamente per far tornare i libri inutili al loro posto. Successivamente, raccolse i pochi che avrebbe controllato durante la notte, o la mattina seguente e – sistemandosi la divisa sgualcita – uscì dalla biblioteca. Nei corridoi erano rimaste poche persone, per lo più studenti delle altre scuole. Annabel rivolse un rapido sguardo a un gruppo di Corvonero che passeggiava con poche ragazze di Beauxbatons, poi ruotò rapidamente su tacchi e si diresse verso la torre. Era ormai sulle scale, quando queste si spostarono bruscamente, facendola barcollare da un lato: un libro scivolò dal mucchio, e per un momento Annabel temette di doversi mettere a rincorrerlo per tutta la scuola mentre scivolava e scivolava e scivolava, ma questo si fermò a mezz'aria; confusa, la ragazza si voltò, e incontrò il volto pulito e sorridente di un ragazzo che non aveva mai visto – non che fosse strano per lei, faticava a ricordare il nome delle sue compagne di stanza.
"Ti ringrazio," sospirò, mentre lui faceva risalire il libro sul resto con un rapido cenno.
"Nessun problema," replicò lui, con accetto marcato. Annabel, a quel punto, dischiuse le labbra.
"Oh! Sei di Durmstrang," esclamò, "Ti stringerei la mano, se potessi," aggiunse con un piccolo sorriso. Il ragazzo davanti a lei rispose con un sorriso ancora più ampio: la pelle pallida e diafana sembrava porcellana, e gli occhi chiari avevano la tipica luce di chi è contento della propria vita.
"Nessun problema," replicò lui, e Annabel pensò fosse una semplice deficienza nel dizionario Inglese – dopotutto, lei sapeva due frasi azzardate in Bulgaro. "Mio nome è Lucien Rakovskij," aggiunse.
"Annabel Oswald, è un piacere," rispose. Si guardò per qualche istante attorno prima di continuare. "Stavo andando nel mio dormitorio, è stata una giornata pesante e volevo riposarmi," iniziò, nel tentativo di sfuggire a una possibile gita turistica notturna per Hogwarts. Lucien le rivolse un secondo sorriso, scostandosi i capelli biondissimi da davanti il volto.
"Io accompagna te, sì?" Le domandò. Per qualche istante, Annabel tirò la pelle all'interno del labbro con i denti, come per trattenere una frase, poi annuì brevemente, rilassando appena la postura delle spalle – quanto bastava perché non le cadessero di nuovo i libri.
"Nessun problema."

Cedric era davanti l'ingresso del dormitorio dei Corvonero: Tiray era arrivato da lui di corsa una volta finita la cena, con le corte zampine che strusciavano sul pavimento, e si era messo a trotterellargli attorno finché lui non l'aveva seguito. Cosa poteva volere un gatto? Quel gatto?
Lo capì quando, davanti la sala comune vide Annabel e un ragazzo biondo parlare. Lei sorrideva appena, con i libri sulle braccia, e lui aveva una ciocca dei suoi lunghi capelli agganciata a un dito.
"Tu deve avere sangue di Veela," le stava dicendo. D'improvviso, Cedric sentì un gran desiderio di tirargli un pugno in faccia; Annabel, al contrario, si lasciò sfuggire una bassa risata, mentre le sue guance si tingevano di un delicato rosso. Stava per rispondere, ma il gatto saltò sulla gamba fasciata dal pantalone del ragazzo, facendolo indietreggiare.
"Proklatyen,*" sbottò, agitando la gamba nel tentativo di far allontanare la bestiola che sembrava guardarlo accigliato. Cedric, nascosto, si sforzò con tutto se stesso per non scoppiare a ridere.
"Tiray!" Esclamò Annabel, sgranando gli occhi. "Vieni qui, sottospecie di topo troppo cresciuto! Ti sembra il caso?" Sospirò, quando la bestiola si arrampicò su di lei, sedendosi beatamente sulla pila di libri e guardandola tutto occhioni e fusa. "Mi dispiace, Lucien, non gli piacciono gli estranei," disse quindi, rivolgendosi al ragazzo che si era posato una mano sulla gamba.
"Nessun problema," disse nuovamente, appena accigliato. "Vado in dormitorio," si mosse di qualche passo verso Annabel, ma il gatto si voltò verso di lui soffiando e facendolo indietreggiare con una piccola smorfia. "Buonanotte," terminò, allontanandosi poi in fretta e furia. Dopo pochi istanti, Annabel prese a ridere, avvicinando il volto al piccolo gattino che la guardava nuovamente in adorazione. E Cedric si beò del suono della dolce risata della sua bella Annabel Lee.

*teoricamente vuol dire "maledizione" in bulgaro, praticamente datemi fiducia.

than to love and be loved by me | cedric diggory [ita]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora