Capitolo uno | I'm shy, cannot be what you like

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Finalmente è arrivato, il giorno che aspettavo da tanto: mi trasferisco. Dove? Londra. È una città meravigliosa, non capisco come la gente non possa amarla, con tutte le sue strade e i suoi bus rossi. Ma non sono questi i veri motivi per cui trovo Londra spettacolare.
Ad ogni modo, non sto più nella pelle. Mi do un’ultima occhiata allo specchio per controllare che nulla sia fuori posto. Perfetto. Voglio che questo momento sia perfetto.
«Ezra! Ti muovi o no? Guarda che sono già i venti!» sbraita una voce dalla stanza accanto.
«Arrivo!» rispondo inforcando i miei occhiali da vista a montatura grande. Sgattaiolo in camera e afferro lo zaino e la valigia strapiena, quindi mi fiondo giù per le scale del condominio chiudendomi la porta alle spalle. Sto per lasciare l’Italia, non ci credo!
«Alleluia! Ci voleva tanto?! E ora sali, va’, che perdi l’aereo…» borbotta Liselotte, mia sorella, raggiungendomi. Ha un tono arrabbiato ma io lo so che scherza. Infatti appena mi siedo dal lato passeggero mi stampa un bacio sulla guancia. Partiamo immediatamente verso l’aeroporto e per l’intero viaggio lei non chiude bocca, di solito fa così quando è nervosa o ha paura di qualcosa.
«In bocca al lupo, Ez! Mi mancherai…» sussurra con voce rotta, stretta nel mio abbraccio. Siamo nel bel mezzo della hall, il check-in è già stato completato.
«Tu no» replico sorridente allo stesso tono. Lei mette un finto broncio e assesta un piccolo pugnetto sulla mia spalla.
«Cattivo!» ma presto si ritrova a ridere. Adoro quando è felice, dopotutto sono suo fratello. È legittimo che mi preoccupi per lei.
«Il volo numero due-sette-cinque-quattro partirà tra cinque minuti» annuncia gracchiante una voce metallica proveniente dagli altoparlanti. Io sospiro. Voglio andare a Londra, certo, ma mi dispiace lasciare tutto ciò che ho di più caro qui.
«Allora… Io vado» sorrido e le lascio un bacio sulla guancia «Prometto che ti chiamerò»
«Se incontri Harry Potter, salutamelo» mi saluta mentre mi allontano ridendo «E digli che non ho ancora ricevuto la lettera!» grida prima di scomparire dal mio campo visivo.
Mi dirigo verso il punto d’imbarco e prendo posto tra le prime file, sono anche vicino al finestrino. Mi metto comodo e prendo fuori le cuffie, poi ascolto qualche canzone a random nella mia infinita raccolta. Mentre il panorama mi scorre davanti agli occhi e la mia mente fantastica su come sarà la nuova università che frequenterò, il comandante annuncia che “mancano due ore all’atterraggio”, poi “mezz’ora”, poi “pochi minuti”…
Ed eccomi qui, all’aeroporto di Heathrow, ad attendere l’arrivo del bagaglio. Me ne passano tanti davanti al naso, di infiniti colori diversi, e quasi fatico a riconoscere il mio quando lo vedo sbucare sul nastro ma lo afferro per dirigermi di corsa alla stazione.
Il cuore mi martella insistentemente il petto. E sì, lo ammetto, ho paura.

Oh mio Dio. Non riesco ancora a crederci. Sono davvero qui, io! Osservo rapito l’immensa struttura che ospita l’università artistica di Londra e deglutisco a fatica. Caspita… Chiudo gli occhi cercando di raccogliere un po’ di coraggio e parto a passo svelto verso l’ingresso, dove dovrò dare i miei dati personali e mi verrà indicata la stanza in cui passerò l'anno.
Sono parecchio agitato, e forse si capisce dal mio tono di voce. Spesso sale di qualche tonalità e vado in falsetto.
«Ezra Leone, nato il ventidue agosto, italiano» dico alla ragazza castana che siede alla reception mentre lei digita freneticamente le informazioni sulla tastiera. Dopo un paio di minuti alza lo sguardo e sorride.
«Camera 50B, terzo piano. Sai come ci si arriva?» ma io scuoto la testa «Sali le scale e poi tutto a destra» sorride. Io ringrazio e mi preparo mentalmente: avrò un compagno di stanza. Chi sarà? Andremo d’accordo? Mi preoccupo perché sono una persona molto chiusa e timida, non sono mai troppo aperto con gli sconosciuti… Presto arrivo davanti alla porta di legno, dopo aver camminato attraverso un interminabile corridoio abbellito dalla moquette rossa, e giro la maniglia.
La stanza è piccola ma accogliente. Ci sono quattro letti a soppalco, due da una parte e due dall’altra, muniti di scrivania sotto di essi. Per salire sul materasso ci sono delle graziose scale a pioli di legno e al centro della camera ci sono una coppia di pouf e un piccolo tavolo. Nella parete dov’è incastonata la porta c’è una libreria grande come tutto il muro. Anche il bagno non è male, anche se non c’è il bidet. Mi ci devo ancora abituare…
«Cavoli!» mi lascio sfuggire dalle labbra. Cammino con passo delicato sulla moquette cremisi e occupo l'ultimo letto di sinistra, quindi inizio a disfare la valigia. Ne approfitto per cambiarmi e proprio nel momento in cui mi sto infilando gli shorts, sento la porta aprirsi.
«Hey hey hey! Aspetta!» sbraito. Vedo la persona sulla soglia sussultare e voltarsi socchiudendo l’uscio. Oh Cristo… Che bell’inizio.
«Entra…» dico appena ho finito di sistemarmi. Finalmente posso vedere lo sconosciuto, che entra trascinandosi un bagaglio che pesa più di lui e mormora un “mi spiace” sommesso. È un ragazzo davvero magro, anche se alto quanto me, e con un cespuglio di capelli ricci e biondi che sembrano super-soffici, al contrario di me che ho un ciuffo morbido ma moro. Indossa una maglietta blu scuro dal collo largo e un paio di jeans stretti e lunghi.
«Fa niente! Solo non mi aspettavo che arrivassi così presto» gli porgo la mano «Io sono Ezra»
«Oliver Alexander Thornton. Olly, se ti torna più comodo» me la stringe sorridente.
Olly Alexander…
«A quanto pare saremo compagni di stanza, eh?» mi siedo sul pouf bianco e mi limito ad osservare il suo comportamento. Sembra piuttosto timido e impacciato.
«Già… Da dove vieni? Non mi sembra tu abbia un accento di qui» domanda lui aprendo la mastodontica valigia e tirando fuori i vestiti uno ad uno, disponendoli in ordine a terra.
«Italia. Si sente molto, vero?» sorrido in imbarazzo e lui mi guarda facendo spallucce. Quel ragazzo ha qualcosa… È diverso dagli altri. In sua presenza mi sento strano. Sarà che non lo conosco ancora? Boh. Olly mi riporta alla realtà quando lancia un’imprecazione a denti stretti. Lo vedo ricurvo sullo zaino mentre si mette in bocca l’indice.
«Tutto ok?» chiedo sporgendomi per vedere cosa sta succedendo. Lui fa cenno di sì e si volta con un piccolo gattino tra le braccia.
«Lui è Stewie, il mio gatto. Saluta Stewie» e, prendendo la zampetta dell’animale, gli fa fare “ciao”. Non riesco a trattenere un risolino. È davvero simpatico e poi… Non è un brutto ragazzo. Insomma, mi trovo bene con lui, è come se lo conoscessi già da tempo.

 Insomma, mi trovo bene con lui, è come se lo conoscessi già da tempo

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#SpazioAutrice ❤

Bonjour mes amis!
Come state? Spero bene... Io sclero perché manca meno di un mese a Natale e non sto più nella pelle 😂 *scommetto che anche voi siete impazienti, non mentite!*
Comunque, I'm back! Ho scritto questa fanfiction perché... Non lo so nemmeno io il motivo ahah! No, vabbé, sono felicia perché ho notato che, purtroppo, non ci sono molte storie su Olly 😲😔👑 e scriverne una contribuisce ad accrescere il patrimonio di racconti su di lui 😅😂
Quindi... Eccomi qua, tutta estasiata per condividere questa storiella con voi! *che disagio...*
Spero vivamente di strapparvi un sorriso  (o una lacrimuccia💧)
Vi dirò una cosa: questa fanfiction mi ha cambiata molto, mi ha fatto versare parecchie lacrime *sono esageratamente emotiva* e mi fatto un sacco piacere scriverla 🦄
Ok, adesso vi saluto 🔝

No, non è vero.
Devo dirvi ancora un'altra cosa.
Pubblicherò un capitolo il LUNEDÌ e il GIOVEDÌ, quindi rimarrete parecchio sulle spine *muahahahahahah* 🔥

• Ire 👑

•| Every part of me you change |•        [O.A.]      #Wattys2017Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora