His home.

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Erano passate sette ore da quando il professore l'aveva buttata fuori dalla classe, lei non era più tornata li dentro.
Controllava il cellulare in modo ossessionato sempre con la speranza di vedere lo schermo illuminato dalla notifica di un messaggio di Salvatore.

Sbuffó nervosamente, non sapere era una delle cose che odiava più di tutto, soprattutto se si trattava di lui.

Si alzò dalla sedia del bar su cui era seduta, pagò ciò che aveva preso e con passo deciso si diresse verso la casa del ragazzo che le stava tormentando i pensieri.

Probabilmente non avrebbe dovuto andarci, a maggior ragione perché non sapeva cosa aspettarsi: non sapeva se avrebbe trovato suo padre, se avrebbe trovato Salvatore. Se l'avrebbe trovato vivo.

In una normale circostanza sarebbe stata un'opzione improbabile, in quel momento era la cosa che più la spaventava.

Camminava lentamente, più si avvicinava più il suo cuore iniziava a batterle talmente forte che sembrava volesse sfondarle la cassa toracica.

Riusciva a scorgere la sua casa in lontananza e iniziò a prepararsi mentalmente un discorso da fare in base a chi le avrebbe aperto la porta.

Se avesse aperto la madre le avrebbe detto la verità.
Se avesse aperto il padre si sarebbe finta una venditrice di aspirapolveri.

Stava per arrivare quando vide il cancello dell'abitazione aprirsi quindi si nascose per vedere chi ne sarebbe uscito.

Il cancello si chiuse dietro ad un uomo sulla cinquantina, probabilmente il padre di Salvatore, pensò.

Lo osservò attentamente, a prima vista sembrava un uomo normale, forse per questo nessuno credeva alle parole di Salvatore.

L'uomo prese l'auto e si allontanò, appena fu abbastanza lontano Sharon si fece coraggio e bussò alla porta.

Iniziò a contare cercando di stare tranquilla, in realtà l'ansia la stava divorando.

Appena la porta si aprì istintivamente trattenne il respiro e si rilassò solo nel momento in cui una donna dall'aria gentile le aprì la porta.

“Ehm...Tu sei?” chiese.

“Sono Sharon” esitò prima di rispondere, ma appena pronuncio il suo nome gli occhi della donna si illuminarono.

“Sharon, tesoro entra pure, sei qui per Salvatore?" la accolse come se la conoscesse da una vita.

“Si, posso vederlo?” domandò gentilmente osservando l'ambiente attorno a lei, la casa non era molto grande, o almeno il piano terra non lo era.

“Certo, si è ammalato, non stargli troppo vicino.
Vieni, ti accompagno”

Portò Sharon davanti alla porta della camera di Salvatore, le sorrise poi tornò in cucina, dove si trovava prima, lasciandola sola.

Una parte di se era rilassata sentendo che si era ammalato, l'altra non capiva perché l'avesse ignorata.

Aprí cautamente la porta socchiusa, una volta entrata vide Salvatore addormentato, raggomitolato fra le coperte e le sue labbra si incurvarono formando un sorriso.

Si avvicinò e appoggiò delicatamente una mano sul suo viso accarezzandolo e accorgendosi di quanto fosse calda la sua pelle, doveva avere la febbre molto alta.

Gli accarezzava dolcemente i capelli, le era mancato.
Nonostante l'avesse visto solamente il giorno prima le era mancato davvero tanto.

La verità era che lui iniziava a mancarle dal momento in cui diceva "Devo andare".

In quel momento non le importava se l'aveva ignorata, non le importava più nemmeno sapere il motivo di ciò.

Le importava che lui era li, che più o meno stava bene, le bastava questo.

Sentì uni scricchiolio proveniente dal letto causato dal movimento del corpo di Salvatore che mugolò portandosi una mano alla fronte.

Sharon si allontanò leggermente pensando che non la volesse.

Lui schiuse gli occhi guardando in direzione di Sharon.

"Sharon?" sibilò debolmente
"Uhm, ciao Sal" lo salutò insicura.

"No no no, perché sei qui? Se lui ti vede...oddio, devi andartene Sharon" parlò velocemente fermandosi di tanto in tanto per tossire o riprendere fiato.

"Hey, tranquillo- si di avvicino a lui che aveva iniziato a respirare affannosamente- tuo padre non c'è, non mi ha vista"

Gli appoggiò una mano sulla schiena accarezzandola
"Calmati..." sussurrò.

"Chi ti ha fatta entrare...?"

"Tua mamma, è stata gentile...le hai parlato di me?"

Lui annuì debolmente.

Sharon, vedendolo debole, abbassò lo sguardo tristemente ed esso si posò sulla mano di Salvatore, una mano che lei istintivamente prese facendo intrecciare le loro dita.

"Sal, mi spieghi cosa sta succedendo?" domandò.

"Mio padre... Non vuole che ci frequentiamo, mi ha minacciato"

Sharon rimase incredula a quelle parole, ma sapeva che non avrebbe mai permesso a quell'uomo di separarli.

"Tu non farai nulla a riguardo, vero?"

Non rispose.

"Non vedermi più ti va bene?" il tono della sua voce era più severo.

"No...ma non voglio metterti in pericolo, voglio proteggerti" lei sorrise leggermente.

"Mi proteggo da sola, e proteggo anche te che ne hai più bisogno"

Salvatore non disse nulla.

"Adesso fammi un po' di posto che voglio abbracciarti" continuò.

"Ma ti ammalerai..."

"Anch'io ti avevo risposto così, ma non ti è importato. Su, spostati"

Le fece spazio e lei si mise sul letto con le braccia attorno al suo corpo.

"Mi sei mancato" sussurrò appoggiandosi al suo petto "Ero così preoccupata..."

Lui non rispose e dopo poco si lasciò prendere dalla stanchezza addormentandosi.

Sharon, facendo attenzione a non svegliarlo, uscì dalla camera andando a cercare la madre.

"Scusi signora, posso parlarle un attimo?" domandò alla donna.

"Certo tesoro, dammi pure del tu"

Sharon sorrise leggermente, poi disse tutta la verità.

"Lo so che non ci credi, ma io non ce la faccio più a vedere Salvatore così.
Suo padre lo picchia, sempre, lo ha minacciato dicendogli che non deve vedermi.
Salvatore sta troppo male.
Se non credi a me, a lui, guardalo.
Guarda le sue braccia, la sua schiena, i suoi fianchi.
È pieno di lividi e ogni giorno ne ha di nuovi.
Io non posso fare nulla, tu sì

Ti prego, prima che sia troppo tardi, salvalo"

Reject||SurrealpowerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora