This pain is just too real.

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"These wounds won't seem to heal
This pain is just too real
There's just so much that time cannot erase" 

Sharon si avvicinò a lui con un espressione incredula in volto.

"Hai parlato..." sussurrò, come se dovesse rendersi conto di ciò che era appena successo.
Salvatore annuì lentamente.

"Non smettere di farlo, ti prego, parla di nuovo" poggiò una mano sul suo viso accarezzandolo dolcemente, quasi come se lo stesse tranquillizzando, come se volesse dirgli di non avere paura, che di lei poteva fidarsi.

Sospirò, prese la mano della ragazza e la strinse.
"Il taglio...io non ho infranto la promessa, è stato mio padre"

Lo sguardo della ragazza si intristì, spesso si dimenticava di tutto ciò che doveva passare Salvatore, dopotutto sembrava un ragazzo normalissimo all'apparenza.

"Scusami Sal, davvero, non avrei dovuto arrabbiarmi con te in quel modo, mi dispiace tanto" abbassò lo sguardo sentendosi in colpa.
Lui le alzò il viso.

"Non importa" disse a voce bassa, poi la abbracciò.
Lei ricambiò l'abbraccio, si mise in punta di piedi per riuscire ad appoggiare la testa nell'incavo del collo del ragazzo e, dopo esserci riuscita, rimase lì per una frazione di secondi ad inebriarsi con il profumo di Salvatore.

Lui non la spostò, anzi, rimase ad abbracciarla accarezzandole la schiena o i capelli di tanto in tanto.
Ormai, per la scuola, erano in ritardo, ma non importava a nessuno dei due.

Stavano troppo bene fra le braccia l'uno dell'altra per preoccuparsi di andare a scuola.

Dopo qualche minuto Salvatore sciolse l'abbraccio provocando un mugolio di lamentela da parte della bionda, sorrise leggermente sentendola.

"Vieni"
le prese la mano ed iniziò a camminare.

"Dove andiamo?" domandò lei seguendolo senza opporsi.

"Eʹ davvero così importante sapere dove stiamo andando?" rigirò la domanda e lei ci pensò un po' prima di rispondere.

No, non era importante.
Cosa cambiava essere in un luogo o essere in un altro?
Erano pur sempre loro due, loro due da soli.
Salvatore e Sharon.

Erano sempre due ragazzi pieni di insicurezze, di preoccupazioni, di pensieri che la maggior parte degli adolescenti non ha a quell'età.
Erano due ragazzi diversi dagli altri, come piaceva a Sharon.
Erano due ragazzi che cercavano di scappare dalla realtà, come avrebbe voluto Salvatore.

Quando erano da soli erano se stessi, senza maschere o bugie.

Quindi no, non era importante sapere dove stessero andando.
Era importante sapere che, nonostante tutto, ci stavano andando insieme.

"No Sal, non è importante" rispose, poi stette qualche secondo in silenzio.

"Però lo sai che sono curiosa! Dai dimmelo" si lamentò aggrappandosi al braccio del ragazzo e provocando un piccolo sorriso in esso.

"Andiamo nel nostro posto, Sharon"

"Grazie della risposta, Salvatore"

Lui sorrise, uno dei suoi primi veri sorrisi.
Quei sorrisi che solo Sharon riusciva a fargli fare.

"E perché ci stiamo andando?" continuò lei con un'altra domanda.

"Voglio farti vedere una cosa, anzi farti leggere"

annuì, poi riprese a parlare.

"Però è bello che adesso parli, perché non smetterai di farlo vero? A me piace tantissimo la tua voce, e poi adesso non sono più l'unica a parlare fra i due, anche se resto sempre logorroica, ma a te non da fastidio veeero?" allungò la 'e' nella parola vero, come farebbe una bambina.

"No, non mi da fastidio e no, non smetterò di parlare.
Almeno non finchè saremo solo io e te"

La ragazza sorrise, non disse più nulla per il resto del tragitto.

Appena arrivarono si sedettero all'ombra di un albero, Salvatore tirò fuori un foglietto dalla tasca dei suoi pantaloni.

"L'altro giorno, quando sono uscito da casa tua, sono andato dallo psicologo.
Mi ha chiesto come stavo, ovviamente stavo male, e mi ha chiesto se volessi dirgli qualcosa, ho iniziato a scrivere, poi mi sono reso conto che non l'avrei mai fatto leggere a lui, però dopo aver scritto come mi sentivo stavo meglio, ero più libero in un certo senso"

Lei lo ascoltò in silenzio.

"Non so perché, però voglio che tu lo legga, quindi...tieni" le passò il foglio

Lei lo aprì con cura e iniziò a leggere.

' Come stai?
Me lo chiedono spesso, anzi, tutti i giorni quasi e la mia risposta è sempre uno stupido cenno con la testa che tutti prendono come un 'bene', ma cosa vi fa pensare che io stia veramente bene?
La mia faccia, vi sembra che dica che sto bene?
Dove li vedete i sorrisi che fa una persona felice nel mio volto?
I miei occhi, vi sembrano davvero star bene?
Probabilmente sì, ma non perché lo siano, ma perché non vi siete mai minimamente soffermati a guardarmi.
No, io non sto bene, per niente e non è colpa di mio padre, che passa le giornate a picchiarmi e a minacciarmi, non è colpa di mia madre che non mi crede, non è colpa delle persone che mi circondano che mi evitano, non è colpa della scuola che mi stressa.
La colpa è solo mia.
Mia, perché mi sono chiuso in me stesso, ho smesso di confidarmi con le persone e ho imparato a mentire.
Ho imparato a mentire così bene che ho iniziato a farlo anche con me, e ora non so più cosa sia reale e cosa non lo sia.
Le uniche cose che so distinguere dal non reale sono due: il dolore e la solitudine.
Il dolore deve essere per forza reale, fa troppo male per non esserlo.
Fa troppo male quando mio padre si avvicina a me e, quasi irriconoscibile, inizia a picchiarmi.
Fa troppo male quando entro a scuola e vedo tutti i miei compagni parlare con qualcuno, li vedo sorridere, ridere e scherzare poi vedo me, da solo in un angolo con il cellulare in mano, oppure un foglio e una matita intento a disegnare.
La colpa è solo mia perché avrei dovuto fare qualcosa, mi sarei dovuto rimboccare le maniche e cercare di fare qualcosa per migliorare la mia situazione, invece ho preferito starmene seduto ad aspettare che le cose cambiassero da sole e sono cambiate, in peggio.
La colpa è solo mia, perché ormai è troppo tardi.
Troppo tardi per sperare in un miglioramento e troppo tardi per ritrovare me stesso.
Ormai non so più nemmeno chi sia Salvatore.
No, non sto bene, eppure per stare bene mi basterebbe davvero poco.
Vorrei solo una famiglia che mi volesse bene, vorrei solo degli amici come tutti i miei compagni.
Vorrei avere qualcuno con cui uscire, qualcuno che mi mandi un messaggio di tanto in tanto, qualcuno con cui passare i sabato sera, qualcuno che mi chieda come sto e a cui interessi davvero.
Vorrei solo essere felice, chiedo troppo?'

Scrivendo questo capitolo ho pianto, quindi vi chiederei di prenderlo abbastanza seriamente perché no, non è un capitolo come gli altri, almeno non per me.
Spero che vi sia piaciuto e per la vostra gioia Salvatore, da adesso in poi, parlerà sempre con Sharon.
Fatemi sapere che ne pensate.

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