Psycho.

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Non appena varcò la soglia della porta di casa la prima cosa che vide fu lo sguardo visibilmente arrabbiato della madre.

"Salvatore, non sei andato a scuola, torni a casa tardi e non rispondi al telefono.
Si può sapere dove diavolo eri?! Ero preoccupata, tuo padre era appena uscito a cercarti"

'A cercarmi, certo' pensò il ragazzo.

"Ero con Sharon, e il telefono l'ho rotto" rispose in modo schivo, poi passò avanti per evitare altre domande.
Lei, per fermarlo, gli prese il polso.

"Ahia, cazzo!"

"Cos'hai? E da quando parli in questo modo?"

"Il...il polso, mi sono fatto male"

Lo sguardo della donna si addolcì, sollevò la manica della felpa e lui la lasciò fare.

"Tesoro, si vede da sopra le garze che sei gonfio, ma come hai fatto?"

Si rese conto che, avercela con lei, non aveva senso, non era colpa sua se non gli credeva.

"Sono caduto, mamma, è così che ho  rotto il telefono" spiegò.

"Vieni che proviamo a far passare il dolore" gli rivolse un sorriso apprensivo, rassicurante e lui la seguí.

Tolse delicatamente le bende, poi prese una pomata e la spalmò nella zona interessata.
"Mh.."

"Scusa tesoro, non voglio farti del male..." si scusó.

"Non importa..."

Rimise le garze, poi lo guardò e sospiró.

"Salvatore, io e tuo padre ne abbiamo parlato molto e abbiamo deciso che andrai da uno psicologo, di nuovo, e se nemmeno questa volta funzionerà..." esitò creando ansia nel ragazzo "saremo costretti a metterti in una clinica specializzata"

Lui non rispose, dopotutto non sarebbe stato così male, almeno la non ci sarebbe stato suo padre.

"Ah, poi ti do i soldi e quando vuoi vai a prendere il telefono" sorrise e si alzò dalla sedia tornando in cucina a preparare la cena.

Salvatore rientrò nella sua camera e rimase allibito da ciò che vide.
Tutti i suoi disegni erano sparsi a terra, strappati, rovinati.

Si chinò a terra per raccoglierli cercando di salvare quelli meno distrutti.

"Non trovi che siano molto più belli spersi sul pavimento?"
Il padre era fermo sulla soglia della porta, lo guardava divertito.

La sofferenza di suo figlio lo divertiva.

Salvatore lo ignorò continuando a raccogliere i disegni, l'uomo si avvicinò e bloccò la mano del ragazzo sul pavimento portandola.

"Ah!"

"Ssssh, non vorrai farti sentire dalla mammina" aveva un sorriso malizioso in volto.

"Stai fermo" gli ordinò, spostò il piede
"Se urli ti uccido" lo minacciò spaventandolo, poi ripestò la sua mano con forza.

Fu costretto e stringersi il labbro fra i denti per non gridare, strinse gli occhi e trattenne il fiato.

"Vedremo come farai a disegnare adesso" rise, poi se ne andò.

'Polso sinistro slogato, mano destra quasi rotta: perfetto.'

Si tirò su, prese la lametta con la mano sinistra.
Alzò la manica destra e si tagliò lasciando scorrere il sangue nella sua pelle, era una bella sensazione.

Il dolore era una bella sensazione, perlomeno così lo sentiva davvero.
Non era più una cosa astratta che sentiva dentro di lui, era segnato nella sua pelle.

Nascose la lama e si stese a letto, chiuse gli occhi e pensò a Sharon.
Quella ragazza era speciale per lui, riusciva a farlo sorridere quando nessuno ci aveva mai provato, un sorriso vero e sincero.
Si addormentó senza cenare.
Lo faceva spesso e il suo corpo, già magro, stava dimagrendo ancora di più.

Stava scomparendo e a nessuno sembrava importare.

Qualcuno suonó il campanello, dopo poco Salvatore sentì la madre chiamarlo.
"Salvatore scendi, Sharon ti ha portato le cuffie"

Confuso scese dal letto vedendola davanti alla porta.

La ragazza era bella, sorrideva come se fosse un angelo, il suo angelo.
Lei si avvicinava a Salvatore, ma il padre la fermava.
La scaraventò a terra facendole male.

Piangeva.
Provò ad avvicinarsi per mettersi in mezzo ai due, ma non riusciva a muoversi.

Aprì la bocca per parlare, non ne usciva nessun suono.

Il padre prese la ragazza per il collo stringendo e dopo poco lei cadde a terra senza forze, immobile.

Era successo tutto troppo velocemente.

Spostò lo sguardo su Salvatore.
"Adesso tocca a te"

Si avvicinò minacciosamente con un sorriso spaventoso in volto.

Iniziò con un pugno in viso che gli ruppe il naso e lo fece sanguinare.

Un altro.

"Devi soffrire"  disse continuando con i colpi, Salvatore non si difendeva.

Gli alzò il viso.
Tiró fuori una pistola e la puntò sul collo del ragazzo.
"Ultime parole?"

Non parló.

"Oh coraggio, nemmeno prima di morire parli?" Rise prendendolo in giro.

"Vabbeh, salutami la tua amica dall'aldilà, addio figliolo" queste furono le sue ultime parole, poi sparó e il corpo di Salvatore cadde a terra senza vita.

Si svegliò di colpo col respiro affannoso, si guardò attorno.

Era solo un incubo.

Sharon era viva, lui era vivo, ma aveva paura.
Temeva che, un giorno, quello che aveva sognato si sarebbe avverato.

Temeva che avrebbe fatto del male a Sharon e non se lo sarebbe mai perdonato.
Lei non doveva soffrire per colpa sua.

Controlló la sveglia, 5:30.
Era praticamente mattina perciò si alzó dal letto.

Percorse il corridoio per andare al bagno e sentí i suoi parlare.

"Non si troverà male in quella clinica, e poi non è per sempre, lo aiuteranno"

Suo padre cercava di convincere la madre a mandarlo in uno di quei luoghi dove vanno i pazzi.

Ridicolo, pensava Salvatore, sarebbe dovuto essere lui ad andarci, era lui  pazzo.

"Prima voglio provare con lo psicologo, so che può farcela, è un ragazzo forte deve solo tirare fuori il problema che si porta dentro"

'Il problema dorme nel letto affianco a te, mamma' avrebbe tanto voluto dirglielo.

"Va bene tesoro, vedrai che andrà tutto bene" disse, poi le diede un bacio.

Non lo sopportava più, non sopportava la sua falsità e non sarebbe finito in mezzo ai pazzi per colpa sua.
Piuttosto sarebbe scappato.

Scusate se non è bellissimo e ci sono errori, mi farò perdonare.
Forse.

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