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La dottoressa Harleen Quinzel fece la sua entrata nell'Arkham Asylum sotto una tempestosa pioggia,tipica di Gotham, quella città così malinconica e tremendamente fredda. Socchiuse leggermente gli occhi stringendosi nel suo cappotto prima di fare la sua entrata nell'edificio. Tolse il cappotto e lo appoggiò tra le mani della segretaria all'entrata, le sorrise prima di ringraziarla, riafferrò la sua cartella in cuoio dirigendosi verso il suo ufficio temporaneo, aprì la porta, si asciugò gli abiti e si mise in divisa. Scorse tra i file cartacei e notò una nuova cartella: "Joker" aveva scritto sopra a penna nera ben calcata, con le dita frementi e piene di curiosità la aprì e scorse tra il fascicolo dell'uomo, nessun nome, nessuna impronta digitale, nessuna storia fondata, nessun collegamento. Si morse il labbro inferiore quando i polpastrelli sfiorarono una foto dell'uomo tremendamente attraente, scosse il volto e togliendosi gli occhiali rise tra sé e sé «non ci pensare» si rimproverò da sola prima di afferrare la cartella e andare verso la macchinetta del caffé, dove prese un decaffeinato, la caffeina la rendeva irascibile ed ansiosa, l'avrebbe disconcentrata dal suo obbiettivo. Prendendo il primo sorso si girò verso il collega «l'hai posata tu sulla mia scrivania?» chiese all'uomo dalla pelle abbronzata che le sorrise dolcemente «sì, mi pareva poteva interessarti. Sai ci ho provato anche io con quel pazzo» scosse la testa prima di alzare la manica «mi ha piantato una matita» mostrò un'enorme cicatrice circolare a metà avambraccio, Harleen spalancò gli occhi e guardò terrorizzata l'uomo davanti a sé che scrollò la tensione con una risata «tranquilla se stai andando alla sua seconda seduta probabilmente gli stai simpatica» e dopo quella breve chiacchierata Harleen si congedò dal collega prima di camminare verso la cella numero 0, accerchiata da due guardie «se succede qualcosa, premi il pulsante» cercarono di rassicurare la dottoressa, che camminava temeraria con il suo caffè nella mano destra e la cartella sotto al braccio «se lo ammazzo prima io?» chiese la bionda mentre le guardie ghignarono «beh ci faresti un favore» continuò quello a destra.
La grossa serratura si aprì emettendo uno strano suono di aria compressa, gli occhi azzurri emanavano fiducia e quando entrò in stanza scorse subito la figura legata dalla solita camicia di forza nell'angolo ad est della stanza «sei tornata» ghignò maliziosamente l'uomo. La dottoressa prese un ultimo sorso di caffé e lo posò sul tavolo, assieme alla cartella del paziente, poi si sedette sulla sedia e incrociando le gambe iniziò a buttare giù note sul suo taccuino in pelle scura.
Joker si alzò e appoggiò il viso coperto di lividi al vetro della finestra «ti osservo Harleen» disse a fiato pesante l'uomo, stremato dalla fame, dalla sete e dalle continue percussioni «so quando vai via..so quando torni» ridacchiò con i denti ferrati prima di girarsi verso la figura femminile in stanza «pensi di darmi fastidio privandomi di cibo e acqua? Pensi di darmi una lezione facendomi picchiare?» si avvicinò lentamente a piedi scalzi verso la sedia posta davanti alla donna che lo osservò duramente. L'uomo abbandonò il suo corpo sulla sedia prima di sghignazzare «Pensi di cambiarmi? Di farmi diventare sano? Perché ti sbagli zuccherino.» scosse la testa guardando dritto negli occhi della dottoressa che rabbrividì «vuoi uccidermi? Fallo ma poi con chi passerai le tue giornate a parlare?» rise Joker dondolando il busto in avanti «sono l'unico amico che hai» si soffermò sulle ultime sillabe, assicurandosi di scandirle bene. Ciò che Harleen non sapeva era che il principe clown di Gotham era molto bravo con le parole, così bravo da poter modificare i pensieri, deviare la via delle persone e manipolarle, la bionda infatti si sentì notevolmente più nervosa dato che iniziò a battere ripetutamente il tacco al suolo. L'uomo dalla chioma verde ghignò «sei nervosa. Per caso ti spaventa ciò che ti ho detto zuccherino? Perché é la verità?» sussurrò con le labbra secche. Harleen si morse il labbro e chiuse gli occhi cercando di non disconcentrarsi «oh sì zuccherino, fallo ancora, amo quando ti mordi le labbra» la osservò maliziosamente prima che la dottoressa sbottò «non mi chiami "zuccherino", non ne ha il permesso» rispose amaramente.
Il clown si divertiva a vederla combattere contro sé stessa, così intrattenuto da quella che doveva essere la sua psichiatra che continuò a istigarla «oh, baby, ho il permesso di fare tutto a Gotham» rise prima di alzarsi in piedi, osservato accuratamente dalla biondina, camminò per poco, non avevendo le forze, restò semplicemente in piedi ad osservarsi attorno «odio questa stanza, stesse pareti, stesso pavimento, stesso odore. Lo sa che ci sono 126 bottoni per ogni muro imbottito? E che il pavimento presenta 60 crepe con 3 ramificazioni diverse?» Harleen fece schioccare la cartuccia della penna annotando un appunto «che stai scrivendo?» chiese l'uomo avvicinandosi al tavolo, ma la mano tesa della dottoressa lo fermò «deve starmi lontano almeno mezzo metro», Joker ghignò e scherzosamente si avvicinò di più a lei, Harleen afferrò prontamente il caffè bollente e glielo rovesciò in faccia facendolo urlare dal dolore, si piegò in due sul tavolo prima di arrabbiarsi e iniziare a buttare il tavolo all'aria, temeraria Harleen non premette ancora il bottone, voleva vedere se fosse stato capace di slegarsi come la scorsa volta. Joker infuriato con ancora le braccia strette dietro la schiena si avvicinò a lei ringhiando, la bloccò nell'angolo della camera e slegò le sue mani afferrando il collo della donna, togliendole leggermente il fiato, la strozzò per pochi istanti prima di calmarsi e tornare a sedersi nell'angolo est della stanza, ponendo lo sguardo al muro.
Harleen autorevolmente si sedette nuovamente e disse «alza il tavolo e siediti davanti a me» ordinò prima che l'uomo dalla chioma verde ridacchiò «nessuno mi dà ordini» rispose scortesemente mentre la dottoressa alzando le spalle disinteressata continuò a scrivere sui fogli bianchi, «la smetta di scrivere, non servirà a nulla» disse l'uomo ancora volto verso il muro, ma la bionda lo ignorò continuando a scrivere la nona pagina di quello che doveva essere il suo libro di successo, Joker si voltò verso di lei prima di alzarsi, la dottoressa gli osservò il petto e notò grossi lividi lungo tutto il tratto costale, i muscoli addominali ben scolpiti le fecero istintivamente mordere il labbro, sobbalzò quando la voce roca rispose «vedo che ti piace ciò che vedi» ghignò rimettendosi la camicia di forza. La donna si alzò e mentre Joker era ancora inginocchiato al suolo gli si pose davanti «mi chieda scusa» obbligò la donna prima di vedere il volto pallido alzarsi verso di lei «mai.»

Harleen / Joker x HarleyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora