Capitolo 3

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[Clarke]

Feci ritorno nella mia stanza, mi tolsi la giacca di jeans rockettara che indossavo, e mentre la riponevo sul mio letto, fui distratta dalla voce di Harper.

"Ehi Prissy!", stava parlando ad una gabbia, incuriosita mi avvicinai a lei.

"Cosa c'è nella gabbia?", le domandai.

"E' un porcospino, si chiama Prissy, l'ho trovata nel bosco. Io... credo che sua madre sia morta", in quel momento pensai a quanto fosse dolce Harper. Octavia si intromise subito con la sua arroganza.

"Fai attenzione, Clarke... quella cosa fa delle puzzette micidiali!", esclamò. Harper timidamente negava la cosa scuotendo la testa.

"Nessuno sa di lei a parte noi. La signorina Woods me la lascia tenere ", mi disse poi.

"Solo perché non ha altre amiche...", la schernì Octavia. Era sempre più odiosa,in quel momento avrei voluto ucciderla. Harper era una ragazza insicura e timida, probabilmente anche piena di problemi, ma questo non le dava il diritto di trattarla in quella maniera.

Fortunatamente il battibecco finì come anche la giornata.

Come tutti i collegi cattolici c'era un regolamento ferreo da rispettare e da 'brave ragazze' dovemmo andare tutte a letto. Non riuscivo a prendere sonno stavo contemplando il soffitto e mi ritrovai a pensare agli occhi della mia futura insegnante , pensai alla sua età non doveva essere tanto più grande di me, forse 5 anni, forse appena laureata. Sopraffatta dalle mie riflessioni mi addormentai.

/////

Il giorno dopo entrai nella classe della signorina Lexa Woods, ebbene si, avevo fatto qualche domanda e avevo scoperto quale era il suo nome di battesimo, Lexa. Il nome era intrigante come lei del resto, decisi comunque di fare la brava e di comportarmi bene, o almeno questo era quello che mi ero riproposta.

Lexa ci stava leggendo la poesia di Walt Whitman 'Canto di me stesso' con dedizione e trasporto, ero quasi in adorazione mentre l'ascoltavo, traspirava tutto il suo sentimento e la sua passione. Ad essere sincere, dovevo ammettere che la letteratura, non era mai stata la mia materia preferita e questa era veramente la cosa più assurda, io che stavo attenta ad una lezione di poesia, mah...

"Il mio inspirare ed espirare, il pulsare del cuore, il transitare dell'aria e del sangue attraverso i polmoni. Pochi rapidi baci, pochi abbracci, un tendere a cerchio di braccia. Il canto di me che mi alzo dal letto e vado incontro al sole."

Dopo aver letto il verso, fece un grosso sospiro, e rivolgendosi alla classe continuò la lezione.

"Ora... abbiamo speso molto tempo a parlare di 'Canto di me stesso' da una prospettiva stilistica. Ma cosa mi dite del contenuto?".

Octavia rispose subito con la sua irruenza.

"Walt Whitman non era gay?", domandò. Lexa confermò la cosa in modo quasi apatico.

"Allora stava scrivendo di un altro uomo!", asserì.

Lexa non prese molto in considerazione il commento di Octavia e continuò la spiegazione.

"Diamo uno sguardo da vicino ai versi iniziali. Cosa intende dire, quando scrive: 'Canto me stesso, e celebro me stesso, e ciò che assumo voi dovete assumere.. Perché ogni atomo che mi appartiene, appartiene anche a voi.'? ... Monroe?", la ragazza del primo banco rispose dopo pochi secondi.

"Che siamo tutti connessi?", ascoltata la sua risposta Lexa sorrise e annuì con la testa. Aveva un sorriso stupendo, che mi stava lentamente conquistando, forse per questa ragione decisi di intervenire nella discussione, così quando chiese se c'era qualcun altro alzai il braccio, e lei prontamente mi diede la parola.

Loving ClarkeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora