9. ComeTE

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Quando riaprì gli occhi, Cora si rese conto di essere in un letto d'ospedale, era una stanza ampia e pulita, era da sola forse era un reparto per pazienti gravi.

L'ansia le fece stringere lo stomaco, cercò di ricordare cosa le fosse successo stava passeggiando per Napoli e nient'altro, doveva incontrare le sue amiche, ma come c'era arrivata lì.

Forse aveva sbattuto la testa ed era vittima di un'amnesia. In ogni caso avrebbe fatto meglio a mantenere la calma.

Cominciò controllare se sentiva qualche disturbo, un lenzuolo bianco le copriva le gambe, lasciandole fuori solo la testa, si concentrò sugli arti, sul tronco e sulla testa, non sentiva nessun disturbo, ma poteva essere merito degli antidolorifici.

Non sapendo come passare il tempo, cercò di riprendere sonno, la posizione le risultava scomoda, di solito dormiva di fianco, preferì restare a pancia in su, si limitò a stendere lentamente le gambe che teneva rannicchiate.

In quel momento accadde una cosa strana i piedi le urtarono conto la sponda del letto, doveva essere nel reparto pediatrico, non le era mai capitato con i suoi 160 centimetri di essere troppo grande per un letto.

Il letto però le sembrava normale, alzò il lenzuolo per capire il problema, e il sangue le si gelò all'istante, non tanto alla vista del tubicino che le partiva dal braccio sinistro, ma per il fiore di pesco tatuato sul polpaccio destro, che le era diventato anche più lungo e abbronzato.

Si fece coraggio e si porto le mani al viso, al posto di sentire la piccola gobbetta del suo naso magro, l'indice scorreva ora sulla curva perfetta di un nasino alla francese.

Le sue lisce ciocche scure erano divenuti sinuosi ricci color mogano.

Era diventata Patrizia Carmini.

Si trovava in un orribile incubo e doveva svegliarsi al più presto.

Se bastasse l'impossibile #Fanfiction su Francesco Renga #Wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora