CAP.4

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"Mi chiamo Ellianna ma gli amici mi chiamano Ellie" disse.

Scese dal letto e venne verso di me a piccoli passi.

"Benissimo! Adesso vedo anche i folletti,oddio sto diventando pazza!" dissi, mentre vedevo la piccola creaturina cercare di arrampicarsi sulla gamba della sedia.

Decisi di fare la persona normale, come se vedere folletti fosse la cosa più normale del mondo, la quotidianità.

Aprii l'armadio e presi dal fondo, un jeans e una t-shirt bianca.

Mi diressi in bagno a passo svelto, mentre lanciavo qualche occhiatina al folletto ancora ancorato alla sedia.

"Posso venire con te? "chiese Ellie.

Quella domanda mi spiazzò e non poco, ma la mia mente mi ricordò di fare come se fosse tutto nella norma.

"Fa quello che vuoi" dissi esitante, ero ancora più convinta che questa situazione stesse sfociando nella follia.

" Sei carina" Sentenziò il folletto.

Io mi girai e la trovai appoggiata alla vasca,che mi squadrava dalla testa ai piedi con i suoi grandi occhioni.

Non sapevo se quello che stavo vivendo fosse vero oppure no, era così assurdo e impossibile che io riuscissi a vedere creature soprannaturali.

"Grazie" dissi,mi sistemai i miei capelli nero corvino e uscii dalla camera.

Ellie mi seguiva saltellando, era molto affaticata così decisi di posarla sulla mia spalla.

"Ti ringrazio" mi disse con il fiatone ed io abbozzai un sorriso.

Ai piedi delle scale ad aspettarmi c'era Jonathan appoggiato al muro a braccia conserte.

Indossava una camicia bianca e i primi bottoni erano slacciati, facendo intravedere il suo collo.

"Bhè, ha il suo fascino" Commentai dentro di me.

"Sei in ritardo" disse squadrandomi dalla testa a i piedi.

"Simpatico" pensai "Diventeremo grandi amici, ne sono sicura"

"C'era un orario da rispettare?" sentenziai inarcando il sopracciglio.

Lui indicò il salotto e io, sbuffando per la sua antipatia, lo seguii.

Le pareti erano rosse con dei gigli bianchi stampati che completavano il tutto.

Al centro della stanza c'era una tavola enorme e intorno delle sedie di legno con degli intagli molto belli e particolari.

Dal soffitto pendeva uno splendido lampadario fatto da piccoli cristalli che davano una luce in più alla stanza.

Su una di queste sedie era seduto Ian,con la sua solita aria tranquilla e manteneva un bicchiere di vino rosso in una mano.

Indossava anche lui una camicia, color blu notte, segno di pace e quiete.

Appena percepì il mio arrivo alzò lo sguardo e dopo avermi guardata sgranò gli occhi e spostò lo sguardo su Jonathan che era in piedi affianco a me, taciturno.

"Jonathan, è uguale a lei, impressionante" sentenziò con voce incredula, posando momentaneamente il bicchiere di vino sul tavolo.

"Lei chi scusa?" chiesi seguendo con gli occhi Jonathan che intanto si stava accomodando vicino all'amico.

Il piccolo folletto, era scomparso dalla mia spalla ma al momento non gli diedi molta importanza.

"Ian, non dovresti stupirti che sia uguale a lei" disse lui guardando il suo amico e sbuffando come se fosse una cosa ovvia.

Adesso ero ancora più confusa, guardavo i ragazzi con un cipiglio sul viso.

Volevo sapere, ormai niente poteva sorprendermi più di quanto non lo fossi già.

"Se non ve ne foste accorti, io sono ancora qui. Potreste spiegarmi a chi assomiglio così tanto da sorprendervi?"

I due si lanciarono un'occhiata e sospirarono, nello stesso momento i loro occhi si posarono su di me.

Questa cosa continuava ad essere sempre più inquietante.

Prima di parlare, Ian bevve il resto del vino nel bicchiere.

Vedendolo in difficoltà, Jonathan sbuffò e decise di parlare lui.

"Abbie, tua sorella" disse, aspettando una mia reazione.

Ma io, in quel momento, non emisi un suono per la sorpresa.

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