CAP. 24

37 5 7
                                    


"Bhè devo dire che non mi aspettavo tutto questo silenzio" Sentenziò Dominic facendo un espressione finta sorpresa mentre si avvicinava a mia madre con fare languido.

Le prese il mento tra le dita e la guardò fissò negli occhi, lei sostenne il suo sguardo coraggiosa.

"Ti volevo ringraziare, per esserti presa cura di Evelyne, è venuta su bene... Grazie a te e a tuo marito. Pover'uomo è morto prima che conoscesse la verità" disse sporgendo il labbro inferiore.

In quel momento cercavo di mantenere la calma ma, dentro di me, una scia di emozioni inspiegabili cercava di farmi scoppiare e con le provocazioni di Dominic sarei scoppiata di lì a poco.

Tutti erano in silenzio, nessuno osava parlare, i miei amici erano in ginocchio uno vicino all'altro e mi faceva male sapere che tutto questo era per colpa mia.

Dominc spostò lo sguardo da mia madre alle sue due figlie e fece uno sguardo di compassione.

"So come ti senti Evelyne... Pensi che tutto questo sia colpa tua... Pensi di non meritare tutto quello che i tuoi amici stanno facendo. Io ti posso aiutare, posso alleviare il tuo peso,condividilo con me,con tuo padre" sentenziò avvicinandosi lentamente e porgendomi le sue mani.

Ero furibonda, come poteva dire una cosa del genere, lui non sapeva cosa provavo, era privo di emozioni, incapace di provare alcun sentimento. O forse si, l'unico che lo rendeva felice, l'odio.

L'odio, che pervadeva ogni centimetro del suo corpo, lo appagava, ed era felice di provocare dolore agli altri, mostruoso.

"Tu non sei mio padre, tu non sei NOSTRO padre, non lo sei mai stato e mai lo sarai. Se fossi stato un vero padre, non avresti ridotto così Abbie, non l'avresti prosciugata dei suoi poteri. Non avresti mai dovuto rapire i miei amici e ferire la mia famiglia. Tu, non hai il diritto di essere chiamato padre." Sospirai, un peso in meno dallo stomaco.

"Puoi anche non considerarmi tuo padre, ma voi siete sangue del mio sangue e dovete obbedirmi. Purtroppo Abbie ha avuto la brillante idea di non eseguire gli ordini, l'avevo avvisata" disse sospirando lanciando un'occhiata alla mia dolce sorella che affiancava mia madre ormai priva di forze.

"Proprio per questo sei qui" continuò avvicinandosi a me, afferrò il mio braccio e mi strattonò fino ad avvicinarmi al suo viso.

"Questo è il patto piccola, tu resti al mio fianco come mia erede, come mia figlia legittima. Io in cambio lascerò andare i tuoi amici e la tua famiglia... O ciò che ne rimane" Rise, in modo sadico. Che brutto figlio di puttana.

"Non devi farlo per forza!" sentii urlare dall'altra parte della sala e vidi Jonathan che cercava di farsi avanti per raggiungermi.

"Oh Jonathan..." pensai con una stretta al cuore.

"Zitto tu, Jhonny. Fai il bravo, rimettetegli la fascia!" urlò Dominic a gran voce mentre i suoi camerieri frettolosamente accorrevano accanto a Jonathan legando di nuovo il bavaglio sulla sua bocca.

Io guardavo con disprezzo colui che avrei dovuto chiamare padre, il suo sangue scorreva nelle mie vene e ad un tratto disprezzai anche me stessa. Sarei diventata come lui?

"Tu... Mi hai rovinato la vita! Tu hai fatto in modo che tutta la mia esistenza andasse a rotoli!" strattonai il braccio liberandomi dalla sua presa ferrea.

"Tutta colpa tua! Sei stato tu a uccidere Dylan e io non potrò mai perdonarti per questo!" ecco qua, ero partita. Adesso non mi fermava più nessuno. Mentre parlavo e lo distraevo con le mie parole traboccanti di rabbia cercavo di escogitare un piano, anche quello più stupido. Niente. La mia testa era solo un insieme di parole furiose che si riversavano fuori dalle mie labbra in modo frenetico.

"Dylan? Ah! Intendi quell'insetto" battè la mano sulla fronte ridendo con cattiveria "Era uno dei miei tanti giocattoli, per arrivare a te ovviamente. Mi servivano informazioni. Tua madre, riposi in pace, vi ha portate via prima che io potessi vedere i vostri bellissimi occhi"

Quanto odio, quanta cattiveria c'erano nei suoi occhi, le vite che aveva preso, non erano nulla per lui.

Mia madre... La mia vera mamma, mi era stata portata via anche lei, quanto avrei voluto stringerla fra le mie braccia, quanto avrei voluto toccare il suo viso e sentire la sua voce...

Non potevo perdere anche le uniche persone che mi volevano bene, non potevo, non volevo rimanere sola. Dovevo essere sicura che anche se io fossi stata con quest'uomo loro sarebbero stati al sicuro.

Cercai di ritornare in me stessa e respinsi l'impulso di ucciderlo.

Guardai i miei amici per l'ultima volta, tutti mi imploravano di rifiutare la sua offerta ma io avevo già preso la mia decisione.

"D'accordo, affare fatto" sentii tutti contorcersi per protestare ma io abbassai il capo, consapevole che almeno i miei amici sarebbero stati salvi.

Due braccia mi avvolsero in un abbraccio, un brivido attraversò la mia schiena. Dominc, mi stava abbracciando. Rimasi con le braccia lungo i fianchi con un'espressione di stupore.

"Sapevo che avresti accettato"

"Dominic, ricorda il patto. Libera tutti."mi staccai e incrociai le braccia con uno sguardo furente.

"Hai ragione figlia mia, il patto deve essere rispettato." Schioccò le mani e i suoi paggi sciolsero le corde a tutti, nessuno si mosse. Mi guardavano con le lacrime agli occhi.

Sorrisi, cercando di assumere un'espressione speranzosa.

Lia si alzò, con un'andatura lenta si avvicinò a me e mi strinse forte. Ricambiai l'abbraccio stritolandola ancora di più, sentivo le sue mani accarezzare i miei capelli neri, si staccò da me e guardò dritto nei miei occhi.

"Oh Ev... Non devi farlo per forza, ce la faremo anche tutti insieme" sentenziò accarezzandomi la guancia.

La mia dolce e pazza migliore amica, Lia. Nonostante tutto era rimasta al mio fianco, nonostante questa situazione assurda non si era fatta scrupoli ad aiutarmi. La amavo per questo. Ma non potevo metterla ancora in pericolo, dovevo salvarli tutti.

"Lia, si sistemerà tutto, stai tranquilla, ora vai e prenditi cura di mia madre, ti voglio bene"

Jonathan anche si alzò, aveva vari graffi su tutta la superficie del suo corpo ma nonostante questo, non traspariva emozione dal suo viso.

Anche Ian e gli altri erano accanto a lui e mi guardavano impassibili, con tracce di lacrime sulle loro guance.

I due ragazzi mi fecero un cenno con il capo e abbassarono la testa, senza poter ormai far nulla.

Ella adesso era sulla spalla di Abbie che, insieme a mia madre aveva ancora le lacrime che scendevano lungo le loro guance.

Si aprì un portale, sembrava un grande buco nero.

"Voi, prima che cambi idea, andate. Vi riporterà sani e salvi a casa. Provate a ritornare e non esiterò ad uccidervi tutti quanti." Sentenziò serio.

Bene era l'ora.

Tutti si scambiarono un'occhiata e in fila entrarono nel portale. Il primo ad entrare fu Jonathan che mi lanciò un ultimo sguardo e si dissolse nel nulla. Lo stesso Ian e tutti gli altri.

Un mondo diversoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora