13. We are the waiting

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Sbattei le palpebre un paio di volte prima di aprire gli occhi, le luci fredde dei lampioni che illuminavano la notte mi scorrevano sul viso ad intermittenza, riflettendo sul vetro del finestrino. Buio. Luce. Buio.

Le strade deserte di Sydney si snodavano sotto al mio sguardo seguendo l'andamento calmo ma sostenuto della macchina, la radio accesa e tenuta ad un volume così basso che mi ci volle un po' a riconoscere la canzone. Il ritmo ovattato delle percussioni e poi l'armonia di una chitarra, cos'era: are we the waiting?

"Starry night city lights coming down over me
Skyscrapers and strangers in my head"

Richiusi gli occhi lasciandomi cullare da quella melodia rilassante e quelle parole che sembravano essere state scritte appositamente per quel preciso istante, per me.

«"Are we we are, are we we are the waiting unknown?"» si unì una voce nell'abitacolo quasi coprendo quella di Billie Joe Armstrong.

"The dirty town was burning down my dreams,
lost and found city bound in my dreams."

Mi voltai verso il mio autista. Le mani dalla pelle chiara ferme sul volante, i capelli tinti spettinati, gli occhi grigio-verdi fissi sulla strada, le labbra rosee che si muovevano seguendo le parole della canzone.

«"And screaming,"» di nuovo la sua voce sopra a quella registrata, «"are we we are, are we we are the waiting"»

«"And screaming,"» mi unii a lui tenendo la voce un'ottava più alta dalla sua, Michael si voltò verso di me zittendosi. «"Are we we are, are we we are the waiting"» continuai a cantare, sorridendo poi la ragazzo.

«"Forget me nots and second thoughts, live in isolation."» continuammo insieme, le nostre voci che si armonizzavano l'una con l'altra, «"Hends or tales and fairytales in my mind."»

«Ehi, ti sei svegliata.» salutò poi sorridendomi mentre i ritornello si ripeteva in sottofondo riempiendo l'abitacolo. Annuii ricambiando il sorriso.

L'auto si fermò ad un segnale di "stop", sebbene non servisse dato che a quell'ora non c'era nessun altro in strada, e Michael ne approfitto per sporgesi verso di me. «"The rage and love: the story of my life."» riprese a cantare guardandomi intensamente, come se quelle parole fossero riferite esattamente a lui e a nessun altro.

Non mi diedi il tempo di pensare, mi avvicinai a lui annullando la distanza tra le nostre labbra. Michael fu preso alla sprovvista e si irrigidì all'istante, mi staccai subito: Che mi era preso?

«Scusa, io...» iniziai a balbettare completamente in imbarazzo.

«Shhh.» mi zittì lui a pochi centimetri dalla mia bocca, le sue mani calde sulle mie guance. Occhi negli occhi.

Mi persi in quel cielo tempestoso che erano le sue iridi, le pupille dilatate che si spostavano impercettibilmente dai miei occhi alla mia bocca dischiusa. Michael fece nuovamente combaciare le nostre labbra, le mie dita andarono naturalmente tra i suoi capelli, trovandoli così morbidi al tatto.

Ci scambiammo quel bacio che racchiudeva in se tutto ciò che volevamo esprimere entrambi: perdono, gratitudine, comprensione, amore. Si, forse era proprio amore quella cosa che mi faceva mancare il respiro; quell'emozione capace di farmi battere così forte il cuore tanto da fermarlo per un brevissimo secondo. In quel preciso istante c'eravamo solo noi, solamente io e Michael in tutto l'universo. Persi per le strade di una Sydney addormentata, in un'auto illuminata dalla luce innaturale dei lampioni, e i Green Day in sottofondo. Non mi importava che la canzone fosse cambiata. Non mi importava del passato, mi dimenticai gli episodi che ci avevano visto come i due principali protagonisti e ogni lacrima versata fu cancellata da quel semplice bacio. Non mi importava nemmeno del futuro, di quello che sarebbe successo dopo, lasciai solamente che quella nuova emozione si impossessasse di me prendendo il posto di tutte il resto. C'eravamo solo noi, due anime che si erano sempre appartenute senza nemmeno saperlo, e questo era tutto ciò che importava veramente.

Siblings by chance ♡ Michael CliffordDove le storie prendono vita. Scoprilo ora