Settimo capitolo

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Quell'individuo oscuro scende dall'auto e mi viene incontro. Sono immersa nel buio e non riesco a vederlo bene a causa della mia miopìa. Quella figura  sfocata appare robusta, tozza e non troppo alta.

Mi ricorda un classico stupratore seriale dei film, il classico grassone ubriaco in cerca di sesso dalle ragazzine.

Indietreggio lentamente  cercando di non farmi sentire. Non riesco ad andare molto lontano. Appoggio sbadatamente il piede su di un ramoscello al bordo della strada provocando un piccolo suono amplificato dal silenzio della notte.

-Che fai ragazzina? Scappi? -  dice con voce burbera che mi incute ancora più paura di quella che gia avevo. Si mette a ridere come uno squilibrato, con qualche singhiozzo, simbolo che ha alzato anche il gomito. 

Sto tremando.

Sento un rumore di gomme stridenti avvicinarsi e prego che sia qualche angelo venuto a salvarmi.

Quell'auto impazzita si ferma in mezzo alla strada poco lontana da noi, illuminandoci con i  suoi fari.  Ora il cuore mi batte ancora più forte.

Mossa sconveniente quella di lasciare accese le luci, dato che il maniaco mi vede e corre verso di me. Non ho il coraggio di muovermi, sono terrorizzata. Provo a fare un passo indietro e cado sbattendo la testa a terra. Un brivido mi percorre la schiena e insieme ad esso sento del liquido caldo dietro la testa.

-Lasciala stare!!- urla l'uomo appena uscito dell'automobile.
La sua ombra ci si avvicina.  Poi improvvisamente è buio.

~~

Apro gli occhi e vedo un soffitto riempito con delle mattonelle grigie con puntini bianchi.
-Dove mi trovo? - chiedo.

Non c'è  nessun rumore, nessuna voce  che mi risponda, nessuna persona che mi tiene la mano. Sono sola. Sola in un posto cosi freddo e silenzioso da mettere quasi i brividi.

Tento di muovermi, notando che sono attaccata ad una macchina tramite dei fili collegati alle mie vene, soprattutto quelle delle braccia.  Alzo gli occhi e guardo la macchina, una sacca di sangue mi alimenta.
Non sopporto la vista del sangue, tutto inizia a girare e i dolori alla testa aumentano notevolmente. La vista mi si appanna e mi sento trasportare all'indietro. 

Sono cosciente, sento ciò che mi succede ma non riesco ad aprire gli occhi o a parlare, non ne ho le forze, così mi addormento.

Dopo svariate ore di sonno profondo mi sveglio e aprendo gli occhi trovo finalmente qualcuno accanto a me, quel qualcuno che speravo di vedere, quella persona di cui avevo bisogno.

-Baby!- dice con un leggero gridolío, schierandosi poi la voce.
Viene verso di me e mi prende la mano, dandomi un leggero bacio sulla fronte. 

Nei suoi occhi riesco a vedere tanta preoccupazione è questo mi fa capire che è successo qualcosa di grave.
-Cosa è  successo?-   gli chiedo.

-Non ti ricordi? Mi hai chiamato perché eri sola in mezzo alla strada. -

-SI.. ora ricordo.-   c'è qualche attimo di silenzio mentre Matt abbassa la testa verso il pavimento.  -Ma.. perché ho così tanto male alla testa?-

-É colpa mia.. - dice. Non mi guarda neanche in faccia.

-Colpa tua?  Mi hai forse picchiato?- gli rispondo sorridendo leggermente.  Vorrei ridere ma non riesco.

-No.. non lo farei mai, lo sai bene. -

-E allora  perché? Dai rispondimi cazzo! -

- Sono arrivato troppo tardi.. - Si zittisce per un po' mentre io lo guardo, aspettando il proseguimento.

-Quando  sono arrivato uno stronzo ti stava per aggredire. Tu eri  impaurita al bordo della strada, cercavi di scappare  da lui. Gli ho urlato di lasciarti stare ma non è  bastato, anzi..  ha cercato di  arrivare a te con ancora più foga. Sei caduta e hai sbattuto la testa.. -

-oh..-

-SCUSAMI... scusami ti prego... -

-Tranquillo..Sono sicura che hai fatto l'impossibile- dico rasserenandolo e un pensiero mi viene spontaneo.
-Simón? é qui con te?-

-NO e non si avvicinerà mai più a te!- dice urlando.

I  suoi occhi diventano sfuggenti e inizia a camminare su e giù per la stanza, per poi poggiarsi al termosifone  dall'altro lato della stanza.

Mi tiro su a stento  e mi metto seduta.

-Non vuole vedermi? - dico mentre una lacrima scivola silenziosa sul mio viso e sento il mio cuore spezzarsi in tanti piccoli pezzi.

- Gli ho detto che non si deve più avvicinare a te o se la vedrà con me..- dice incupito, cercando inutilmente  di guardarmi in faccia mentre io fuggo, ruotando gli occhi verso ogni angolo della stanza escluso quello dei suoi occhi.

Ora sono io che scappo da lui, ora sono io che non riesco a vedere i suoi occhi.

-Perché?- chiedo mentre sento divamparmi la faccia dal nervoso.

-Perché è  tutta colpa sua! Se lui non avesse fatto la cazzata di  lasciarti lì in mezzo ad una strada ora tu staresti bene!-

- Ma tu che ne sai di come sono andate le cose?!- urlo incazzata più che mai mentre tento di alzarmi dal letto con tutta la forza che ho in corpo.  Malgrado tutta la mia buona volontà riesco soltanto e  sedermi mettendo le gambe fuori dal letto.

Lui mi guarda come  se fossi un'essere sconosciuto, un'essere malato e  indifeso, ciò che non sono. 

Ha un'espressione in viso di non facile decifrazione, la sua bocca esprime rabbia e i suoi occhi  compassione.

-Ho parlato con lui.. so tutto Eva-

-Allora saprai anche che é stata colpa mia, non sua. -dico sinceramente. É ciò che penso realmente, se io avessi accettato subito  la sua proposta sarebbe andata diversamente.

-Dí pure quello che ti pare, ma la mia idea rimane quella.-  dice modificando la sua espressione. Ora assume un'aria autoritaria che non gli si addice.

-Quando posso tornare a casa?- chiedo con voce ferma almeno tanto quanto la sua.

Mi sento in trappola qui.  Sento il bisogno di vedere Simòn, di chiamare i miei.

Vorrei fare qualsiasi cosa tranne stare qui, in un letto d'ospedale con una persona che decide chi può e chi non può venirmi a trovare senza di fatto avere nessuna autorità per farlo. Credevo fosse mio amico e invece si sta rivelando un egoista del cazzo.

- Per ora no. Hai perso molto sangue.- dice osservando fuori dalla finestra.

-Voglio vedere un medico- dico innervosita da questa risposta del cazzo.

Matt si alza e senza dire una parola esce dalla stanza e scompare.

Ripenso a quella richiesta, al mio silenzio. Ho fatto una cavolata, ne sono consapevole e ormai è troppo tardi, lui ha pensato il peggio di me e questo mi ha ferito nel profondo  anche se il dolore che provo ripensandoci non è neanche la metà del dolore che starà  provando lui adesso sapendo, se lo sa, ciò che mi è accaduto quella sera. Vorrei soltanto che il rumore dei miei pensieri arrivasse fino a lui, facendogli capire cosa provo,  facendogli capire quanto mi manca. Vorrei soltanto poter spiegarmi.

Rimango nel silenzio di questa triste stanza a pensare e una lacrima scorre sul mio viso, la sento solo quando essa viene a contatto con le mie labbra.  É una lacrima salata, una lacrima sincera e pura.

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Angolo scrittrice:
Buongiorno miei piccoli grandi lettori.
Spero che la storia vi stia piacendo almeno tanto quanto a me, ma se siete arrivati fin qui direi proprio di .  Come proseguirà la storia?
Baci.
Fra.

The GOOD and the EVILDove le storie prendono vita. Scoprilo ora