Undicesimo capitolo

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Beep: un nuovo messaggio!
Il telefono squilla.  Apro gli occhi, metto a fuoco il tutto rallegrandomi di essere finalmente nel mio letto e poi mi avvicino, rotolando sulle coperte, al comodino dove é riposto il telefono.
Lo prendo in mano e apro il messaggio: "Ti sono piaciuti i fiori? G."

-Oh cavolo!!- impreco emozionata.
Rispondo rapida senza aver avuto ancora il tempo di mettere a fuoco la situazione: "Molto, grazie. É stato un bel pensiero"

Dopo averlo scritto mi sento come una bambina con il suo nuovo giocattolo. Tento di bloccare l'invio ma é  troppo tardi. Mi sento così stupida!

Sono ancora un po' addormentata e sapere che domani dovrò tornare a scuola mi distrugge. Mi sento stanca ancora prima di iniziare.
  Lentamente mi alzo dal letto e apro la porta di camera mia. Scendo le scale aiutandomi con il  corrimano, le medicine mi intontiscono.

-Come stai?-   esordisce mia sorella Lena senza neanche salutare.
- Tutto ok grazie, sono solo un po' intontita-
-Bhe non  é  una novità, sei sempre tonta!-  ride ignara della differenza tra "intontita" e "tonta" e questo fa ridere anche me.

-Come va con Luca?-
-Ci siamo lasciati-
-Mi dispiace-
-Non fa niente, ci stavo assieme soltanto per passare il tempo e per divertirmi a letto- mi dice del tutto indifferente.  Sembra anche quasi fiera di ammettere quella grande verità. 

Non che la loro storia sia durata molto ma insomma.. dire e fare questo genere di cose ti fa apparire una poco di buono agli occhi degli altri.

-Oh bene tesoro, ti sei svegliata! Aspettavamo te pera cena- dice mia mamma apparendo dalla cucina.

Ceniamo, do l'acqua ai fuori ed esco a fare una passeggiata  per rinfrescarmi le idee.

Cammino avanti e indietro per la mia lunga via, finché capisco tutto questo non mi basta più.  Ho voglia  di cambiare la mia vita, di ridimensionarla, di dare un taglio netto ai rapporti troppo complicati che mi portano a dubitare di me stessa e delle mie capacità.

Voglio iniziare a vivere alla giornata senza pensare alle conseguenze, non voglio più pensare a cosa farebbero gli altri per compiacergli. Voglio leggerezza.
Sono stata abbandonata troppe volte quando non lo meritavo, ora voglio che i giochi cambino. Voglio essere io ad avere il potere decisionare su tutto ció che riguarda me e la mia vita.

Mi avvio verso casa decisa su ciò che voglio fare. Prendo la mia macchina rossa e guido lungo le strade della città sfrecciando coraggiosa.
Scendo dall'auto ed entro in quel rovere d'edificio.
Diversi ragazzi mi guardano per qualche secondo e poi tornano ad allenarsi.  Cerco chiunque possa darmi una mano, chiunque possa essere  la persona che cerco.

Vedo un uomo con un cartellino e mi avvicino a passo svelto verso di lui.
-Buonasera- dico educata non sapendo bene come approcciarmi in questo mondo.
-Hey bella come butta?- dice cercando di fare uno di quei gesti da maschiaccio con le mani.
Rimango li a fissare la sua mano possente come una cretina mentre  lui mi squadra dalla testa ai piedi cercando di capire cosa cerco.

-V..vorrei allenarmi- dico senza troppi giri di parole, non sapendo bene cosa dire.
-Prima i soldi- mi dice l'allenatore.

Mi svuoto le tasche e gli do tutto ciò che ho.
-Bene. Per oggi siamo a posto così. La prossima volta che vieni porta il resto dei soldi.-

Ci guardiamo e provo in certo senso del disagio. Cammino per quella palestra fatiscente e osservo tutti quei ragazzi intenti a picchiare il prossimo con tutta la violenza che hanno in corpo.

Do qualche pugno al sacco da boxe distraendomi dal mondo circostante.
Dopo circa un'ora  tutti i ragazzi che prima riempivano la palestra si dileguano e io mi sento un pesce fuori dall'acqua.  

Prendo la mia borsa ed esco da quel posto anche io. Cerco nella borsa ma non trovo le chiavi della macchina. 

-Cazzo!- impreco più volte finché non é  chiaro che me le hanno rubate.

Come faccio adesso? Mi guardo intorno e non vedo  nessuno che può aiutarmi, soltanto brutti ceffi che mi ricordano quella brutta esperienza di maniaco seriale.
Sono nel panico  e non  so cosa fare o chi chiamare finché in lontananza non vedo una figura familiare.

La scruto per qualche minuto finché non riesco a mettere a fuoco quell'immagine lontana.
Mi alzo dal muretto in cui ero seduta a riflettere e cammino a passo svelto verso di lui cercando di tenere una mise elegante e raffinata anche in un posto del genere.

Quando gli sono discretamente vicina si gira a guardarmi e la sua bocca si schiude in un sorriso  straordinariamente perfetto, da togliermi ancora una volta il fiato.

-Hey camice bianco!- dice ridendo.
Fingo di ridere anche io anche se la mia è più una risata nervosa.

Sul mio viso appare un sorriso sbilenco e la mia faccia avvampa.

Lo saluto con un gesto della mano frettolosamente mentre cerco di non farmi notare dai suoi amici più del dovuto.

-Avrei bisogno di un favore- gli dico  vergognandomi della mia ingenuità.

-Dimmi tutto- dice fissando i suoi occhi ipnotici nei miei impedendomi di distogliere lo sguardo.

-Mi accompagni a casa?-
Lui rimane a guardarmi per qualche secondo mentre io sono totalmente immobilizzata.

Opto per terminare questa enorme figuraccia e come si dice solitamente quando  una persona scappa, giro i tacchi e me ne vado. 

Lui mi segue muovendosi quasi subito e mi blocca tenendomi per un braccio.
-Ne sarei felice -

~~
Angolo scrittrice:
Hey ragazze!! Scusate per l'assenza ma la scuola mi ha tenuta occupata più del previsto Ahaha

Spero che questo capitolo vi piaccia  e che vi prenda.

Per rimediare inizierò a scrivere immediatamente un nuovo capitolo tutto per voi.
Baci.
Fra.

The GOOD and the EVILDove le storie prendono vita. Scoprilo ora