Heart Beat

4. Sorpresa

<<Cucciolino? Sono tornata!>> urlo entrando in casa con un paio di sacchetti di cose comprate nel pomeriggio di shopping con Elisabeth.
Non sento risposta. Entro in cucina dove la luce è accesa, appoggio i sacchetti su una sedia e ripongo le chiavi nel portachiavi che mi ha regalato la mamma. Mi manca la mamma. È un anno che io e Aaron ci siamo trasferiti a Chicago e a volte mi manca New Orleans. Mi manca la mia mamma, mi mancano il mio papà e la mia casa. Aaron l'anno scorso ha ricevuto un'importante offerta di lavoro qui a Chicago e le strade erano due, o gli impedivo di venire, rovindandogli i sogni e la vita, ma mi sarei sentita egoista e crudele. Per cui, senza pensarci troppo, ho optato per la seconda scelta, assecondarlo e seguirlo fino a qui. Non ho neanche messo tra le opzioni la possibilitá di dividerci, perchè non ne avrei avuto le forze di starmene la, cosí lontana da lui. È troppo importante per me. Quando trovi quella persona con cui vuoi passare ogni secondo delle tue giornate, quella persona che ti riempie di attenzioni e ti fa sentire importante, quella persona che ti fa sorridere sempre, anche quando non te la senti, beh quando trovi questa persona è difficile lasciarla andare, anzi, azzarderei a dire che è quasi impossibile. Ci siamo conosciuti sull'autobus che conduce alla fiera. La città aveva organizzato una fiera riguardo la fotografia e il cinema. Io adoro la fotografia, non ho mai fatto corsi, ma fin da piccola adoravo scattare foto. Aaron non adora tanto la fotografia, ma su quell'autobus stava accompagnando sua sorella alla fiera, e siccome l'autobus era pieno di persone non appena l'autobus ha frenato per fermarsi al semaforo sono scivolata all'indietro e sono finita addosso a lui. Con il viso arrossato mi sono scusata e lui mi ha accertato che non impartava, non gli avevo fatto male, anzi si era preoccupato per me che ero scivolata. L'ho trovato un gesto dolce, se fossi finita addosso a qualcun'altro probabilmente mi avrebbe solo urlato dietro di stare piú attenta. Abbiamo passato assieme la giornata, si è subíto senza lamentarsi tutti i miei "ohh" per le foto piú belle e particolari che vedevo esposte, ha riso ogni volta che restavo immagata davanti ai nuovi modelli di macchinette fotografiche che ovviamente non potevo permettermi, e mi ha rassicurata dicendomi che un giorno sarei riuscita sicuramente a premettermene una di quei livelli e che magari sarei diventata anche una grande fotografa. Usciti dalla fiera ci siamo scambiati i numeri di telefono e non appena sono arrivata a casa gli ho scritto un messaggio per ringraziarlo della giornata e di aver sopportato i momenti in cui esprimevo tutta la mia eccessiva gioia. Lui mi ha risposto e la conversazione è continuata tutta la notte. Qualche giorno dopo siamo usciti assieme e da allora siamo diventati quello che siamo oggi. Non riuscirei mai a stare lontana da lui, lui è stata la mia storia piú importante, è il ragazzo migliore del mondo per me il solo pensiero di perderlo mi fa venire la pelle d'oca.
Un tonfo mi risveglia dai miei pensieri. Poso definitivamente le chiavi nel portachiavi della mamma e salgo le scale per andare a vedere da dove arrivava il rumore che ho sentito.
<<Aaron? Dove sei?>> dico a voce abbastanza alta. Trovo la luce accesa della camera e ho un certo timore nell'andare a guardare dentro, perchè Aaron non mi ha ancora risposto. Oddio, e se ci fosse qualcuno in casa? Se gli avessero fatto del male? Mi assale il panico e mi immobilizzo sulle scale. Ho paura, non sono sicura di cosa sia meglio fare, se girarmi e scappare a gambe elevate o...ma cosa sto dicendo?! È di Aaron che sto parlando! Se fosse in pericolo dovrei aiutarlo non fuggire! Che vergogna che sono. Dai Sophia, fatti coraggio, sali le scale e apri quella porta!
Finalmente riesco a muovere le gambe e tremando mi avvicino alla porta socchiusa della camena, che lascia intravedere la luce accesa.
Con il piede do un colpo alla porta che si spalanca e resto immobile.