12. Decisioni importanti

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Lancio quell'oggetto tagliente nel lavandino, schifata dal mio comportamento, da quello che sto facendo, da come mi sto riducendo. È vero, fa male non averlo qui vicino, non poterlo abbracciare, non poter sentire il suo cuore battere. Fa male questo silenzio. Fa male questo immenso vuoto che ha lasciato.
Ma in ogni caso non credo che Aaron avrebbe voluto questa triste fine per me, non avrebbe voluto che io facessi una cosa del genere, quindi perchè lo sto facendo? Perchè mi comporto cosí? Sento le lacrime bagnarmi nuovamente il viso e scivolare sulle ginocchia sottostanti. Mi siedo sul pavimento e mi lascio cullare dai singhiozzi.
Non è facile gestire una situazione che non ti saresti mai aspettato. La vita è davvero crudele, ti mette di fronte a situazioni apparentemente ingestibili. Non so come comportarmi, non so vosa devo fare. Ho paura. Ho paura del futuro. Cosa faró ora senza di lui? Prima avevo una vita, una routine, delle certezze. Ora mi è stato spazzato via tutto e mille domande mi invadono i pensieri.
Mi porto una mano alle labbra pensierosa.
Forse dovrei schiarirmi le idee.

Mi alzo dal pavimento del bagno. Di fretta mi infilo le scarpe, prendo le chiavi di casa ed esco di corsa. Mi dirigo verso un sentiero tranquillo dove poter camminare, cosí posso riflettere su tutto.

Domani ci sarà il funerale di Aaron, il nostro addio.
Guardo l'anellino che porto all'anulare. Avrei dovuto dirgli di si, sposarlo subito. Avrei potuto cambiare le cose. Il senso di colpa si impossessa di me.
Avrei potuto non farlo andare al lavoro quel giorno, proporgli qualche cosa di diverso da fare, cosí non sarebbe successo niente! Avrei potuto sicuramente fare qualcosa, cambiare quelle circostanze! È colpa mia! La rabbia e la tristezza si fanno sentire e comincio a correre. Corro piú forte che posso. Non mi interessa dove sto andando, sono in un bosco e gli albeti a poco a poco si infittiscono, ma non importa. Devo sfogare tutta questa rabbia, tutta questa frustrazione per essere cosí impotente contro la vita.

Poi mi fermo. Ho il fiatone, le gambe che tremano e le lacrime agli occhi.
Mi siedo su una roccia e appoggio i gomiti alle ginocchia congiungendo le mie mani davanti alla bocca. Resto li qualche istante a riprendere fiato. Mi bruciano i polmoni, o almeno credo che siano loro la causa di questo bruciore nel petto. Ma non ne sono sicura, lo penso solo cercando di autoconvincermi che sia cosí.
Abbattuta inspiro e poi espiro profondamente restando in silenzio nella natura.

Resto a fissare gli alberi, le foglie cadute, i fili d'erba secchi che spuntano dal terreno.
Perfino la natura stessa è succube della vita. Ogni vegetale qui nasce, cresce, fiorisce e poi viene abbattuto e lasciato marcire sotto uno spesso strato di gelo. Ma poi incredibilmente in primavera torna a fiorire, dimostrando che la forza di volontà è piú forte delle ingiustizie della vita.
Probabilmente dovrei farlo anche io. La natura è davvero un bell'esempio. La vita mi ha tolto la cosa piú bella che avevo, ma io non le permetteró di vincere, le faró vedere che so combattere e vinceró io alla fine! Ne sono certa! Posso farcela!

Un rumore di un ramo calpestato che si spezza interrompe il silenzio nel bosco.
Mi giro di scatto, guardando nella direzione da cui proviene il rumore.
Sento il cuore che comincia a battere piú forte. Una figura incappucciata che non lascia intravedere il suo volto comincia a correre precipitosamente nella mia direzione. Presa dal panico e dalla paura mi alzo di corsa e scappo nella direzione da cui sono arrivata cercando una strada dove posso trovare qualcuno che mi aiuti. Corro piú forte che posso finchè non arrivo nella strada fuori dal bosco e un paio di macchine mi passano affianco. Smetto di correre guardandomi indietro e non vedo piú nessuno.
Ho il fiatone e il batticuore, ma non mi fermo a riprendere fiato, impaurita e confusa mi incammino verso casa.

Appena entro in casa chiudo la porta a chiave, mi giro, mi appoggio su di essa e mi lascio scivolare giù fino a sedermi sul pavimento. Devo riprendere fiato.
Sono confusa, chi era quella figura nel bosco? Che ci faceva li? E soprattutto cosa voleva da me?
Oppure me la sono solo immaginata? Per quanto ne so dopo ció che è accaduto potrei essere pazza. Dopotutto non ho visto un volto, il cappuccio teneva in ombra il viso di quella persona.
Forse era un cacciatore, era in tuta mimetica, quindi perchè no? Forse è ancora la stagione della caccia.
Non lo so, non pensiamoci piú. Ho bisogno di una doccia.
Mi alzo dopo aver ripreso fiato e mi dirigo in bagno. Apro l'acqua della doccia, mi spoglio ed entro, sperando che quest'acqua porti via con se ogni lacrima triste rimasta impigliata nella mia pelle.

Conclusa la doccia bevo un bicchiere di latte, poi accendo la tv e mi sdraio sul divano. In pochi minuti tutto svanisce, le luci ed i suoni si spengono.

Il mattino seguente mi alzo con un leggero mal di testa, ma lo ignoro. Apro l'armadio e cerdo di mettere qualcosa di piú carino della tuta che ho portato negli ultimi giorni. Mi sistemo un po' di trucco sul viso per sembrare meno pallida, prendo la borsa e le chiavi ed esco di casa diretta al funerale del mio angelo.

Le ore passano in fretta, come le persone che passano accanto alla sua bara per dargli un ultimo saluto. Ci sono tutti i nostri parenti, venuti fino a qui per il suo funerale. Uno ad uno ci porgiamo le condoglianze. C'è chi piange come una fontana e chi invece non da segno di vita nel proprio volto. Io sto cercando di non piangere, ma è difficile. Non sento il cuore battere e al suo posto ho un forte dolore nel petto. Una volta seppellita la bara a poco a poco la gente svanisce.
Una mano si appoggia sulla mia spalla. Elisabeth mi sorride e poi mi abbraccia. Io la stringo a mia volta e cerco di farle un sorriso. Mi sussurra <<Sii forte scimmietta>>, poi mi saluta e si allontana.

Guardo venire verso di me i genitori di Aaron e i miei. Uno ad uno mi abbracciano e io li invito a venire da me . Quindi ci avviamo verso casa.
È piú dura di quanto pensassi, la mamma di Aaron piange in continuazione, ed io cerco di nascondere il mio dolore per alleviare il suo abbracciandola.

Dopo due giorni di tristi sguardi, tristi abbracci e dolci racconti entrambe le coppie di genitori tornano alla loro casa, ed io ripiombo nel silezio di casa mia.

Sono tornata al lavoro il lunedí seguente. La giornata è passata in fretta e mi ha aiutata a non pensare ad Aaron. Ma una volta tornata a casa è stata dura non pensarci. Ho deciso che troveró un modo per tornare a sorridere, ma col tempo, è passato ancora troppo poco tempo per far sparite la tristezza. L'amore che provo per lui è incolmabile e so che lascerá un vuoto permanente nel mio petto, ma sono sicura che col tempo riusciró a gestire meglio le mie emozioni.
Sto facendo la lavatrice e toglendo le cose dalle tasche estraggo anche un foglietto. È un post-it.
"Forse non potremmo stare insieme sempre l'uno con l'altra. Non importa quanto distanti saremo, perchè saremo sempre piú vicini di quello che pensiamo. Ricordati sempre che infondo, siamo sotto lo stesso cielo.
Buona giornata vita mia. Grazie d'esistere, sei la mia Felicità."
Una lacrima mi riga il viso. Poso il foglietto e mi asciugo quella lacrima.
Aaron ha ragione, per quanto distanti saremo, saremo sempre sotto lo stesso cielo e finchè lui vive nel mio cuore sarà sempre con me. Devo essere forte, devo essere forte per lui.
<<Te lo prometto amore mio, lotteró e saró forte per te. Non la daró vinta alla vita che ti ha portato via. Le faró vedere che quando l'amore è vero, è piú forte di qualsiasi cosa, anche piú forte della vita stessa. Vinceremo noi questa volta. Te lo prometto angelo mio>> dissi in un sussurro.

Al tramonto esco di casa e mi siedo sul prato guardando all'orizzonte. Tante piccole luci si accendono piano mentre il sole si nasconde a poco a poco dietro le colline. Un lieve venticello freddo mi accarezza la pelle. Sento il suo profumo nell'aria. È qui con me. Lui è sempre con me.

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