10. Vuoto

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<<mi dica pure>> affermo impaurita. Ho davvero paura di ciò che ha da dirmi questo agente.
<<il signor Aaron ha avuto un incidente stradale, ho trovato il suo numero signorina, tra le chiamate d'emergenza.>>
<<oddio e lui come sta?!>> mi affretto a dire sconvolta. Sto sudando freddo, mi sembra di tremare tutta ma in realtà sono immobile. È come se si fosse fermato il tempo e ogni secondo che passa dalla mia domanda il mio stomaco mi si contorce ed i polmoni non accennano a muoversi.

<<purtroppo non ce l'ha fatta. I paramedici hanno appena confermato il decesso. Mi dispiace tanto signorina. Dovrebbe venire ad identificare il corpo, l'incidente è avvenuto nella strada statale 11, all'altezza del distributore di benzina.>>
<<ah>> è l'unica cosa che riesco a dire con un filo di voce. Mentre tutto si spegne, mentre mi si annebbia tutto. Non capisco più niente. Resto imbambolata, con la mente confusa e la vista che a poco a poco mi si appanna.
<<mi dispiace signorina. Arrivederci>> e conclude la telefonata.

Il silenzio invade l'abitacolo dell'auto. Resto immobile a pensare a quelle parole. "I paramedici hanno appena constatato il decesso". Non può essere vero. Non può!
Sento il cuore che pulsa all'impazzata. Il respiro mi si fa affannoso. Gli occhi mi bruciano e sento le prime lacrime bagnarmi le guancie.
<<non puó...non puó essere vero!>> urlo disperata, come se le grida potessero fare qualcosa per risolvere questa situazione.
<<no, io non ci credo. Dai non può essere reale. È solo un brutto sogno!>>
Continuo a ripetermi queste parole per auto convincermi, ma l'ansia e la paura non se ne vanno. Dopo svariati secondi decido di verificare se sia vero o se è solo un brutto scherzo. Non ci credo, dai, non può essere successo proprio ad Aaron, proprio a noi.

Rimetto in moto la macchina e mi avvio verso la statale. La colonna di macchine è interminabile. Decido di svoltare in un parcheggio di una palazzina, scendo dalla macchina asciugandomi gli occchi e corro verso il distributore di benzina, superando a poco a poco tutte le auto.
Scorgo l'ambulanza e i lampeggianti della polizia. Più mi avvicino e più mi sento lacerare il petto.
Alla fine scorgo la macchina di Aaron e rallento. Mi concedo un secondo per metabolizzare. Resto immobile con la bocca aperta e gli occhi gonfi. Le lacrime si fanno strada tra i miei occhi e scivolano via sulle mie guancie. Riprendo a camminare, e poi a correre.
Arrivo all'ambulanza e vedo la macchina di Aaron schiacchiata sul lato del guidatore. Un furgone affianco ad essa è schiacciato sul muso. A terra c'è un telo bianco che copre una persona. E poi pezzi di lamiera sparsi tutt'attorno sulla strada.
Vedo i paramedici che caricano nell'ambulanza un uomo. Ma le lacrime non mi permettono di vedere bene e in modo nitido di chi si tratti.
Sento una mano sulla spalla. Mi giro di scatto sperando che sia lui.
Ma mi sbagliavo. Un agente sulla cinquantina mi guarda storto.
<<non dovrebbe stare qui signorina.>>
<<sono la fidanzata di Aaron>> riesco a fire con un filo di voce tra le lacrime.
L'uomo si addolcisce <<mi perdoni. È venuta ad identificare il corpo?>>
Annuisco con la testa. Non ho la forza di rispondere.
Il cuore mi batte talmente forte da farmi male il petto.
Ci avviciniamo al telo bianco steso a terra.
L'agente solleva appena il telo per scoprire il viso. Riesco ad inalare l'ultimo respiro. Poi l'agente alza il telo e tutto si ferma.

Sdraiato sull'asfalto freddo, sotto quel telo, c'è proprio lui. Il mio Aaron. Il mio angelo, la mia vita.

Ha gli occhi chiusi, il volto rovinato dall'incidente, le labbra socchiuse. Indossa la mia camicia preferita, e percepisco il suo profumo sopra l'odore del sangue e della polvere.

Non so quanti minuti siano passati, ma non riesco a respirare.
Lo stomaco mi brucia e la pancia mi fa male come se mi avessero tirato un pugno. Sento le orecchie fischiare, la fronte mi fa male, come se avessi un fortissimo mal di testa, poi involontariamente sento le sopracciglia corrucciarsi, gli occhi socchiudersi, gli zigomi alzarsi. E finalmente le lacrime cominciano a scorrere per far scivolare via un po' di quel mare di dolore.
Esplodo e piango piú forte che posso. Urlo, come se potesse risolvere qualcosa. Tutti mi fissano, ma non mi importa, poi abbassano lo sguardo e restano li immobili a contemplare l'asfalto.
Mi abbasso ad abbracciarlo lo stringo, ma il suo corpo è freddo.
Una voragine mi si fa strada nel petto, come un uragano mi rode dentro e mi lascia priva di ogni cosa.

Piango e urlo sul suo petto, vorrei poter fare qualcosa, vorrei poter tornare indietro e salvarlo. Ma ormai la vita me l'ha portato via. E con lui si è portata via ogni pezzetto della mia anima.
Mi alzo a sedere per guardarlo ancora, per guardare quel volto sfregiato. Gli accarezzo la mano in cerca di un segno di vita. La sua pelle gelida mi fa sussultare. Accarezzargli la mano, le dita e non ricevere risposta mi fa provare un dolore lancinante.

Qualcosa mi bagna la fronte, poi il naso ed infine la guancia. Alzo gli occhi al cielo e noto che sta cominciando a piovere.

Resto li col volto rivolto al cielo e la sua mano nella mia. È come se da lassú lui stesse piangendo con me, come se mi stesse dicendo che dispiace anche a lui. Quelle goccioline che mi accarezzano il viso e i capelli assomigliano tanto alle sue mani che mi accarezzano la pelle.
Sento le lacrime riaffiorare e resto li nei miei singhiossi a pregare che sia solo un brutto sogno, che non sia successo nulla di tutto questo, che tornerà tutto normale, che torneró a casa e troveró Aaron che mi verrà incontro stringendomi tra le sue braccia, l'unico luogo dove mi sento al sicuro, sempre.

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