Words are words and when they're yours, I'm listening.

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I tergicristalli ticchettavano con la regolarità del metronomo.

Il riscaldamento era acceso e una leggera nebbiolina s'addensava progressivamente sui vetri. Andreas non aveva detto una parola, m'aveva solamente chiesto il mio indirizzo. Sentivo tutta la pesantezza di quella situazione ed ormai avevo giocato tutte le mie carte.

Ogni tanto si voltava verso di me, come a controllare se ci fossi ancora. Era enigmatico, indecifrabile come un papiro, zitto come un dipinto di Mondrian.

Passammo veloci per Audley Street  e vidi l'Hyde Park corner sfrecciarmi accanto. Se non fossi uscito, qualche ora prima da quella stazione metropolitana, probabilmente non sarei stato questo.
Dicono che le menti regolari e razionali siano attratte e rese sicure dalle forme circolari. Forse era davvero così: alla rotonda per Belgrave, finalmente mi parlò.

«Guarda che non dicevo sul serio. » sempre con le mani salde sul volante, spostò lo sguardo su di me ed ebbi di nuovo quella sensazione di luminosità, originata dai suoi occhi.
«Cosa?»
«Puoi parlare.» rideva.
«Innanzitutto, vorrei che tu spegnessi questo dannato coso.» indicai quel diabolico marchingegno che mi spruzzava aria calda sulla faccia ed Andreas parve divertito.
«Pensavo che la menopausa arrivasse verso i cinquanta, signora.»
«Che ne sai tu delle donne?» avrei tirato fuori tutto quello che avevo accumulato in tanti anni di vita durante quella vitale conversazione; non mi sarei fatto scappare ironia, serietà e leggerezza.
«Perché? Non hai scoperto di essere gay andando con una ragazza?»
Non mi piaceva troppo l'argomento.
«No. Tu come l'hai scoperto?»
«Te l'ho appena suggerito tra le righe. Non mi piaceva, anzi. Mi provocava l'effetto contrario.» rise, ammiccante. «Sono stato sei mesi con una ragazza, avevo sedici anni. Ogni volta che andavamo a letto, si sentiva rifiutata. Ma non ero io; era il mio corpo.»
«Glielo hai detto, poi?»
«Certo! Voleva portarmi da un andrologo. Ho preferito la verità.» lui non era come Robert o come gli altri ragazzi che avevo incontrato quella sera.  «Ho dovuto dirle "ehi senti, a casa con le mie riviste va benissimo", non è questione di medicina.»
«Immagino non l'abbia presa bene.»

Banale, Mica, banale.

«Boh, non troppo, dai. Poteva andare peggio. Era abbastanza intelligente da capire che con l'identità non si scherza.»
Ed ora? Ora avrebbe chiesto come lo avessi scoperto, da quanto tempo, primo bacio, prima volta.

Decisi di prendere in mano la situazione.
«Adesso stai con qualcuno?»

Ma sei impazzito forse?

Mi abbatteva tutte le barriere, persino quella del decoro e della dignità. Ma mi veniva così naturale mostrare interesse. Ci stavo sperando, solo perché ero in macchina con lui, perché mi aveva preso la mano e perché mi stava rivolgendo la parola.

«"Stai" è una parola grossa.» il calore mi inondò il viso ed Andreas si voltò nell'esatto momento in cui la mia bocca si piegò in segno di disapprovazione. «Mi vedo con un ragazzo della mia età ma non è nulla di serio. A vent'anni, del resto, si cerca altro. Sempre con giudizio, ma si cerca altro.»
«Io cerco profondità.» le parole annidate in me sbocciavano con naturalezza, come fiori ignoti e nascituri.
«Non è all'Heaven che devi venire, allora.»
«Andreas.» mi interruppi e lo guardai negli occhi, violentando il mio istinto. «La cerco proprio perché so che non la potrò trovare mai. Allora finisco per adeguarmi agli standard di questo mondo. L'Heaven non l'avevo mai sentito nominare, non sapevo neanche fosse un locale gay. Io ...»
«Oh, Michael, andiamo!»
Eravamo quasi arrivati, avevo la tentazione di dirgli che avevo sbagliato indirizzo, di farlo guidare fino all'altra parte della città per sentire ancora quella sua voce calda e rassicurante.
«Se devi mettere in dubbio quello che dico, non ha senso parlare.»
«Sentiamo, cosa mi stavi dicendo.»
«Non pensavo mi potessero piacere i ragazzi.»
Si era fermato in Bourne street, come gli avevo chiesto.

Maledissi il tempo, che me lo avrebbe portato via; l'attrazione infelice, che è quella fatale; maledissi le cinquanta sterline che mi erano servite solo a mostrare il sedere ai quattro passanti mentre le prendevo e, soprattutto, maledissi i giorni perduti.

«Ti va di parlare?»
«Sì.» non lo avrei più rivisto. «Andreas, ti avverto che potrei essere noioso.» sbuffò, facendomi cenno di andare avanti. Spense le luci ed io arsi ancora. «Ho sempre avuto la percezione di essere sbagliato, da quando sono nato o, meglio, da quando ho avuto la facoltà di comprendere ciò che mi stava intorno. Io da solo funziono benissimo, mi apprezzo anche. Ma sempre quando sono solo. Ma penso che nessuno possa comprendere il peso che ho dentro.
Lo stesso star qui, a parlare con te è per me inutile» un sospiro, da entrambe le parti.
«Ma inutile, non perché sei tu. Anzi, ti ritengo capace e diverso, nel senso bello, capisci?»
«Continua.»
«Io sono programmato in modo diverso, forse. Altrimenti come si spiega questa solitudine?»

"Che vuol dir questa solitudine immensa?"
(G. Leopardi , Canto notturno di un pastore errante dell'Asia)

«Sono asfissiato. Dal continuo vuoto che sento, dal voltare gli occhi quando si parla di prima volta perché io - no - non ne ho avuta neanche una. Asfissiato dal continuo bisogno di conferme e consolazioni di quelli che scivolano e mi trascinano. Quando sono entrato davvero nella mia mente, ho pianto.»
«Non fermarti.» Andreas aveva le mani sulle sue gambe, al lato. S'era tolto la cintura ed era serio.
«Ho pianto perché ho capito immediatamente come sarebbe andata tutta una vita. Il destino di essere l'ascoltatore buono, che tiene tutto dentro, che non parla mai di sé. Un giullare, che deve far tornare il sorriso durante il giorno a chi di giorno lo fa soffrire: non so se sia il mio lavoro. Ma quando sono sotto le coperte, nel mio letto, si materializza lo spettro di una vita sottratta a qualcuno meglio programmato di me.»

Guardai fuori, le lacrime stavano risalendo ed accumulandosi; il nodo alla gola produceva il gusto acido di sangue. Non ebbi il coraggio di voltarmi ma sentivo il fiato di Andreas avvicinarsi piano.
Avvolse la mia spalla con la sua mano rassicurante. Mi baciò la testa, spostando un boccolo dalla mia fronte.
I suoi occhi celesti ripresero vigore. Capii all'istante che era uno di poche parole. In quel bacio c'era tutto l'amore che non volevo e di cui avevo bisogno.

«Vai ancora a scuola, vero? annuii. «A quella qui vicino?»
«Sì.»
«Quando finisci domani?»
«Alle dodici. Che cosa ti serve?»
«Non andare via, ti passo a prendere e ti porto a vedere un posto.»
«Ti aspetterò.» ero tutto un fremito. Stavo per scendere dalla macchina quando mi interruppe, prendendomi la mano.
«Voglio che per questa notte tu non pensi a nulla.»
«Va bene.»
«Prometti.»
Promisi, come un bambino che assicura che farà il bravo. Gli stringevo la mano, aveva provato a divincolarsi ma non glielo avevo permesso. Volevo ancora sentire il suo calore, la sua pelle a contatto con la mia. Immaginai come sarebbe stato bello baciarne ogni lembo a partire dalle labbra. Le guardai e morsi le mie, trattenendo un sospiro.
«Andreas.»
«Dimmi.»

«È tutta la sera che voglio baciarti.»

Riuscii solo ad abbracciarlo forte. La sua testa si poggiò sul mio collo e la mia si rannicchiò nell'incavo del suo. Respirai a pieni polmoni il profumo del suo incarnato mentre la mia mano destra vagava tra i suoi capelli biondi tagliati corti.
Lo feci.
Gli lasciai un bacio sul collo. Forse due. Nulla di bagnato.
In quei baci c'era il mio grazie.

Mi sorrise, mentre mi allontanavo; lasciai l'auto e credetti di poter cadere per il vuoto fisico che la sua assenza mi stava causando.
Quando rientrai a casa, dormivano tutti.
Erano le due del mattino, l'appuntamento con Andreas mi avrebbe dato la forza per lasciare il letto.
Mi diressi in bagno per una doccia veloce. Volevo lavare via ogni traccia, lasciare solo il ricordo del suo bacio sulla mia testa.
Mi insaponai con dolcezza, come se ci fosse stato lui a farlo, lì, accanto a me. Provai tutto il piacere del mondo, con le immagini che correvano una dopo l'altra, come la mia mano.
Una scossa mi percorse da capo a piedi e mi aggrappai alla maniglia per sorreggermi. Non avevo mai provato qualcosa di così intenso.

Non mi sentivo sporco, come accadeva di solito. Stavo bene.

«Sto bene.» lo dissi ad alta voce, senza interlocutore.
Quante volte lo avevo detto anche se non era la verità.

Non c'era altro da fare che vagare sotto le stelle. Del West, di solito.Where stories live. Discover now