Like a bridge over troubled water (I parte)

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Fui svegliato dall'odore del latte e caffè e dei cornetti caldi. Allungai le braccia sulla testa e sgranchii il mio corpo riposato e contento. Avevo dormito con una maglia di Andreas e sentivo il suo profumo sulla mia pelle.

«Hey.» lo vidi là in soggiorno, già pronto con i suoi jeans chiaricci e consumati.
«Ti ho preso la colazione dalla pasticceria qui sotto.» sfoggiò il suo miglior sorriso mattutino e quando mi avvicinai per dargli un bacio sulle labbra, si spostò. «Prima devi lavarti i denti.»
«Dai, non ho l'alito cattivo!» provai più volte a sentire il mio fiato ponendo il dorso della mano davanti alla mia bocca.
«Lo so, ma hai dormito. Regola numero uno!» mi fece l'occhiolino, indicandomi il suo bagno. Mi seguì e prese dal mobiletto bianco uno spazzolino nuovo.
«Grazie.» dissi quando ebbi finito di pulire per bene la mia bocca. «Lo metto il tasca, così non ti confondi.»
«Lascialo lì, ti potrebbe servire altre volte.» avevo ancora quell'aggeggio nella mano, che Andreas avvolse con la sua. «Ora puoi baciarmi.»
Non mi diede neanche il tempo di rispondere –non che avessi altro da dire che frasi di circostanza – e mi spinse contro la parete bianca e libera. Il mio braccio destro era appoggiato sulla parte sinistra della sua spalla; il mio fianco destro, invece era cinto dalla sua mano sinistra, salda e possente come la radice di un castagno. Le altre due erano congiunte attorno allo spazzolino, che tenevamo in alto come la fiaccola della statua più famosa del mondo. Fu un bacio lungo e passionale, intenso come una caduta da cavallo.

«Devi andare a scuola ed io devo lavorare.» mi parlò sulle labbra, mentre avevo ancora gli occhi chiusi e le membra inondate dai prodotti delle nostre reazioni chimiche. «Muoviti.» me lo disse dandomi una pacca sul sedere. Non lo sentii più a reggermi il corpo e spalancai gli occhi quando mi resi conto di stare per cadere.

«Che buono! Di solito io faccio la colazione inglese ma a Beirut, mangiavo cose più simili a queste.»
«Beirut?» mi guardò stupito.
«Oh, scusami. Pensavo di avertelo detto.» con la mano, mi chiese di continuare a spiegare e gli raccontai in due minuti parte della mia storia. «Hai visto? Anche io ho da parlare.»
«Non l'ho mai messo in dubbio.» diede un sorso al suo latte macchiato. «Sul serio, mi dispiace che tu abbia vissuto tutto questo. Penso che la tua persona dica già abbastanza, io non devo aggiungere nulla.»
«La mia famiglia è ancora lì. Zii, nonni e così via. Sono tutti ritornati dopo la guerra.»
«Perché voi siete rimasti a Londra?»
«Mio padre ha un buon lavoro, tutto qua.» Andreas capì che non amavo parlare di quell'argomento così guardò l'orologio e mi disse di sbrigarmi.
«Cosa? Ma se sono le sette!» mi misi a ridere, abituato com'ero a prendermi pochissimi minuti per me. «Ho i libri a casa, diamine!»
«Fila in bagno!» cercai di mostrarmi responsabile, raccogliendo le briciole dal tavolo con attenzione ma Andreas mi bloccò: «Lascia, faccio io.»

** ** **

Andreas aveva parcheggiato la sua mini rossa e bianca in un punto non molto distante dall'ingresso della mia scuola. Avevamo cantato insieme durante il tragitto. Ero io l'addetto alla radio, ma eravamo spesso in disaccordo. Riuscimmo a trovare una canzone da cantare insieme: Bridge over troubled water, di Simon & Garfunkel. Eravamo attenti alle parole e, di tanto in tanto, ci guardavamo negli occhi.

I'm on your side, when times get rough.

M'aveva osservato, tenendo la mano ben salda sullo sterzo e l'altra, sul cambio. Mi aveva fatto cenno di avvicinarmi. «Appoggia la tua mano qui sopra.», aveva detto. Ed io gli avevo avvolto le nocche con la forza e la delicatezza di un giglio. La mia testa era canonicamente appoggiata sulla sua spalla possente. E cantavamo, come due stupidi.
Avevo preso quel che mi serviva da casa, lasciando un biglietto in cui avvertivo di esser passato.
Mica xx, i due baci erano d'obbligo.

Non c'era altro da fare che vagare sotto le stelle. Del West, di solito.Where stories live. Discover now