Le riflessioni sospese, un mattino alle sette

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«I suoi risultati sono pronti.»
Comunicai alla segretaria del dottore che sarei andato a ritirare quelle carte il prima possibile. Però ero in dovere di fare una cosa.

Nei giorni precedenti, avevo visto Michael solo una volta ufficialmente: avevamo mangiato in un pub nel quartiere di  Bayswater e trascorso la serata insieme per le strade di Londra. Ogni tanto ci eravamo presi la mano tra la gente, sorridendoci come due stupidi alle prime armi. Mi aveva chiesto cosa avessi e mi ero visto ancora una volta costretto dalla circostanza a fingere benessere e tranquillità con un falso "passerà". Se avesse saputo in anticipo che lo avrei portato con me in ospedale, avrebbe agito in modo impulsivo. Non mi andava di turbarlo, proprio quando io ero riuscito a raggiungere una totale – o quasi – atarassia. Era stata una bella serata. Anche i nostri baci avevano avuto un sapore diverso. Michael era diventato più cauto e provocatore; io, invece, mi portavo dietro la malinconia di chi cammina solo su una spiaggia, lasciandosi l'alba alle spalle. Ma gli avevo comunicato tutto l'amore che avevo in corpo.
Lo avevo accompagnato abbastanza presto, non perché non mi andasse di passare del tempo con lui ma perché ogni secondo mi spegneva l'entusiasmo.

«Sbrigati a sciogliere questo mistero. Ho bisogno di viverti davvero.»

Mi aveva salutato così, baciandomi il mento e poi le labbra. Ero rimasto ad osservarlo dalla macchina, fino a quando la luce della sua camera da letto non aveva lasciato il posto al mero riflesso del cielo di notte.
Quel contatto era stato fatale per la mia anima in pena che, tornata a casa, non ne voleva sapere di farmi dormire.

Chiamai Michael, nonostante fosse sabato mattina e nonostante fossero le sette. Mi rispose con la voce del sonno, ancora avvolto com'era tra le braccia di Morfeo. Non aveva obiettato più di tanto, anzi. S'era mostrato sollevato ed io continuavo a soffrire come un cane.
La Mini m'aveva fatto qualche scherzetto durante il tragitto ma nulla di non superabile.

Michael mi aspettava fuori. Guardava i fiori del suo giardino avvolto in un'ampia giacca blu scuro, sotto la quale si intravedeva una felpina grigiastra. Le gambe sottili, slanciate e forti erano nascoste dietro un pantalone blu che esaltava le sue belle forme graziose. Quando entrò in macchina, il suo profumo sollecitò le mie narici e lo abbracciai forte.

«Andreas, come mai così presto?»
«Dobbiamo andare da una parte.»
«Dove?»
«In ospedale.» fu subito stupito nel sentirmi pronunciare parole del genere e collazionò in un attimo le cause, le conseguenze e tutti gli esiti dei miei comportamenti, almeno quelli bizzarri, nel senso più spregevole (come ignorarlo), della settimana che ci stavamo lasciando alle spalle.
«Che significa, scusami?»
Non risposi. Quel silenzio tra di noi era completamente disarmante; l'aria leggera pareva un masso di piombo appoggiato sui nostri corpi e la macchina era improvvisamente diventata troppo piccola per contenere tutti quanti i nostri pensieri.

Guardai Michael, che aveva la testa voltata dalla parte opposta, e colsi l'occasione per stuzzicarmi gli occhi e renderli meno lucidi. L'ingresso del Guy's Hospital mi parve più la porta della dannazione e, afferrata la mano di Michael, dissi all'orecchio: "andiamo al terzo".
«Andreas, STI?»
Quello che mi fece più addolorare fu il suo improvviso mollar la presa.
«Amore, ti prego.»

Eravamo in ascensore, da soli. Gli stavo dando le spalle, volutamente. Ma potevo palpare i suoi singhiozzi con la forza dei miei. Mi voltai piano, accertandomi che, nel frattempo, non fosse scivolato in qualche botola, reale o immaginaria, poco importava.
Mi diressi davanti al bancone e vi trovai una donna dalla carnagione scura e dai capelli corti e lanosi. In un modo, mi trasmetteva sicurezza: lei con i suoi occhiali quadrati e la sua divisa perfettamente stirata. Era la donna con cui avevo parlato al telefono. Mi sorrise e, poiché inevitabile mi pareva la mia condizione, non potei fare a meno di vedere in quei suoi denti esposti ed in quelle sue labbra dilatate, un altissimo quantitativo di compassione.

Non c'era altro da fare che vagare sotto le stelle. Del West, di solito.Where stories live. Discover now