Capitolo 2

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"E così mi ha conquistata dopo mille tentativi a vuoto"
Mamma parlava ormai da più di un'ora della sua incredibile e romantica storia d'amore con Ettore, nata all'interno di una libreria come nelle migliori commedie d'amore,  alternando sguardi speranzosi dalla mia parte e sguardi languidi alla sua nuova dolce metà. Vomitevole.
Sembravano due ragazzini alle prese con la prima cotta. Doppiamente vomitevole.
"Tua madre era davvero una testarda di prima categoria, Helena." Continuò lui tenendo con una mano la forchetta e con l'altra la mano super curata e piena di anelli di mia madre.
"Fantastico" Alternavo frasi sconnesse e piccoli cenni del capo mentre spizzicavo con le posate il cibo spostandolo da una parte all'altra del piatto, fingendo un minimo di interesse nell'ascoltare quell'assurdo sproloquio. Sembrava che da un momento all'altro potessero cadere petali rossi giù dal tetto della cucina e che potesse partire una musica così romantica da farmi venir voglia di mettere dei tappi alle orecchie.
"Allora domani mattina inizi il nuovo lavoro qui a Roma? Di cosa si tratta esattamente?" Giulia aveva sempre avuto il dono di salvare le situazioni più imbarazzati e mai come in quel momento le fui grata per quella domanda.
"Si, mi hanno contatta una settimana fa mentre ero a Barcellona per iniziare a scrivere un libro" Le sorrisi caldamente iniziando finalmente a buttar giù un po' della meravigliosa lasagna. Adoravo il cibo e in particolar modo quello italiano che in quei due anni lontano dalla mia terra mi era mancato da morire.
"Che genere di libro?" Intervenne mia madre guardandomi con grande interesse mentre portava alla bocca un bicchiere di Frascati Superiore, da buona intenditrice di vini qual'era.
"A quanto pare un ragazzo, o meglio un cantante, ha deciso di voler riportare su carta parte della sua vita e della sua esperienza in campo musicale. Dunque dovrò cercare di conoscerlo il più possibile in questi due mesi."
"Wow è una grossa opportunità. Sai già il nome di questo ragazzo?"
La discussione iniziava ad interessare tutti o per lo meno così sembrava, dato che fu proprio il compagno di mia madre a pormi quella domanda.
"Stranamente no. Lo saprò direttamente domani" Feci per alzarmi intenta a chiudere lì la discussione e a dare una mano con i piatti, ma la voce tranquilla di mia madre mi paralizzò.
"Ti darà un passaggio Ettore allora, visto che la tua macchina non è qui."
Notando la mia espressione Ettore si affrettò a stringerle la mano e a sussurrarle dolcemente di non correre troppo.
"Questo è decisamente troppo. Vi auguro una buon proseguimento di serata." Sbottai guardando  minacciosamente il volto ancora giovane di mia madre per poi afferrare il cappotto e correre giù dalle scale verso l'ingresso principale. Sentivo i passi di Giulia e le urla di mia madre ma ignorandole attraversai il vialetto di casa.
Dio che serata. Sapevo che quella cena mi si sarebbe ritorta contro e che non avrei retto una sola parola in più. Ma come diavolo aveva potuto? Era come se nella sua testa non ci fosse più nemmeno l'ombra del ricordo di papà. Papà che per noi, per lei, avrebbe scalato una montagna intera. Mi era stato accanto e mi sosteneva come mai nessuno era stato in grado di fare. Come aveva potuto dimenticare il suo sorriso così rassicurante? I suoi grandi occhi verdi identici ai miei. Era surreale che fosse riuscita a superare la sua morte così in fretta. Voleva costruirsi una nuova vita? Voleva amare un altro uomo? Perfetto. Ma io dovevo, anzi volevo, restarne fuori.
Continuai a camminare portando le mani gelate in tasca e fissando le punte delle scarpe per chissà quante ore sperando di scaricare la rabbia e lo stress accumulati. Il cellulare continuava a squillare senza mai fermarsi. Quando mi ritrovai nuovamente di fronte casa era già l'una di notte ed emisi un sospiro di sollievo nel vedere che la macchina di Ettore non era più sul vialetto, il che significava che i due piccioncini erano andati via.
Salendo i tre gradini del porticato girai la chiave nella serratura, sfilai le scarpe e mi diressi piano verso la camera di Giulia.
La porta era socchiusa ed entrando la vidi addormentata sul letto con il telefono in mano e i vestiti ancora addosso. Le tolsi cautamente il telefono dalle mani e sollevai la coperta sul suo corpo. Sorridendo tristemente mi chinai ad accarezzarle i capelli biondi e il viso stanco e sussurrai al suo orecchio poche parole.
"Mi dispiace tanto Giù"
Aprì gli occhi di scatto tirandomi al suo fianco sotto le coperte.
"Non farlo più, non sparire. Mi hai fatto preoccupare così tanto" Singhiozzò stringendomi forte.
"Non lo farò più, promesso" Ricambiai la stretta mettendomi comoda e augurandomi di riuscire a chiudere occhio.

Giulia era l'unica cosa che mi teneva ancora legata a quel posto, forse la sua presenza mi avrebbe dato la forza di affrontare questa nuova esperienza qui.

"Vieni qua e conta i miei respiri." || Marco MengoniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora