Capitolo 7

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Roma quella mattina era illuminata da un sole pallido, mentre per le strade principali vi era il solito via vai di gente. Mamme che correvano cercando di star dietro ai loro bambini, coppie di giovani innamorati intenti a scambiarsi tenere effusioni ed anziani seduti sulle panchine a leggere il quotidiano. Questo scenario mi si presentava ogni giorno davanti agli occhi, eppure non potevo fare a meno di amare tutto di quella città, persino il caos provocato dalle auto e dai taxi.
Avvolgendo meglio la sciarpa intorno al collo, mi diressi in uno dei piccoli bar nelle vicinanze dove ero già stata qualche giorno prima con Marta; era accogliente e si poteva godere di una pace assoluta a qualsiasi ora del giorno. Varcata la soglia notai in lontananza Valeria, una delle mie amiche più care qui a Roma, e sorridendole la raggiunsi.
Ci conoscevamo da tantissimi anni in quanto avevamo frequentato la stessa scuola e la stessa università.
Sotto molti aspetti eravamo davvero diverse, a partire da quello fisico; a differenza mia godeva di due gambe chilometriche che da sempre avevano fatto girar la testa a qualsiasi essere vivente di sesso maschile, mentre i capelli adesso erano stati tagliati in un moderno caschetto castano chiaro intonato ai suoi occhi.
C'era sempre stata per me, così come  io per lei e nonostante i miei due anni a Barcellona eravamo rimaste ugualmente in contatto.
"La mia romana è finalmente tornata in patria" Sorridendo di rimando mi avvolse in uno dei suoi tipici abbracci che tanto mi erano mancati.
"Barcellona non è poi così male dai"
Ordinanammo due caffè aggiornandoci sulle ultimissime novità e ridendo in memoria dei i vecchi tempi.
"Mengoni ti fa disperare?"
Per lei questo argomento poteva decisamente essere classificato come una "novità " e, come previsto, in men che non si dica iniziò a tempestarmi di domande.
"È un ottimo artista, per carità, ma è così arrogante e presuntuoso."
Sorseggiai il mio caffè iniziando a raccontarle tutto ciò che era successo in quell'assurda settimana.
"Non lo facevo un tipo così diretto" Esclamò pulendosi le labbra con un tovagliolino, dopo aver ascoltato sbalordita l'aneddoto della camicia.
Oh eccome se lo è, lo è fin troppo.
Non feci in tempo a risponderle che il rumore tipico del campanellino sopra la porta mi fece restare di sasso. Marco era appena entrato seguito da Davide, suo amico e componente della band.
Ma come diavolo era possibile che ovunque andassi c'era anche lui? Era una maledizione.
Per chissà quale fortuna non si accorse di me e proseguì dritto fino al bancone per ordinare. Era coperto in viso da un paio di occhiali da sole neri e in testa portava un cappuccio di lana, non che lì ci fosse chissà quanta gente dalla quale nascondersi, anzi a dirla tutta era quasi deserto.
Dovetti di sicuro assumere una faccia a sconvolta in quanto Valeria preoccupata iniziò a scuotermi il braccio.
"Helena, che succede?"
Presi un piccolo menù che giaceva sul tavolino accanto al nostro e lo interposi a mò di divisore.
"Non girarti, è appena entrato"
Sussurrando quelle poche parole iniziai a guardarmi intorno con fare cospiratorio. Dovevo sembrarle pazza.
"Ma di chi parli?" Un grosso punto interrogativo aleggiava sulla sua fronte.
"Shh, parla piano stupida" pregai intensamente che non avesse sentito Valeria, non mi andava di incontrarlo durante i pochi giorni liberi che avevo. Già mi toccava sopportarlo ogni giorno.
"Marco, chi sennò? È al bancone a prendere la colazione per la sua truppa"
Dopo aver preso i vari sacchettini e aver pagato i due uscirono ridendo.
Missione compiuta. Non riuscivo nemmeno a crederci.
"Te sei completamente matta! Andiamo dai"
Ci dirigemmo alla cassa chiacchierando del più e del meno quando Valeria esordì "Sai chi ho incontrato ieri?"
Sovrappensiero scossi la testa.
"Lorenzo De Santis, sa che sei qui ed ha iniziato a farmi mille domande. Stravede ancora per te."
"Davvero? E che ti ha det...."
"Mi scusi, credo di aver dimenticato qui uno dei sacchetti"
Oh. Porca. Miseria.
Quella voce arrivò dritta alle mie orecchie facendomi del tutto dimenticare ciò che stavo dicendo.
Perché non avevo sentito il rumore della porta? Da quanto tempo era dietro di noi?
E soprattutto Helena, quanto cazzo sei sfigata da 1 a 10?
Con la solita nochalance Marco si fece largo tra la piccola fila e schiacciando l'occhiolino alla cassiera prese il famoso sacchetto.
Mi passò accanto e dovetti impormi a tutti i costi di sorridere. Sii simpatica e socievole, è pur sempre il tuo capo.
"Pensavo avresti approfittato del giorno libero per scrivere qualcosa. Invece ti becco a perdere tempo in un bar discutendo delle tue avventure o  "contrattempi", come li definisci tu."
Il solito cafone, nemmeno un "ciao".
Un momento. Aveva ascoltato la nostra discussione su Lorenzo e adesso stava alludendo a quel maledetto giorno in cui ero arrivata in ritardo con la scusa di un contrattempo e con la camicia in parte sbottonata? Ma come si permetteva?
Mi rivolse un'occhiata gelida e senza darmi il tempo di replicare prestò tutta la sua attenzione a Valeria che lo fissava adorante e confusa.
"Piacere di averti conosciuta...?"
Fece una piccola pausa in attesa di conoscere il suo nome
"Valeria" Balbettò in estasi.
Era partita per la tangente. Perfetto, si ci metteva anche lei.
"Bene, piacere di averti conosciuta Valeria." Le sorrise caldamente per poi uscire di fretta dal bar.
Prima o poi lo avrei strozzato con le mie mani. Era solo questione di tempo.



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Buonasera a tutti/e, avrei voluto caricare il capitolo ieri sera ma per causa di forza maggiore non mi è stato possibile.
In questo capitolo ritroviamo la solita immensa sfiga di Helena, costretta a trovarsi Mengoni ovunque vada (e chiamala sfiga, vorrei poterla avere io😂)
Fatemi sapere cosa ne pensate, a presto con il nuovo capitolo❤

"Vieni qua e conta i miei respiri." || Marco MengoniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora