Capitolo 12

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Marco's pov

I giorni trascorrevano inesorabili lasciandosi dietro il freddo tipico del mese di Marzo. Le mura sulle varie tonalità del giallo del mio "ufficio", come amavo definirlo, e la luce del sole che penetrava dalle tapparelle quella mattina sembravano accecarmi. Quasi volessero incoraggiarmi a prendere in mano una penna e un foglio bianco per buttare giù l'ultimo dei cinque inediti che avrei inserito nel nuovo progetto.

Invece da ore stavo chiuso lì, sdraiato sul divano in pelle a fissare il soffitto con entrambe le braccia dietro la testa. Proprio quest'ultima, da qualche giorno a questa parte, non voleva saperne di collaborare.
Vagava tra i mille pensieri senza sosta, tanto da provocare emicranie costanti. Ma fra tutti i pensieri uno in particolare sembrava far più rumore degli altri. Non mi dava pace.
Chiusi gli occhi e corsi con la mente a poche sere prima.
Helena.
Quando la vidi sulla soglia della porta pensai fosse solo frutto di un'allucinazione dovuta alla febbre fin troppo alta. Invece era lì davvero. Mi fissava incerta avvolta in un cappotto nero e con i capelli raccolti in una crocchia scompigliata probabilmente a causa del vento.

Quando mi resi conto di cosa ci facesse lì in quel momento maledissi Marta in tutte le lingue del mondo.
"Torno tra poco Marcolì, vado in farmacia."
Si, come no. Traditrice.
Odiavo farmi vedere debole, incapace di badare persino a me stesso. Men che meno avrei voluto che a vedermi così fosse lei. Si sarebbe divertita un mondo a rinfacciarmelo.
A stupirmi non poco fu però la sua determinazione nel voler restare a tutti i costi, nonostante i miei tentativi di dissuaderla. Mi costrinse a mandar giù un minestrore dal colore orrendo preparato da lei, imboccandomi come un moccioso. Non le dissi che in realtà il sapore era decisamente migliore dell'aspetto, piuttosto ci presi gusto nel vederla sbuffare ad ogni mio capriccio. Solo il tintinnio del cucchiaio e il vociare sconnesso della TV a far da sfondo a quella scena a dir poco surreale.

Tornò in cucina senza dire una parola e potei finalmente rilassarmi, tanto da piombare in un sonno leggero e tormentato a causa della temperatura troppo elevata che non accennava a diminuire ormai da ore.
Fu un tocco leggero e freddo svegliarmi. Un tocco così delicato da farmi quasi rabbrividire. Ancora assonnato e con gli occhi chiusi pronunciai parole sconnesse, afferrandole la mano per trattenerla.

Parlami di te.

La febbre mi tirava brutti scherzi, su questo non c'erano dubbi.
Il vuoto che lessi nei suoi occhi mi fece sperare ardentemente che dimenticasse al più presto questa conversazione, o meglio, queste ultime ore.

Dopo qualche esitazione prese posto accanto a me sul letto, con le spalle poggiate alla tastiera e le braccia avvolte intorno alle gambe.
Mi stava lontana.
Non che io volessi o mi aspettassi diversamente, per carità.
Ma quella posizione la faceva apparire piccola e fragile come una foglia. Come se avesse dovuto proteggersi.
Ma da cosa?
Da chi?

Come parte di me aveva già previsto, iniziò a parlare di se con superficialità. Era un osso duro quando voleva e quando si trattava della sua vita; questo lo avevo già capito da tempo. Non lasciava trapelare nulla che non volesse.
Il colpo basso arrivò al momento della sua domanda. La curiosità aveva battuto l'esitazione che, seppur per pochi secondi, era apparsa sul suo volto spingendola a chiedermi della mia famiglia.
Mi sarei aspettato tutt'altro tipo di domanda da un tipetto come lei, magari qualcosa di esilarante sul mio passato che l'avrebbe spinta a prendermi in giro per il resto dei suoi giorni.
Invece con una naturalezza inaspettata aveva mostrato interesse per una cosa per me così intima come la famiglia.
Mi guardava estasiata parlare di mamma e papà, di cosa il loro appoggio aveva significato e significa tutt'ora per me e, mosso anch'io da una strana curiosità, di rimando le chiesi dei suoi genitori. Qualcosa passò come un lampo attraverso i suoi occhi, ma fu così veloce da non riuscire a trovare una spiegazione.
Parlava di loro e del suo amore per la scrittura che, spesso e volentieri, aveva rischiato di incrinare e rovinare il matrimonio. Mi stupì vederla e sentirla nominare suo padre con un'ammirazione così grande.

"Vieni qua e conta i miei respiri." || Marco MengoniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora