28 Capitolo: Mancanze❤

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Era passato un mese e mezzo dal mio ricovero in ospedale. Non ero completamente guarita,ma il dottor Mint mi aveva detto che se stavo a riposo,domani avrebbe potuto benissimo farmi uscire. Non ero ancora fisicamente in grado di affrontare un viaggio,ma per ora mi andava bene così. Non avrei sopportato di stare lì dentro un secondo di più. Gli ospedali, a parar mio,era una vera tortura psicologica. Potevano curarti il corpo,ma non aveva prezzo il fatto di sentirti in gabbia senza poter andare da nessuna parte e non poter fare altro che non fosse il tragitto dalla camera al bagno. E viceversa. Mi sarei trasferita a casa di Amèlie, intanto che John,quello era il nome del caro dottor Mint,avrebbe finito il suo tempo in quest'ospedale prima di trasferirsi a Milano. Saremmo partite con lui. Diceva che in questo modo avrebbe potuto tenere conto delle mie condizioni fisiche e,sopratutto, la mia alimentazione. Azzurra doveva avergli detto quanto cibo poco sano mangiavo durante il giorno. Non potei fare a meno di fare una smorfia. Sicuramente mi avrebbero tenuto a stecchetto con insalate su insalate. Cercai di non pensarci, anche se era difficile non immaginarmi di fronte ad un enorme insalatona che più che mangiarla io,mi avrebbe mangiato più volentieri lei. Rabbrividii. C'erano decisamente molti modi migliori per andarsene. Visto che mancavano poche ore ai miei domiciliari,decisi che il modo migliore per passarle,era sistemare le poche cose che Azzura mi aveva portato dalla mia valigia rimasta ancora a casa sua. Mi avvicinai ai miei pochi vestiti e dopo averli piegati con cura li sistemai nella piccola borsa che Azzurra stessa aveva usato per portarmeli. Poi prendo quello che rimane delle mie cose e le poso lì vicino,sul tavolo,in modo di averli a portata di mano in caso ne avessi avuto bisogno. Poi mi dirigo verso il mio letto e mi sdraio consapevole di non aver nulla da fare. Guardo il mio cellulare, ma non ho nessuna chiamata,nessun messaggio, nessuna notifica. Niente di niente. E così mi addormento semplicemente sognando il bel viso di André.

Mi sveglio tardi. Non riesco a ricordare cos' ho sognato. Ma dal sorriso che ho capisco che doveva essere qualcosa di bello. Socchiudo gli occhi e vedo una figura aggirarsi per la mia stanza. C'è pochissima luce e quindi non riesco a distinguerla bene. Ma non mi sembra affatto familiare. Riconoscerei Azzurra ovunque, mentre i passi di John ho imparato a distunguerli dopo tutto quel tempo. E poi sapevo benissimo che Azzurra stanotte non avrebbe dormito qui con me. Cerco di non muovermi,di non far capire che sono sveglia,ma mi è difficile. Non sono mai stata una brava attrice. Nemmeno da bambina. Cerco di non agitarmi,anche perché tutti continuano a ripetermi che mi fa male,ma è tutto inutile. Proprio non ci riesco. E poi,un attimo dopo,sento di nuovo quella situazione di panico lambirmi il petto. Mi porto una mano al petto mentre il mio cuore accelera. Il respiro mi esce ad ansiti fino che non perdo i sensi sul cuscino.

Mentre riaprivo gli occhi,l'unica cosa che provavo era dolore. Sembrava che me lo avessero iniettato nelle vene,veloce e implicabile. Respiravo male. E la testa mi doleva. La luce mi ferì gli occhi. Ero sempre nella stanza in cui avevo passato l'ultimo mese e  mezzo della mia vita: fu l'unica cosa certa che riuscii a constatare. Le voci che prima avevo sentite vuote e in lontananza,in realtà erano molto più vicine di quanto pensassi. Mi stavano esaminando le gambe e le braccia. E quando le guardai anch'io per vedere che cosa c'era di così importante da guardare, finalmente ne capì il motivo.  Enormi lividi ricoprivano i miei arti. Ma io in quel momento non avevo sentito nulla. Ora invece si.  Un bernoccolo faceva bella vista sulla mia testa. Ma che era successo?
"Signorina.. Due agenti vorrebbero farle delle domande. Se la sente?" mi chiese uno dei medici,voltandosi nella mia direzione.
"Uh..si." rispondo "potrei avere prima qualcosa per il dolore?" chiedo.
"Certo" e mi sentii meglio soltanto quando il dolore iniziò a diminuire grazie all'effetto dell'antidolorifico di poco istanti prima.
"Buongiorno signorina" la voce di un agente mi riscuote dal mio stato di trans.
"Buongiorno" rispondo.
"Mi dispiace disturbarla, ma dobbiamo fare il nostro lavoro." rispose l'altro che poco prima mi aveva solo accennato un saluto.
"Certamente" rispondo.
"Ricorda qualcosa..persone aggirarsi intorno alla sua stanza o qualcosa che potrebbe aiutarci ad arrestare il colpevole.." mi chiese ancora.
"Ricordo che ieri pomeriggio ho inziato a sistemare le mie poche cose in quella valigia. E le restanti le ho lasciate lì dul tavolo poco distanti." dico invocando la mia borsa. E solo ora mia accorgo che è tutta in disordine e che le mie cose sono perlopiù quasi tutte a terra. Cerco di alzarmi e ci riesco con molta fatica. Mi incammino lentamente verso di esse e mentre le raccolgo le esamino per vedere se manca qualcosa. C'è quasi tutto,ma manca il mio spazzolino da denti e la mia sciarpa piena del mio profumo. Mi giro per vedere se da qualche parte ci fossero,ma nulla. Mi rialzo in piedi lentamente e ritorno a sedermi sul letto. Qualcuno mi aveva rubato quelle cose e in più mi aveva picchiata. Ma perché mai qualcuno avrebbe dovuto fare una cosa del genere ? Non riuscivo a capire. Gli agenti mi fissavano in silenzio.
"Mancano due delle mie cose, a meno che non siano cadute qui vicino nella stanza e io non riesco a vederle. Il mio spazzolino da denti e la sciarpa piena di profumo." dico loro.
"E le teneva lì? In quella borsa?" mi chiede la gente che mi ha salutato ler primo.
"La sciarpa nella borsa. Mentre lo spazzolino sul tavolo." rispondo.
"E dopo che ha sistemato le sue cose,cos'è successo?" mi chiedono ancora. 
"Mi sono sdraiata sul letto,ho guardato un attimo il cellulare e mi sono addormentata. E fin qui è tutto normale. Mi ricordo di essermi svegliata molto tardi. Nessuno mi aveva svegliato per la cena. Quando mi sono svegliata mi sono accorta di una figura che si aggirava per la stanza. Ho socchiuso gli occhi nel rendermi conto che non la riconoscevo. Mi è preso il panico e mi sono sentita male. Non ricordo più nulla perché poi dopo brevi ansiti sono svenuta." raccontai.
"Sa dirci qualcosa di più su questa persona?"
"No. Non l'ho vista. Era molto buio." rispondo.
"Faremo controllare la sua stanza." mi risposero e si congedarono.
Rimasta non potei fare a meno di pensare alla mia vita e alla piega che stava prendendo. Quando sarei stata di nuovo con André? Quando sarei stata di nuovo felice? Stranamente,mentre appoggiavo l'ennesima volta la testa sul cuscino, non mi addormentai.

Rimasi lì finché lo squillo del mio cellulare non mi fece sobbalzare. Chi poteva essere a quell'ora? Presi il mio cellulare,ma mi accorsi soltanto dopo di quanto,ormai,fosse ora di pranzo. Era André. Avrei voluto rispondergli, ma che cosa gli avrei detto?
'Ciao amore..vuoi sapere perché non torno ancora? Beh..sono stata operata al cuore. E stanotte mi hanno anche picchiata.' No. Era decisamente fuori discussione. Gli sarebbe preso un colpo come minimo. Nonostante tutto,gli risposi.
"Pronto?" dissi rispondendo alla chiamata.
"Ei amore mio. Come stai?" quanto mi era mancata la sua voce. E l'avevo sentita solo pochi giorni prima.
"Bene..tu?" gli risposi cauta.
"Bene.. Ma mi manchi." la sua voce era dolcissima e triste allo stesso tempo.
"Anche tu amore." gli risposi.
"E allora perché non torni? Sai che è tutto sistemato." mi disse.
"Lo so..ma per ora è meglio di no amore." risposi incerta. Non sai quanto vorrei tornare da te,ma non posso ancora affaticarmi troppo.
"Amore..ti do una settimana. Altrimenti vengo io da te." mi disse categorico.
"Io..mmh..okay. Ci penserò." gli risposi. E continuammo a parlare per un pò. Mi raccontò tutti gli avvenimenti degli ultimi giorni. E io di cose che avevo fatto prima di finire in ospedale. Forse oggi sarei uscita, ma per il viaggio avrei dovuto parlarne con John e Azzurra. Passammo delle ore al cellulare. Gli dissi tutte le cose che avrei voluto fare con lui. Tutti i viaggi. I compleanni. Ogni cosa perché ormai la mia vita apparteneva non più solo a me stessa,apparteneva anche a lui. Lo amavo. Volevo passare la mia vita con lui. Ogni istante. Dovevo partire. Dovevo tornare ad essere completa. Dovevo tornare ad essere felice.
"Amore? Sei ancora lì?" mi riportò alla realtà.
"Si." risposi.
"Mi ami?" mi domandò. Sapeva già la risposta.
"Ti amo." gli dissi.
"Ti amo anche io" mi disse.
"Ciao amore." dissi.
"Ciao" sentii prima di chiudere. Sospirai mentre posavo giù il cellulari mentre un Azzurra preoccupata aveva appena spalancato la porta della mia stanza  ei si era diretta fi corsa verso di me,seguita da John.

Io e te per sempre noi (?) ❤Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora