Capitolo 2.

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NELLA FOTO: JOAN.

Mi chiamo Joan, ho diciassette anni, vivo a New Orleans, e sono fiera di questo.
Sono una ragazza complicata, molte persone non riescono a capirmi, anche se penso che in realtà, nessuno ci abbia mai provato davvero ad entrare nei miei pensieri, forse ci vorrebbe un Edward Cullen.... Beh, non solo per quello, naturalmente.
Sono anche estremamente lunatica, strana, maleducata e più di tutto stronza e menefreghista. Ma ho avuto una vita piena di guai, ognuno col suo viaggio, ognuno diverso, ma comunque difficili da dimenticare.
Mi sono cresciuta da sola, e il risultato é che sono una calamita per le cose sbagliate. Sbagliate e perse.

"Porca puttana, la vuoi smettere di lasciare in giro la tua roba?!" Sento mia madre urlare dall'altra stanza.
Mia madre è sulla cinquantina, alta, capelli neri come la pece, ossessiva e poco, ma davvero molto poco, comprensiva.
"Lasciami in pace, ho bisogno di dormire" urlo sbattendo la porta.
Dall'altra parte silenzio tombale, che a dire la verità mi sorprende perché di solito non la smette di urlare per un periodo che mi sembra infinito.
Avvolta nel mio piumone mi addormento.

Quando mi sveglio sono le nove, prendo il telefono e vedo quaranta chiamate perse da Charly, la mia migliore amica. Mi affretto a richiamarla e dopo tre squilli mi risponde "Cosa diamine stavi facendo si può sapere? Non ti ho più vista dopo le sei del mattino!"
"Mi sono addormentata con degli amic..." Non faccio in tempo a finire, che lei replica furente "Quali amici Joan? Tu hai bevuto come una spugna e scommetto che non ricordi cosa hai fatto!"
A quel punto, stufa delle prediche, comincio ad urlare "Ma si può sapere cosa volete tutti? É la mia di vita, non la vostra!
E poi coerente Jasper che prima mi dice di non bere e poi le condizioni in cui l'ho trovato erano tutto fuorché quelle di una persona sobria. E tu, scommetto che tu, hai fatto ben di peggio! E adesso scusa ma torno ad ubriacarmi, così, per dimostrarti un altro po' chi è che decide della mia vita."
Interrompo la comunicazione senza aspettare una risposta.

CHARLY'S POV
Joan sta peggiorando, la sua ostinazione nel cavarsela da sola e nel rifiutare qualsiasi tipo di aiuto la sta rendendo cieca e non le sta facendo bene.
Non so come aiutarla, e ultimamente la situazione sta diventando pericolosa.

Cammino fino a raggiungere il nostro parco, mio e di Joan, da bambine giocavamo qui, con i miei cani e ci nascondevamo da sua madre, che é sempre stata un po' sfasata.
Mi siedo su una panchina, e solo allora mi accorgo della sua presenza dritta di fronte a me: si sta dondolando su un'altalena, lentamente, assopita nei suoi pensieri.
Cazzo, è sempre più magra e sbattuta, e le sue occhiaie si fanno evidenti, mi chiedo cosa le passi per la testa, ma l'unica immagine che mi appare é quella di un mare in tempesta, che porta ai confini del mondo, confini che non posso raggiungere.

JOAN'S POV
Sto fissando una falena che svolazza nei paraggi, sono fatta, e mi sto facendo un mega viaggio mentale su di lei. Ma qualcosa mi distrae e mi riporta alla realtà. Alzo gli occhi, e noto che Charly é a pochi metri da me, seduta su una panchina, con uno sguardo patetico.
Prova pena per me, ne sono certa.
Ma pena per cosa?
A scuola sono popolare, quanto lei, se non di più, ho tanti ragazzi che potrei venderli al mercato, due al prezzo di uno, ho tutto quello che una ragazza della mia etá possa desiderare, o quasi.
Sto per urlarle di andarsene, ma lei precedendo la mia mossa, -merda se mi conosce-penso, comincia a parlare scusandosi per quanto successo due giorni prima.

Decido di perdonarla e di lasciare perdere, almeno per il momento.
Così ci avviamo verso down town, dove imbocchiamo Bourbon street e ci fermiamo nel bar di fronte a casa sua.
Qui incontriamo Jasper, in compagnia dei soliti Sean, Trevor, Harry e, e non ne ho idea. Chi diavolo é quello? Un ragazzo mai visto prima, completamente vestito di nero, é seduto nell'angolo del tavolo, e sta fissando un quadro che ritrae una barca abbandonata, in riva ad un mare invernale.
Ci metto un po' a ricordare, ma ne ho una copia identica in camera mia, perché è la mia stampa preferita, di Cousteau.

Jasper accorgendosi della mia faccia interrogativa, quasi sprezzante, si schiarisce la voce e ci presenta "Joan e Charly lui é Dorian, Dorian loro sono Joan e Charly".
Il ragazzo, dopo essersi preso qualche secondo ancora di riflessione personale sul quadro, si gira e senza dire una parola si alza, ci guarda velocemente, lascia una banconota sul tavolo, e se ne va.

Sorrido vedendo la faccia interrogativa di tutti, ma non dico una parola, non mi interessa.
Charly però comincia a fare domande su questo Dorian, e in risposta riceve solo un avvertimento "Si dice che sia un pazzo, e che sia stato in un manicomio, e che dopo aver lasciato un pipistrello morto sul suo letto, come regalo d'addio, sia fuggito" prende parola Trevor. "Meglio stargli alla larga" aggiunge quell'idiota di Harry, ma smette subito, intimorito dal mio sguardo.
Odio Harry, é un parassita piú che una persona, non mi piace, e non lo nascondo. Ha una faccia da ebete, ma lo sguardo furbo di chi ne sa più di quanto non voglia far credere.

Dopo altri pettegolezzi la serata finisce tranquilla e io mi dirigo verso casa, dove trovo mia madre, che come al solito sta sbraitando per qualcosa di inutile. Così la ignoro, mi faccio una doccia, e mi butto sul letto, prendendo subito sonno.

NELLA FOTO: CHARLY.

NELLA FOTO: CHARLY

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Fuoco dentroWhere stories live. Discover now