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Sulla via di ritorno per la casa di Calum, l'intera atmosfera della vettura fu piena di tensione. Tristezza e rabbia.

Non vi era nemmeno la radio accesa. Michael era avvolto in un silenzio arrabbiato per tutto il tempo e sembrava pronto a prendere a pugni qualsiasi cosa da un momento all'altro. Calum aveva un'espressione ansiosa e colpevole dipinta sul suo viso e teneva lo sguardo fuori dal finestrino del passeggero. La mia testa era posata contro il finestrino, preoccupata per quello che ci sarebbe successo.

Era chiaro che d'ora in avanti nulla sarebbe stato facile, ma dovevamo andare avanti in un modo o nell'altro. Dovevamo fare quello che ci toccava anche se qualcuno di noi si sarebbe fatto sicuramente male e Michael sarebbe stato ucciso.

Ero così assorta nei miei pensieri che, non mi ero accorta che avevamo lasciato quel locale già da un quarto d'ora e improvvisamente eravamo ritornati in città, l'Hummer si fermò davanti al grande edificio.

Il sole iniziava a salire quando arrivammo ed era chiaro che eravamo stati tutta la notte in macchina solamente per tornare. Eravamo esausti e mi fece arrabbiare pensare che non avevamo neanche riposato per niente. Mi fece arrabbiare pensare all'egoismo e codardia di Ashton Irwin. Ero uno stronzo con cui avevamo sprecato il nostro tempo.

Tutti noi uscimmo dalla macchina ed entrammo nella vivace hall del palazzo con i residenti che uscivano già dagli ascensori e correvano fuori dalla porta per raggiungere le loro destinazioni. Tutta la città era sveglia, tutti tranne me, Michael e Calum. Avevamo bisogno di riposo.

Dopo la corsa in ascensore, camminammo in silenzio lungo il corridoio e nell'appartamento di Calum. Quest'ultimo immediatamente si tolse le scarpe e percorse il corridoio e la sua stanza, per poi chiudere la porta sbattendola. Michael, invece, si diresse verso il divano, gettandosi sopra e coprendosi gli occhi con il braccio e velocemente, il suo respiro si fece lento e costante. Stava già dormendo.

Io, invece, rimasi in piedi nel salotto, incerta su cosa fare. Non capivo come Michael si fosse addormentato così velocemente considerando che la sua vita era a rischio. Ero esausta, ma sapevo che prendere sonno non sarebbe stato così facile.

Ma decisi di provarci comunque, e mi diressi verso la camera degli ospiti, togliendomi la giacca e le scarpe e sdraiandomi in cima alle coperte, fissando il soffitto bianco. La camera non era così buia dato che la luce del sole trapassava tra le fessure  delle tende che coprivano le finestre. Gli uccelli cinguettavano e il traffico esterno si sentiva, soffocato, anche se la finestra era chiusa.

Sospirai esasperata, tutta la frustrazione che avevo addosso mi faceva male, avevo già cominciato a sentire freddo. Nella mia pelle iniziarono a formarsi i brividi, finchè il tremolio non diventò più insistente. Chiusi gli occhi, cercando di ignorare il tutto e mi focalizzai solamente sul mio respiro.

Avevo bisogno di dormire, ma un ricordo fastidioso però, si fece vivo nei miei pensieri. Cercai di scacciarlo via tentando di addormentarmi.

Mi ci volle un po', ma in qualche modo, riuscii ad addormentarmi.

Stavo camminando tra boschi con gli alberi dall'alto fusto simili a quelli della notte in cui io e Michael scapammo da Scarlet. Era chiaro che era pieno pomeriggio, a causa del cinguettio degli uccelli in lontananza, ma la chioma di foglie degli alberi bloccava la luce del sole che cercava di filtrare attraverso i rami.

Era così buio, che era quasi impossibile vedere dove mettere i piedi. Continuai a camminare, era l'unica cosa che la mia mente mi diceva di fare. Non so perché, ma stavo obbedendo fino a che non raggiunsi una radura.

Una  grande radura, circondata da alberi ad alto fusto, eccetto per la figura che si trovava nel mezzo. Strinsi gli occhi sulla figura, finchè tutto divenne silenzioso, diventando tutto buio. Così buio che riuscii a malapena a distinguere la sagoma della figura che si trovava in mezzo.

INFLAME  || Michael CliffordDove le storie prendono vita. Scoprilo ora