Capitolo 10: Mostro

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La notte mi parve senza fine, gli incubi mi tormentavano, il ricordo di lei mi lacerava il cuore, il sudore mi scendeva freddo dalla fronte, avevo i brividi in tutto il corpo, mi sentivo stranamente freddo, come un corpo morto, esanime, come se con lei fossi morto anche io, e ogni volta che chiudevo gli occhi mi appariva difronte, sorridendomi, con i capelli corvini accarezzati dal vento e poi mi veniva portata via, senza che potessi fare nulla...ogni volta la stessa immagine, sempre lo stesso incubo, ancora e ancora e ancora, credevo di impazzire -o forse lo ero già-; la solitudine del deserto non aiutò molto...senza di lei mi sentivo perso, vuoto, morto, mi agitavo compulsivamente nella mia branda finché il dolore non divenne insopportabile e in quel momento cedetti: sfoderai uno dei coltelli argentei di Noemi -ero riuscito a recuperarlo poco prima di essere catturato- e iniziai a incidermi le braccia sempre di più, sempre più in profondità, finché il sangue purpureo non ricoprì completamente i miei tatuaggi. Le ferite tuttavia non duravano molto -noi cacciatori ci curavamo in fretta ma il mio nuovo stato di Demone doveva aver potenziato il fattore curativo- perciò ogni volta che un segno si richiudeva ne riaprivo uno ancor più profondo, fino a toccare l'osso, in preda a una specie di isteria.

Infine, stremato, lasciai cadere la lama sulla fredda sabbia bruna e, inginocchiatomi, mi misi a fissare la mia macabra creazione: i tagli erano talmente tanti, talmente profondi che nemmeno il fattore cura riuscì a sistemare le cose; alla vista di quell'orribile peccato mi venne da vomitare, poi, per la vergogna, tirai fuori dalla mia borsa delle bende molto spesse e iniziai a fasciarmi le braccia, fino al palmo della mano; le strinsi forte, le bende, e mentre stringevo queste si impregnavano del mio sangue, il sangue di un peccatore -non le avrei mai più tolte quelle bende, nessuno più avrebbe visto i miei tatuaggi-.

Compiuto il misfatto, stremato, crollai a terra e finalmente riuscii a riposare fino all'alba, per il resto della notte non sognai più nulla, non pensai più a nulla, mi facevano compagnia solo il silenzio di quel deserto e l'acre odore del mio sangue che ancora, inesorabile, colava.

Il mattino seguente mi alzai di soprassalto, speravo che quello che era successo durante la notte fosse solo un terribile incubo, purtroppo rimasi deluso; svogliatamente mi rimisi la camicia, badando di coprire con le maniche le bende insanguinate e mi infilai i miei fedeli anfibi, quando però tentai di prendere la falce che avevo appoggiato sulla moto -ahhh cavolo che sbadato, ho dimenticato di dire che avevo ripreso la moto prima che si facesse notte da dove l'avevo lasciata- accadde qualcosa di straordinario: avvicinando la mano l'arma si fece prima incandescente e poi si mutò in un soffio di fiamma che mi risalì il braccio fin su sulla schiena e li si fermò, rimasi basito, rintontito, fermo con il braccio teso e la bocca spalancata, infine rinunciai a capirci qualcosa e mi misi in marcia verso il rifugio degli Eretici.

Giunsi sul luogo dopo qualche ora di viaggio, sempre più ansioso, "mi avrebbero accolto di nuovo? Si sarebbero spaventati? Mi avrebbero scacciato?" queste erano le domande che mi tormentavano, ma ormai ero deciso, dovevo affrontare le conseguenze delle mie azioni.

Non appena spensi il motore Dante uscì a controllare chi fosse arrivato, <<Chi va là? Come conosci questo posto?>> <<Sono io Dante, sono Caleb, sono tornato a casa>> <<Non è possibile, tu non assomigli a lui, hai solo la sua moto, dove l'hai rubata, e lui dov'è?>> <<Dante, te lo posso assicurare, sono io, sono solo...cambiato>> <<Allora dimostralo>> a queste parole sfoderai nuovamente il pugnale della Corva e glielo lanciai <<Se non fossi veramente chi affermo di essere non potrei sapere che quel coltello apparteneva a Noemi Crow>> Dante rimase a bocca aperta, stupito. Dopo qualche istante uscì anche Izzy urlando <<Chi è che viene a rompere a quest'ora del mattino?>> Dante, senza neppure ascoltarla le passò la lama <<Questa è di Noemi?>> le chiese, quella annui, poi cadde un lungo silenzio; <<Quindi sei davvero tu Caleb...che ti è successo? E Noemi dov'è?>>, tirai un lungo sospiro e iniziai a spiegare tutto l'accaduto: l'assalto alla cattedrale, la morte di Noemi, il mio patto...alla fine il ragazzo abbassò lo sguardo mentre Izzy mi sferrò un fortissimo pugno proprio sotto l'occhio e poi mi abbracciò cadendo anch'essa al suolo. <<Mi dispiace, non sono riuscito a proteggerla, ho fallito, sono un fallito e ora ho dannato la mia anima per mera vendetta>> <<Lei è morta perché credeva in te, perché sapeva che saresti stato in grado di cambiare le cose, hai un grande potere Caleb, spetta a te scegliere come usarlo>> replicò la ragazza accarezzandomi i capelli, poi tornammo dentro, era più sicuro per tutti.

Parlai a lungo coi due, soprattutto di Vendetta e della mia decisione di vendicare Noemi, inizialmente cercarono di farmi desistere, ma poi, col tempo, rinunciarono; <<Se lo devi fare, fallo in grande stile>> mi disse Izzy sorridendo <<Ti daremo dei nuovi vestiti, qualcosa di unico, qualcosa che farà tremare di paura chiunque ti incontri>> continuò Dante, <<Grazie ragazzi, grazie davvero, non sarei qui se non fosse per voi, vi devo tutto, e vi prometto che non fallirò, non questa volta>> <<Sarà meglio per te piccolo idiota, perché se torni da sconfitto ti rompo ogni osso del corpo>> mi disse la giovane donna sogghignando e il fratello si mise a ridere per l'imbarazzo.

<<Scusate ragazzi, ora vorrei tornare nella mia stanza, per l'ultima volta, ho bisogno di raccogliere tutte le forze>> <<Va' pure>> disse Dante <<quando sarai pronto facci sapere>> << Grazie mille ancora>> e me ne andai.

La stanza era come me la ricordavo, sul tavolino c'era ancora la lettera che avevo scritto a Noemi; rimasi lì, in silenzio, a fissare la sua foto, per ore e ore, finché inaspettatamente non sbucò fuori Evelin <<P-posso disturbarti?>> <<Certo, entra pure>> le risposi e lei continuò <<so che è maleducazione origliare ma non sono riuscita a resistere...mi dispiace per Noemi, era tanto buona quella ragazza>> <<Non ti preoccupare, ora è in un posto migliore, senza guerre o inutili stragi>> a queste parole la piccola mi abbracciò e solo in quel momento mi accorsi che appesi al collo portava i miei occhialoni, <<E questi?>> <<Gli occhiali? Me li ha dati Noemi prima di partire...li rivuoi?>> <<Nahhh ora sono tuoi, puoi tenerli>> la ragazza mi sorrise e mi strinse la mano fortissimo, io rimasi stupito da ciò <<Non dovresti starmi così vicino Eve, non ti hanno insegnato che è meglio stare alla larga dai mostri?>> <<ma tu non sei un mostro Caleb...ho letto la tua storia, so quello che hai passato, e tutto sommato mi hai portato via da quella Chiesa corrotta che per molto tempo ho chiamato casa...Caleb, tu sei più di quello che credi, anche se il tuo potere viene dal male, non significa che tu sia il male....io...io penso di essermi davvero affezionata al ragazzo che mi ha sparato..insomma in questi giorni senza di voi mi sono sentita persa...voi mi avete salvata, voi mi avete portata qui...voi mi avete resa davvero libera...grazie>> a quelle parole la piccola scoppiò a piangere e si nascose tra le mie braccia, io feci per stringerla e quando la mia mano sfiorò la sua nacque una piccola scintilla, non so cosa fosse, ma non mi interessa saperlo...Noemi aveva ragione: quella ragazza avrebbe salvato la mia anima.

CALEB'S INFERNODove le storie prendono vita. Scoprilo ora