Capitolo 3: Custode

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Due anni... due anni passarono da quel giorno, e dopo un'infinità di sacrifici e sofferenze ero finalmente pronto a diventare un Chierico a tutti gli effetti. Durante tutto quel tempo ero divenuto sempre più forte, sempre più abile, sempre più invincibile; tutte le mie paure erano semplicemente sparite; pian piano, nel corso di quell'estenuante allenamento, sentivo di starmi avvicinando a ciò che avevo imparato a disprezzare, ma non mi importava, finalmente era giunto il giorno in cui entravo veramente a far parte della Chiesa.

La cerimonia di "passaggio" -così la chiamavano- si svolse in tarda mattinata, sotto il sole cocente di quel maledetto deserto, e vi presero parte tutti i Chierici della Chiesa, tra cui anche Gascogne e Mark. A ognuno di noi cadetti venne conferito, dal proprio maestro,un pezzo di tessuto bianco finemente lavorato, con rifiniture in porpora rappresentanti il simbolo della Chiesa della Cura, una fenice in fiamme che risorge dalle ceneri; ci venne semplicemente detto di tenerlo sempre con noi, così da poter essere riconosciuti.

Nonostante i due anni di duro lavoro rimanevo comunque la testa calda che ero nel piccolo paesino in cui ero cresciuto, e finii per non ascoltare nemmeno una singola sillaba del enorme monologo che il Chierico Anziano -la guida spirituale dei Cacciatori della Chiesa, un vecchio con una barba foltissima e canuta e ormai divorato dalla calvizie; nonostante ciò imponente e vigoroso- ci aveva rivolto. Mi accorsi che la cerimonia era finita solo quando tutti i Chierici se ne andarono e Gascogne mi venne incontro urlando <<Passa il tempo ma tu non cambi mai, immagino tu non abbia ascoltato nulla, vero Caleb?>> io, conscio della mia colpevolezza, abbassai lo sguardo e soghignai; << è proprio per questa tua indole a distrarti fin troppo spesso che ti ho affiancato uno dei cadetti modello per i tuoi primi lavori da Chierico indipendente...non voglio rischiare che tu fallisca la missione perché ti perdi nei tuoi pensieri>> <<Ma io...non.....>> non feci nemmeno in tempo a ribattere che da dietro l'enorme mole del mio maestro sbucò una ragazza, <<Lei è Noemi, è stata soprannominata La Corva, per la sua abilità e ferocia nel combattimento, vedrai che farete amicizia>>; io non emisi un fiato ma rimasi quasi incantato a osservarla, era bellissima: i capelli corvini e lungi, fino alle spalle, leggermente mossi verso il loro termine, i suoi occhi erano del color del ghiaccio, profondi, penetranti, quasi capaci di scrutarti nell'anima;in viso aveva stampato un sorriso a metà tra la felicità e l'imbarazzo - e vorrei ben dire, si era trovata davanti un idiota che la fissava senza parlare-; stranamente il suo fisico non sembrava aver risentito, al contrario del mio, del duro allenamento ed era rimasto quello di una ballerina di danza classica, il tutto avvolto in un enorme cappotto decorato con delle piume di corvo; era magnifica. <<Di qualcosa, idiota>> mi sussurrò Gascogne a denti stretti, <<ehm s-salve, io s-sono Caleb, Caleb Jones,per me sarà un piacere prestare servizio con te>>, subito dopo io e il mio maestro ci scambiammo un'occhiata di intesa e entrambi ci fissammo sulla ragazza in attesa di una risposta,<<Lo è anche per me Caleb, dicono tu sia davvero bravo>> Gascogne scoppiò a ridere e io gli rivolsi un'occhiata raggelante mentre alla ragazza scappò una risatina; ci guardammo per qualche secondo negli occhi e poi lei si girò e mi accennò un saluto con la mano, io ricambiai imbarazzato e mi allontanai dalla parte opposta con il mio maestro.

Nei giorni seguenti non ci furono incarichi, perciò io e la mia nuova collega passammo il tempo girovagando per l'abazia, e più passava il tempo, più mi sembrava di conoscerla da una vita; scoprii che abitava non troppo distante da casa mia e che fu costretta a diventare Cacciatrice date le precarie condizioni di salute del fratello maggiore, mi raccontò poi che il suo soprannome lo aveva ricevuto in eredità dalla madre -lessi negli scritti della Chiesa che la madre di Noemi era tra gli allievi diretti del Chierico Anziano- come ricevette anche il cappotto. Iniziavamo ad andare veramente d'accordo noi due, ascoltavamo la stessa musica, ci piacevano gli stessi film, e anche lei, come me, era affascinata dalle moto...insomma eravamo la coppia perfetta, sentivo di potermi fidare completamente di lei, non solo in missione, ma anche nella vita "comune".

Due settimane dopo il nostro fatale incontro arrivò la chiamata per la nostra prima missione, ero ancora a letto mezzo addormentato quando squillò il cerca-persone -ce ne avevano dato uno così da poter essere sempre reperibili, senza doverci cercare per tutta l'abazia-mi sveglia di soprassalto, mi vestii il più velocemente possibile emi armai, una rapida occhiata allo specchio per sistemare gli occhialoni sulla testa e via di corsa verso il centro di comando.Giunto lì trovai Noemi e Gascogne sulla porta, scambia uno sguardo di intesa ed entrammo; ci venne comunicata la missione: una grossa belva si aggirava per le strade di un piccolo borgo vicino, bilancio delle vittime: 6, massima priorità. <<Sissignore>> urlammo a gran voce io e la mia compagna e ci avviammo di corsa all'uscita dove ci aspettava la jeep che ci avrebbe portato sul luogo. Io mi sentivo il cuore in gola e non riuscivo a smettere di sorridere, stavo finalmente per mettere in pratica quello che avevo imparato e non vedevo l'ora di farlo; Noemi invece era stranamente silenziosa, con lo sguardo rivolto verso il terreno, le afferrai più volte il braccio chiedendole con gli occhi cosa avesse, ma ogni voltasi scostava e continuava a camminare.


In dieci minuti arrivammo sul punto caldo, durante il viaggio nessuno di noi emise una parola, si sentiva solo il rumore del motore della macchina a pieno regime. Scendemmo di corsa e l'autista se ne andò per motivi di sicurezza, con la promessa che sarebbe tornato a prenderci non appena lo avessimo chiamato dal cerca-persone; io mi guardai intorno e percepii l'acre odore del sangue di Belva, mi riempì le narici, tanto che accennai un colpo di tosse, passai quindi la mano sulla fondina della pistola e tolsi la sicura per poi impugnarla e puntarla dritto davanti a me; Noemi invece se ne stava lì, quasi nascondendosi in quell'enorme cappotto, decisi perciò di prenderla per mano e tirarmela dietro, sentivo che l'abominio era vicino e non potevamo restare fermi. Iniziammo a vagare per le stradine del paese, finché dopo un incrocio, nel giardino di una vecchia casa in legno avvistammo il bersaglio intento a sbranare un cadavere; era una bestia maestosa, simile a un lupo ma almeno tre volte più grande, con il pelo bianco insozzato di sangue e interiora, le fauci lunghe e affilate ancora grondavano di bava e con immensi artigli ricurvi tratteneva il pasto. Non appena la vide Noemi emise un gridolino, appena accennato ma abbastanza da far notare la nostra presenza, mi girai velocemente verso di lei per tapparle la bocca ma quando mi rigirai le fiera se n'era andata, poteva essere ovunque; impugnai Nemesi e iniziai a esaminare l'ambiente attraverso il mirino del mio fidato revolver...niente, da nessuna parte. Poi un urlo, mi girai e vidi che Noemi era rimasta indietro e fissava immobile la bestia che si era inerpicata su un tetto, non potevo aspettare oltre, mi gettai verso la ragazza lasciando cadere la nera lama che tenevo nella sinistra, la Belva allo stesso modo si lanciò su di lei, feci appena in tempo a scostarla che la belva mi lacerò il braccio destro con i lunghi artigli - se non fossi intervenuto probabilmente quella sarebbe stata l'ultima missione per Noemi-;sentivo il sangue che grondava dalla spalla sino alla funta delle dita, mi ritrovai faccia a faccia con la belva, con lo sguardo fisso l'uno nell'altro, fermi lì, a studiarci; mi passai la pistola nella mano sinistra e non appena feci per alzare il braccio l'enorme lupo scattò verso di me...in quel momento buio, non vidi più niente, il mondo si era fermato, sentivo solo i singhiozzi della ragazza in lacrime alla mia sinistra, poi quattro colpi e la bestia cadde a terra a qualche centimetro dai miei piedi, ero riuscito a prenderle l'occhio, soprattutto ero riuscito a premere il grilletto.Immediatamente mi girai verso Noemi e la vidi lì, a terra, con la bocca aperta, incredula, con i capelli che le correvano disordinatamente davanti al viso e il trucco che le colava dalle guance; poi crollai in ginocchio, mi ero completamente dimenticato della mia ferita, lei si gettò subito addosso a me e con la sua cintura improvvisò un laccio emostatico, poi si strinse forte a me,io me la strinsi al petto con il mio braccio buono, rimanemmo per qualche secondo in silenzio per dal nulla: <<Mi dispiace, mi dispiace davvero che ti sia ridotto così per me, non so cosa mi sia preso, mi sono bloccata, non riuscivo a muovermi per la paura, in quegli occhi...in quegli occhi ho rivisto....mio Dio>> e scoppiò di nuovo a piangere, io la strinsi ancor più forte, lei si tranquillizzo e mi spiegò che suo padre era stato contagiato dalla piaga anni prima e si era trasformato in Belva, l'avrebbe divorata se la madre non fosse intervenuta e che la mattina stessa aveva ricevuto una lettera dalla sorella minore, sembrava che il fratello avesse contratto il morbo.

<<Sta tranquilla, ci sono qui io>> iniziai guardandola negli occhi << non dirò a nessuno di quello che è successo oggi e ti aiuterò a trovare una cura per tuo fratello,vedrai che si risolverà tutto, ma ora ho bisogno che tu sia forte,sei una Cacciatrice e soprattutto la mia compagna, non ti preoccupare, ti proteggerò io da ogni pericolo...io sarò il tuo custode>> La ragazza mi guardò fisso negli occhi e si strinse forte a me. E rimanemmo in quella posizione, io seduto sull'erba di un anonimo giardino e lei seduta sulle mie gambe abbracciata a me,finché non arrivò l'autista per riportarci a casa.

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