CAPITOLO 2

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C'era freddo e aveva cominciato a nevicare, cristalli senza peso cadevano in quantità sempre maggiori coprendo la terra con uno strato bianco gelido e candido. L'oscurità, di contorno, sembrava illimitata. Il posto dove stava andando era decisamente isolato, camminava lento lasciando solchi profondi nella neve fresca. Il mandante aveva scelto il posto e l'ora, lui aveva svolto il suo compito e voleva solo ricevere quanto pattuito. Svoltò l'angolo e dall'oscurità emerse l'insegna luminosa del pub che stava cercando, finalmente era arrivato, quel gelo gli stava penetrando fin dentro le ossa. Entrò nel locale. Subito fu accolto da un'ondata di caldo afoso e dalle note di una vecchia canzone jazz, si guardò intorno in cerca dell'uomo che doveva incontrare. Ci mise qualche secondo ad individuarlo seduto ad un tavolo ad angolo che guardava nella sua direzione. Lo raggiunse e si sedette di fronte all'uomo. Sapeva che quello che aveva davanti era solo un uomo agli ordini del mandante, ma era con lui che aveva sempre parlato e con lui avrebbe chiuso l'affare, chi c'era dietro non lo doveva interessare.

-Hai quello che ti ho chiesto? - chiese l'uomo seduto in tono serio

-Ho preso tutto - rispose sistemandosi sulla sedia

L'uomo sorrise compiaciuto annuendo.

-Sapevo che eri la persona giusta -

- Ho fatto solo il mio lavoro - rispose al suo sorriso - Hai portato quello che mi devi? - chiese di rimando

L'uomo, da sotto il tavolo, fece scivolare con i piedi una valigetta ventiquattrore fino alla sua gamba. Abbassò lo sguardo e prese la valigetta.

-C'è tutto puoi controllare - disse l'uomo dall'altra parte del tavolo -ora dammi quello che ti ho chiesto-

Mise la valigetta sulle gambe e da sotto il tavolino l'aprì leggermente controllando il contenuto, venti mazzetti di banconote sistemati in fila. Sembrava esserci tutto. Chiuse la valigetta e tirò fuori dall'interno del giaccone la cartelletta rossa che aveva preso nella cassaforte del senatore. La fece scivolare sul tavolo fino all'uomo che aveva di fronte. Questi l'aprì controllando i fogli al suo interno, c'era tutto.

Sorrise soddisfatto -Abbiamo raggiunto un ottimo accordo per entrambi credo? - disse compiaciuto

-Hai perfettamente ragione - rispose l'uomo mentre stringeva la maniglia della valigetta.

-Mi auguro che di questo -disse indicando la cartelletta rossa - non ci sia un'altra copia? -

-Sono un professionista, ho fatto un lavoro e sono stato ben pagato per quello, il resto non è di mia competenza - rispose

L'uomo annuì con la testa.

-Ora vado- disse alzandosi con la valigetta -Se hai ancora bisogno di me sai come contattarmi. Ma non subito però - guardando quello che stringeva in mano - Ho intenzione di andare in un posto al caldo per un po', le mie vecchie ossa ne hanno bisogno- sorrise

L'uomo seduto rispose al suo sorriso. Si guardarono per qualche istante poi l'uomo con la valigetta si voltò avviandosi all'uscita.

Una volta in strada fu di nuovo assalito dal freddo gelido, la neve continuava a cadere con sempre maggiore intensità. Chiuse meglio il giaccone sistemando il colletto nel tentativo di ripararsi il più possibile e si avviò a passo deciso nel buio che lo circondava. La neve sembrava addormentare ogni cosa, il manto bianco per terra di contrasto rendeva più nera la notte che lo circondava. Strinse ancor di più a pugno la mano che teneva la maniglia della valigetta, aveva una strana sensazione. Improvvisamente si fermò sentendo un rumore leggero alle sue spalle. Anche il rumore si fermò. Girò la testa cercando di intravedere qualcosa, ma il buio e la neve che cadeva non gli facevano vedere niente. Si rigirò riprendendo a camminare con ancor maggiore velocità. Anche il rumore dietro di lui ricominciò, qualcuno lo stava seguendo. Iniziò a correre. Per il mestiere che faceva essere veloce era basilare e c'era stato un tempo dove a correre era quasi imbattibile ma ora era avanti con l'età ad era stanco e poi c'era la neve. Sentì il rumore dietro di lui sempre più vicino. Svoltò dietro l'angolo di un palazzo nascondendosi nell'atrio buio di un portone e si fermò in attesa. Sentiva solo il suo respiro e i battiti accelerati del suo cuore, il rumore dietro di lui sembrava svanito. Forse lo aveva seminato, tese ancora di più l'udito. Niente. Nessun suono o rumore. Attese ancora qualche secondo e voltando lo sguardo a destra e a sinistra, costatando che non c'era nessuno, uscì dall'androne e riprese a camminare lungo il marciapiede. Lo sentì in quel momento, un movimento veloce fulmineo, e subito un bruciore forte alla gola. Il sangue caldo iniziò a fuoriuscire copioso a spruzzi che pompavano al ritmo del suo cuore. Cadde in ginocchio nella pozza rossa di sangue che stava colorando la neve. Non vide niente, non sentì niente solo il respiro che non usciva, le forze che lo abbandonavano e il buio che lo inghiottiva. Qualcuno gli portò via la valigetta mentre ormai senza vita crollava nella neve gelida e rossa del suo sangue.

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L'auto, una lussuosa berlina nera, si fermò davanti al cancello chiuso. I tergicristalli si muovevano simultaneamente cercando di pulire il parabrezza dal nevischio che continuava a cadere. L'uomo abbassò il finestrino, la telecamera posta sulla colonnina alla sinistra dell'ingresso, scansionò l'abitacolo prima che con un impulso elettronico a distanza il cancello si aprì. L'auto si rimise in moto entrando nel parco della villa lasciando strisce di pneumatico sulla neve fresca. La casa era una vecchia abitazione in stile coloniale situata al centro di un enorme parco ora completamente bianco, era stata ristrutturata di recente ma aveva tenuto intatto lo stile originale dell'epoca. Si fermò di fronte all'ingresso, l'uomo prese la valigetta posata sul sedile accanto e uscendo dall'auto si diresse all'entrata. La porta si aprì, un uomo dalla corporatura robusta gli fece cenno di seguirlo. Il corridoio enorme era arredato con gusto e sfarzo. Arrivati in fondo si fermarono davanti ad un enorme porta in noce intagliata, l'uomo robusto bussò prima di aprire la porta e farlo accomodare nel salone. La sala, immersa in una luce soffusa, era calda e accogliente. La porta si richiuse alle sue spalle. Nella penombra, seduto su una poltrona accanto al caminetto acceso, il mandante. L'uomo si avvicinò con passo incerto mentre dal camino acceso sopraggiungeva il crepitio del fuoco. Il mandante gli fece segno di accomodarsi sulla poltrona accanto alla sua. Era un uomo potente e influente e lo dimostrava anche in quel momento con quel comando che non ammetteva repliche. Anche da seduto incuteva paura.

-Come è andata? -chiese il mandante

-Tutto secondo i piani -rispose l'uomo sedendosi.

-Hai tutto? -chiese ancora il mandante

L'uomo posò la valigetta sul tavolinetto che separava le due poltrone e voltandola verso il mandante l'aprì. Dentro, poggiata sopra i venti mazzetti di banconote, la cartelletta rossa. Il mandante sorrise compiaciuto prima di prendere la cartelletta e aprirla. Con un senso di beata soddisfazione guardò quel dossier.

Il primo foglio recava un timbro della federal bureau investigation con la dicitura top secret e il numero di protocollo del caso in questione. Il foglio successivo, insieme ad alcune foto, il nome di Carlos Santiago. Tutto quello che era successo dal momento che Carlos era diventato un collaboratore di giustizia: i nomi che aveva fatto, i suoi nascondigli, le operazioni alle quali aveva collaborato, fino al processo e al suo probabile nascondiglio in Messico, era tutto scritto in quei fogli, ma quello che più lo interessava era il nome che ancora adesso l'F.B.I. stava nascondendo e proteggendo. Quel nome era la chiave per arrivare a Carlos, l'unico modo per farlo ritornare negli Stati Uniti, l'unico modo per ottenere la sua vendetta. Sorrise compiaciuto perché ora aveva quel nome, ora finalmente, aveva in pugno Carlos.

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