Capitolo 8

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Gli insegnanti mandarono tutti gli studenti in palestra fino a quando non sarebbe venuta la polizia. Io, Ben, Sarah e Tracy eravamo seduti per terra e ci guardavamo intorno. Non vedevo Kalea da nessuna parte. - Secondo voi chi è? - nessuno rispose. Mi alzai quando vidi un agente di polizia - Ok, ragazzi so che siete spaventati ma ho bisogno che stiate ancora qui per un pò. Interrogheremo alcuni di voi e anche nei giorni seguenti. Ora vi chiameremo uno ad uno in ordine alfabetico - aveva dei fogli in mano. Si girò ed andò a parlare con il preside. Altri agenti entrarono. Sembra di essere in un film. - Io sicuramente sarò interrogato- guardai Ben ma non gli dissi nulla - Allora ci vediamo casa. Parlo io con papà - lui annuì. Anche se Benjamin era il fratello maggiore a volte era Sarah che si occupava di lui. Tracy si alzò e si prese le braccia - Ho i brividi -
- Già, anche io - le andai vicino - Vedrai che andrà tutto bene - lei mi abbracciò - Ho paura Gwen - io la strinsi - Non ne devi avere, si sistemerà tutto - una voce si inalzò per tutta la palestra - Interrogheremo fino alla lettera D, gli altri possono andare - mi inviai con Tracy verso il corridoio mentre Sarah parlava ancora con Ben. Mentre la tenevo sentivo che tremava. Quando arrivammo alla piazza davanti alla scuola si fermò - Io vado a casa. C'è mia madre - io la guardai. Era sconvolta. Gli occhi erano tutti rossi e il trucco le era tutto calato. I sui capelli castani erano tutti spettinati - Si, certo. Anche la mia è a casa. Ci vediamo domani - prima di andare le diedi un lungo abbraccio. Prima di uscire dalla piazza però qualcuno mi fermò. - Ehi, cosa è successo? - quando alzai lo sguardo riconobbi quel ragazzo. - Hanno trovato un corpo. Non ci hanno detto di chi è ma hanno iniziato gli interrogatori - i sui occhi neri erano magnetici. - Hai visto Kalea? -
- L'ho vista prima ma ora non so più dove sia - lui annuì - Se la vedi dille che l'ho cercata - io lo gurdai. I sui capelli biondo platino erano bellissimi. Lui era bellissimo. Prima di andare gli dissi una cosa: - La tua fiducia per lei non conta nulla - mi avviai verso casa ma sentivo che lui era ancora lì fermo e mi stava guardando.

Quando arrivai a casa chiusi la porta dierto di me e corsi in camera mia. Sentì mia madre che mi chiamava ma la ignorai. Le lacrime iniziarono a scorrere lungo il mio viso. Sentivo il trucco che rimaneva della sera prima scendrmi dagli occhi. Cercavo di nascondere i singhiozzi. Mi levai il giacchettino e mi guardai le braccia. Solo ora capivo la gravità delle situazione. Ero piena di lividi. Mi sfregai le braccia cercando di mandarli via invano. Ma cosa è successo a Tom? Perché mi ha fatto questo? Sentì che mi bruciavano. Ma io non smisi, anzi, sfregai più forte. Volevo che se ne andassero. Volevo che questi due giorni non fossero mai esistiti. Mia madre stava bussando alla porta, chiamandomi. Io mi fermai. Le braccia mi facevano male. Non ci feci caso e mi rimisi il giacchetto. Aprì la porta e la abbracciai - Oh, tesoro, cosa è successo? - io iniziai a piangere più forte. Lei mi fece sedere sul letto - Mi hanno chiamato dalla scuola. Era un tuo amico? - io scossi la testa - Non lo so! Non ci hanno detto niente! - quasi urlai quelle parole. - Vedrai che era solo un barbone che si era intrufolato a scuola - io mi aggrappai a lei. A volte vorrei essere così ottimista. Avevo le braccia ancora doloranti ma non sentivo nulla. Ad un tratto smisi di piangere. - Ben! Lui sa! È stato interrogato dalla polizia. Devo chiamarlo - mi alzai e presi il telefono. Cercai il sui numero mentre mia mamma mi guardava preocupata. Spinsi il suo nome e me lo misi vicino all'orecchio. Dopo alcuni secondi partì la segreteria telefonica. - No, no, no. Devi rispondere Ben! - riprovai. Le mie mani tremavano. Anche questa volta partì la segreteria - MA PERCHÈ NON RISPONDI? - buttai il telefono per terra e mia madre mi stinse le spalle - Tesoro calmati. Vedrai che è perchè lo stanno ancora interrogando - io la guardai. Aveva la faccia serissima. Non l'avevo mai vista così. Mi calmai e feci dei lunghi respiri. - Si, scusa. Vorrei stare un pò da sola -
- Sei sicura? - io annuì. Lei rimase lì ancora per un pò poi scese le scale chiedendomi la porta. Io mi sdraiai sul letto. Poi non vidi più niente.

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