Il ratto di Proserpina

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Il ratto di Proserpina
La Domenica di Derek, quando gli altri due se ne andarono dalla villa, passò lentamente. Si allenò, fece i suoi esercizi ma nulla valse a migliorare il suo umore.
Quando si stese sul proprio giaciglio ci sentì quasi soffocare al punto da saltare subito in piedi e camminare meccanicamente verso la porta d'ingresso, che aprì per uscire fuori.
Non era possibile che fosse letteralmente imprigionato in quella casa che per tanto tempo era stata il punto focale dei suoi sensi di colpi. Ora Derek non provava più tutti quei rimpianti, perché aveva fatto pace con se stesso da tempo, ma era arrabbiato all'idea che c'entrasse sempre quella maledetta casa, nella sua vita. Come se quattro mura diroccate potessero non voler altro che farsi detestare.
Fece un altro passo, mentre la rabbia fluiva velocemente nelle vene. Era l'adrenalina a farlo sentire cocciuto come un mulo e cieco come una talpa. Perché un altro passo e né la casa né l'intruglio di Stiles avrebbero impedito la sua trasformazione.
Il petto iniziò ad alzarsi spasmodicamente e la gola a bruciare così aspramente da fargli commettere diversi ringhi sommessi.
Quando percepì il suo viso mutare e i suoi artigli spuntare da entrambe le mani, Derek era sul punto di saltare fuori e sentirsi libero.

Ti è andata bene che tu non abbia ucciso nessun uomo, ma con una vita da bestia per quanto tempo pensi riuscirai a evitare di diventare un assassino?

Derek si tirò indietro all'ultimo momento, rincasando e rintanandosi nel suo giaciglio. Solo a quel punto, prese a mente di riflettere sulla rosa e su ciò che gli aveva sussurrato.
Sapeva che Stiles aveva potuto sentirla, ma non aveva idea se i due avessero udito le stesse cose. Si infuriò alla dimenticanza di non insistere a fargli dire ciò che aveva sentito, ripromettendosi di farlo prima che quell'idiota potesse rituffarsi dentro la sua testa.

I'm a goner, somebody catch my breath

Che fosse senza speranza, non aveva bisogno di una rosa per riconoscerlo. Insomma, era la sua intera esistenza ad essere perseguitata da quella consapevolezza. E dopotutto Derek non si era mai abbassato alla debolezza di una speranza. Sapeva di non averne, di non avere nemmeno il diritto di sperarci che ce ne fosse almeno una e, quindi, non ne era mai andato nemmeno alla ricerca di una.
Quando Kate Argent lo aveva ridotto a un essere umano, Derek non aveva avuto nemmeno un momento trascorso a sperare che tornasse ad essere un lupo. Perché attimo dopo attimo si era preparato a morire. Erano stati gli altri del branco e Braeden a lasciarsi abbindolare dalla speranza e forse in bene o forse in male, ma Derek era ancora vivo soltanto perché aveva continuato per la sua strada, andando incontro alla morte.
Ciò nonostante, non si spiegava il significato di quella prima frase.
Era senza speranza. Ma a chi sarebbe appartenuto il volto della persona che gli avrebbe tolto il respiro, ergo presumibilmente fatto morire?

I wanna be known by you

Voglio essere riconosciuto da te.
Derek, con frustrazione, trascorse a rigirarsi su se stesso pensando a quella seconda frase. Esausto, alla fine, passò alla terza.

The ghost of you is close to me, I'm inside out. You're underneath.

Non andò meglio. Non aveva un fantasma, se non quella casa che ne richiamava a se tantissimi, tutti quelli che però si era lasciato alle spalle. E davvero era sottosopra? O lo sarebbe stato presto?
Finché non avesse riavuto indietro i mezzi mancanti della sua memoria, Derek immaginò di non poter trarre nulla da quelle parole. E, nuovamente, si sentì deluso e amareggiato. Scattò in piedi quando fuori era già notte.
Camminò nuovamente fino al porticato della villa, con dentro di sé sempre la solita battaglia di emozioni.
Quando compì l'ultimo passo da uomo, Derek non desistette più e saltò verso la radura.
Nella foresta, era già un lupo.
***
Raramente aveva dormito di notte in quegli anni. Solitamente si ritrovava a crollare per la stanchezza nel mezzo della giornata, rubando al massimo un paio d'ore che faceva bastare prima dell'ennesimo crollo. Con le passeggiate notturne, poi, Stiles aveva anche smesso di provare a mettersi a letto. Il fatto non era che non riuscisse ad addormentarsi. Soltanto che ogni volta che si era messo a letto, senza nulla per distrarsi, aveva finito col fare lunghe conversazioni con se stesso, dando la meglio alla parte più debole di sé. Per questo, a quella opzione aveva preferito di gran lunga la passeggiata. Perché far girare inutilmente la macchina celebrale lo mandava soltanto in paranoia. Però era un uomo e aveva bisogno di dormire, quindi a volte crollava nel buio pestoso del mondo dei sogni. E neanche lì era un bell'affare per lui.
Solitamente erano incubi. Senza un gran senso o spessore psicologico, la maggior parte delle volte erano dei momenti già vissuti. I peggiori. A volte era soltanto come vedersi allo specchio con la bocca cucita e le mani legate. Impotente.
Non accadeva sempre che facesse gli incubi, ma al risveglio da questi era sempre più sfiancato. Quando non sognava, dormiva al massimo quattro ore. Se avesse avuto la possibilità di venire a patti, avrebbe scelto di gran lunga le quattro ore senza sogni. Tuttavia, non avendone la certezza, Stiles evitava sempre il più possibile di dormire.
Quella Domenica, dopo l'incontro con Derek e Scott, passò alla centrale per rimanere fino alla sera.
Dopo un pattugliamento per la città, si era chiuso in ufficio cercando di elaborare quanto era successo nella testa di Derek, appuntandosi dettagliatamente cosa aveva imparato da essi.
I druidi più antichi avrebbero potuto non trovarlo un grande modo di agire, ma Stiles aveva avuto fin dal suo inizio un approccio alla materia completamente diverso dai normali druidi giovani. Fondamentalmente perché non era cresciuto con la consapevolezza di esserlo, né con l'affiancamento di un maestro che potesse fin dalla tenera età istruirlo a dovere. Lui era stato introdotto piuttosto tardi considerata la sua età e il più grande lavoro lo aveva dovuto fare in pochi anni e per lo più da solo. Senza il Dottor Deaton non sarebbe andato da nessuna parte, ma Stiles sapeva di meritarsi tutto l'orgoglio da se stesso, perché non era affatto male, in quel lavoro.
Spesso, nei momenti peggiori, perché c'erano, si ripeteva quello che Deaton gli aveva ripetuto come un mantra: i druidi giovani, sotto stress, combinano guai. Solo guai.
Tante volte era stato utile. Ma quando lo stress era veramente sforato fuori dalla brocca, Stiles si era ritrovato a scoprire cosa Deaton intendesse col "combinare guai" e non era stato veramente nulla di buono.
Un Druido stressato era come un richiamo per le creature soprannaturali. Nulla che vorreste vi fosse raccontato.
Tornato a casa aveva mangiato una pizza comprata sulla strada di casa e aveva bevuto un paio di birre di fronte alla Tv accesa e diversi volumi sui quali leggeva ciò che già aveva imparato a memoria.
Si sentiva come se si stesse perdendo qualche dettaglio, nelle varie spiegazioni, così rinunciò passando alle ricerche fatte sulla fiaba della Bella e la Bestia, che sostanzialmente gli davano qualche soddisfazione in più, sia per la lettura più interessante sia per l'epifania che sentiva di aver avuto giustamente in quei giorni. A differenza di Derek non si sentiva un idiota nel pensarci attentamente. Aveva indagato sull'immagine della strega, per poi concentrarsi sulla rosa, finendo col passare da una fiaba al mito del ratto di Proserpina. C'erano dei parallelismi interessanti, ci aveva letto una discussione molto interessate subito dopo aver approfondito quella storia mitologica.

I wanna be known by you ~ SterekDove le storie prendono vita. Scoprilo ora