Capitolo 3: Perché lui?

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Mi risvegliai nel mio letto, e fin qui tutto ok, ma la cosa che non capivo era come ci fossi arrivata. L'ultima cosa che ricordavo era quel vicolo, poi buio totale.

Mi alzai e mi diressi verso la cucina con l'intenzione di bere una spremuta d'arancia, ma appena misi piede in soggiorno cacciai un urlo fortissimo. Cosa ci faceva Sarah di nuovo sul mio divano?

"Cosa succede?", si sveglia lei all'improvviso guardandosi intorno.

"Cosa ci fai qui?!", le chiedo furente ma anche spaventata.

"Cosa?", mi chiede a sua volta Sarah.

Prendo un respiro profondo e chiedo un'altra volta. "Cosa ci fai qui?".

"Sono qui perché ieri sera sei quasi morta, ed hai fatto morire anche me!", mi dice indignata.

"Cosa stai dicendo?".

"Ieri sera ero a casa quando alle 10:30 p.m. mi ha suonato il telefono e un uomo mi ha detto che eri svenuta in mezzo alla strada, mi ha dato l'indirizzo e poi ha messo giù, mi sono precipitata, e cosa mi ritrovo davanti? Tu, svenuta per terra e l'uomo che è intervenuto la sera in qui il mio ex ha tentato di farci del male...", a queste parole il mio  cervello cerca di rievocare delle immagini senza successo. "... Anche questa volta non sono riuscita a ringraziarlo perché appena ci ho provato lui era già sparito, così ti ho presa su e ti ho portata in casa. Come ti senti?".

"Scusami Sarah ma non mi ricordo praticamente nulla di ieri sera, quindi mi sono spaventata nel vederti qui. Ora comunque  sto meglio!".

"Ti hanno fatto del male?", mi chiede cauta.

"Qualcuno ci ha provato, ma non ricordo come io sia riuscita a liberarmi...", comincio a dire. "Magari è stato lui ad aiutarti anche questa volta", mi dice interrompendomi.

"Può essere".

"Ricordi il viso del tuo assalitore? Dobbiamo andare alla polizia e fare denuncia", mi sprona.

"Non me la sento Sarah, oggi voglio solo stare in casa e cercare di capire cosa è successo!", ribatto.

"Allora dopo chiami al lavoro e dici che non puoi andare perché non stai bene!".

"Si mamma!", le dico; lei mi guardò malissimo, così le andai incontro e l'abbracciai forte. "Grazie di tutto Sarah, non saprei come fare senza di te", a queste parole si sciolse e ricambiò l'abbraccio dicendomi: "Lo sai che per me è lo stesso, sarei morta senza te!", e questa probabilmente era la sacrosanta verità, da che conobbi Sarah non so quante volte le salvai la vita, nel vero e proprio senso della parola.

"Passammo la mattinata chiuse in casa mia a spettegolare tutto il tempo come facevamo quando eravamo in orfanotrofio.

Al lavoro mi dissero che non c'era problema e poteva riposare tranquilla, mentre la scuola mi chiamò più volte per sapere perché non mi ero presentata a lezione quella mattina; a quella che mi sembrò come la decima telefonata risposi.

Bip. Bip.

"Signorina Carter".

", sono io", risposi.

"Sono il preside Donovan".

"Oh, mi dica pure".

"Come mai questa mattina non si è presentata? Sa che per la sua condizione le lasciamo carta bianca, ma sa anche che è sua norma e regola avvertire se fa qualche assenza, se no non le verrà giustificata...".

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