Capitolo 4: Ciao, io mi chiamo...

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Fra alti e bassi la settimana passò e arrivò di nuovo il week-end e ciò voleva dire che arrivavano le mance. Ero riuscita a pagare tutte le bollette ma ora ero di nuovo al verde, e il sabato sera si fanno buone mance, con cui alle volte ci campavo per tutta la settimana. Erano le 4:00pm quando mi avviai al lavoro, ed erano le 4:30pm quando arrivai sul posto, per fortuna il turno cominciava alle 5:00pm. Andai negli spogliatoi e mi infilai la divisa, per poi raggiungere le colleghe nella sala principale, dove il capo ci avrebbe divise/divisi nei vari settori.
"Carter, Grey, Willer, Murphy e Tate...", i nomi che il capo chiamò erano tutti femminili. "... Questa sera abbiamo un addio al celibato, quindi voi ci occuperete del settore 7 e basta!", disse il capo e tutte noi levammo un verso di diniego.
"Qual è il problema signorine?", chiese il capo.
"Aveva detto che non lo avrebbe più fatto, che avrebbe messo qualche uomo in occasioni come queste, visto che...", cominciò a dire Lucy Grey.
"Visto che?", chiese il capo sarcastico.
"Visto ciò che è successo l'ultima volta", le rispose lei.
"Non preoccupatevi sono persone che conosco, e non allungherenno le mani, e sapete che per qualsiasi problema potete venire da me", continuò lui.
Ci dividemmo e organizammo i nostri settori, i base alle esigenze degl'invitati. Alle 7pm aprimmo il locale e i primi avventori cominciarono a sciamare all'interno del locale.
<<Che si aprano le danze>>, pensai.

2 ore dopo.

Alle 9pm precise arrivò il tavolo dell'addio al celibato, ad accoglierli e a partarli al tavolo fu il capo e fu sempre lui a portare i menù. Dopo 15min, fui io ad andare a prendere le ordinazioni, inizialmente non mi soffermai molto sui visi dei commensali, finché una voce attirò il mio sguardo.
Il mio sogno aveva preso vita. Il vampiro del mio sogno era seduto al tavolo che stavo servendo.
"Ciao, io vorrei...", ordinò normalmente e fece finta di non conoscermi, era possibile che non mi avesse riconosciuto?
Finii di prendere le ordinazioni per poi cominciare a distribuire gli ordini tra le mie colleghe che cominciarono a portare le bevande a tavola, ognuno al proprio proprietario.
Dopo 30min cominciammo a portare le varie portate ed altre caraffe di birra, ciò che notai fu che la maggior parte degli invitati erano già praticamente ubriachi mentre il <<Come potevo chiamarlo?>> non ne avevo la minima idea, comunque l'uomo che mi aveva aiutato aveva ancora il bicchiere asciutto, quando mi avvicinai per dargli il suo piatto: "Tu non bevi?".
"Non ho ancora sete, preferisco aspettare ancora un po'", non fu la frase in se a farmi venire i brividi, ma lo sguardo che mi lanciò e soprattutto il fatto che si era soffermato sulla mia gola mentre lo diceva. Finii di servire e tornai in postazione.
La serata passò relativamente bene, tranne ogni tanto che sentivo gli occhi di quell'uomo che si soffermavano su di me.
Come aveva previsto il capo i suoi amici furono dei veri signori, non allungarono mai le mani, e non ci provarono nemmeno e quindi nessuna cameriera si lamentò, la mancia che lasciarono fu esorbitante, erano una tavolata di 15 persone e ognuno di loro lasciò 15$ e quindi anche se le cameriere a servirli erano 5 la mancia fu buona. Quando lasciarono il locale, ci mettemmo a servire gli altri tavoli, così alla fine della serata avevamo racimolato quasi 100$ di mancia. La cosa che mi sorprese più di tutte però fu che uscendo dal locale, c'era qualcuno che aspettava e quel qualcuno era l'uomo che per tutta la serata mi aveva tenuta d'occhio, non sapevo cosa fare se andarmene facendo finta di non vederlo o affrontarlo, <<Ma se poi non era per me che era rimasto in attesa?>> d'altra parte si era comportato come se non mi riconoscesse, come se non mi avesse mai vista prima. Decisi di lasciar perdere, il problema era che per tornare a casa sarei dovuta andare nella sua direzione, così mi feci coraggio e mi incamminai  e lo sorpassai, e come previsto lui...
"Ciao!".
Mi girai di scatto verso di lui per vedere se parlava come me. Non aveva il telefono nelle mani e nessuno era con lui, e per di più mi stava fissando. "Cia- Ciao!", balbettai.
Lui sorrise e si avvicinò a me. "Cosa fai ancora qui?", parlai senza volere.
"Ti aspettavo", mi rispose sogghignando.
"Stavi aspettando me?", gli chiesi indicandomi.
"Sì, chi altro dovrei aspettare?", mi chiese. Non sapevo cosa rispondere così mi limitai ad abbassare lo sguardo. "Volevo essere certo che non ti capitasse nulla di male sulla strada del ritorno".
Lo guardai intensamente, quindi lui stava davvero facendo finta di non conoscermi... Poi realizzai a pieno ciò che mi aveva appena detto, così dissi: "Oh mio dio, giusto! Non ti ho mai ringraziato per ciò che hai fatto per me!", esclamai tutto d'un fiato.
"Non devi ringraziarmi", mi rispose risoluto, tornando serio.
"Invece sì, se non fosse stato per te...", mi interruppi  non sapendo e non volendo continuare il discorso, perché il solo pensiero di ciò che poteva accadere mi faceva accopponare la pelle.
"Effettivamente devi imparare a cacciarti meno nei guai", il modo in cui mi si rivolse mi ricordò il modo in cui mi rimproveravano le suore quando ero bambina, quando io e Sarah combinavamo qualche casino, e questo mi imbarazzo parecchio.
"Già", dissi prima di voltarmi per potermene andare.
"Scusa, non era mia intenzione farti la ramanzina, perdonami", mi disse afferrandomi per un braccio per farmi fermare, mi volta i verso di lui e lo studiai attentamente, sembrava seriamente dispiaciuto.
"Senti scusami davvero, ti va se andiamo a berci qualcosa, così posso farmi perdonare?", mi chiede improvvisamente.
"Veramente ho 17 anni...", dico impacciata.
"Oh, scusa non lo sapevo, sai ti avevo visto in quel locale e beh credevo fossi più grande, allora io berrò e tu mi farai compagnia, non sia mai che istigo una minorenne a bere degli alcoolici", mi dice serio ed io scoppio a ridere. "Va bene, va bene, però facciamo così io ti offro da bere così poi siamo pari, ok?".
"Certo mi farebbe piacere. Ah, comunque io mi chiamo...", mentre cercava di presentarsi passò un macchina ad alta velocità ed io non sentii nulla di quello che mi disse, così quando notai il suo sguardo in attesa che io facessi altrettanto scoppiai a ridere di gusto.
"Cosa c'è di tanto divertente nel mio nome?", mi chiese, sembrava offeso, <<oh mamma e adesso che faccio?>>, pensai.
"Scusami ma non ho sentito nulla...è passata quella macchina... e la tua faccia mi ha fatto ridere" dissi in imbarazzo mangiandomi un po' di parole, ciò che non mi aspetti però fu che anche lui sorrise per poi dirmi: "Mi chiamo Caleb".
"Helen, piacere mio", gli dissi porgendogli la mano, che lui prontamente afferrò, ciò che provai fu assurdo, una scarica elettrica attraverso il mio corpo, e una parte del mio corpo in particolare si risvegliò, e questo non capitava più ormai da tempo. Sciolsi in fretta la stretta e cercai subito qualcosa di più tranquillo a cui pensare come ad esempio che era sapevo il suo nome, finalmente potevo associare un viso ad un nome preciso, e non sarei più stata costretta a chiamarlo l'uomo.
"Conosco un bar aperto 24h, potremmo andare lì, ti va?", mi chiese.
"È molto lontano da qui?", gli chiesi titubante.
"No, no è qui dietro l'angolo", mi disse, così ci incaminammo in silenzio verso il bar, che effettivamente era proprio dietro l'angolo ed io non me ne ero mai accorta prima. Entrammo, il locale non era molto affollato, forse a causa dell'ora tarda, l'ambiente era piacevole, le pareti erano di un colore tenue mentre l'arredamento era moderno; ci sedemmo nel primo tavolino libero che trovammo, ed entrambi ordinammo una birra.
"Ma non avevi detto di avere 17 anni?", mi chiese.
"È la verità!", risposi.
"Allora sai che non puoi bere per altri 4 anni", mi disse inarcando un sopracciglio.
"Sì, ma la maggior parte dei baristi nemmeno me lo chiede quanti anni ho!", gli rispondo a tono.
Arrivarono le birre ed entrambi bevemmo un sorso. "Posso chiederti una cosa?", domandai.
"Certo", rispose posando la birra.
"Mi stai seguendo per caso?", alla mia domanda strabuzzò gli occhi.
"Perché me lo chiedi?" controbatte senza rispondere.
"Perché dopo che hai difeso me e la mia amica in quel locale ho cominciato a vederti ovunque e questo non e normale", rispondo sincera.
"Oh... Ed e una brutta cosa?", continua evitando di rispondermi.
"No è brutta, ma è inquietante, soprattutto dopo ciò che mi è capitato in quel vicolo".
"Cosa ricordi di quella sera?", mi chiede visibilmente preoccupato.
"In realtà quasi nulla, ma non cercare di cambiare discorso. Voglio sapere se mi stai seguendo!", dico risoluta.
"Ok, va bene, risponderò alla tua domanda...", mi dice prima di interrompersi, come se dovesse scegliere con cura le parole da dire.
"Senti Caleb comincio ad essere parecchio stanca, parla o me ne vado!", esclamò acida.
"No!", esclama lui. "Non andartene! Ti stavo cercando! Da quella sera in quel locale! Sono stato uno stupido me ne sono andato, senza nemmeno presentarmi, ma non sapevo da dove cominciare, così ho cominciato ad andare in giro per locali, sei una ragazza giovane e ho pensato che prima o poi ti avrei trovato, quando stavo per arrendermi ho pensato che ero un vero cretino, ho girato per tanti locali senza controllare quello più in voga dell'ultimo periodo il Grease, così mi sono diretto lì e ti ho trovata, ma non credevo ci lavorassi, così per un po' di tempo ho solo pensato che non potevo disturbati mentre lavoravi, e quando finalmente avevo preso coraggio, ti ho visto andare via con delle colleghe, così ho lasciato perdere fino a questa sera, perché sei stata tu a venirmi a parlare allora ho ripreso coraggio e ti sono venuto a parlare".
"Perché mi cercavi?", chiedo sospettosa.
"Perché volevo parlare con te...", mi dice ovvio, come se da ciò che aveva detto avrei dovuto capire tutto, invece non avevo capito nulla, così abbassai gli occhi non sapendo cosa dire. "Ora hai capito perché cercavo di cambiare discorso? Non volevo metterti in imbarazzo".
"No, scusami è che non capisco il modo in cui ti sei accanito per cercarmi".
"Forse sono troppo diretto, ma quella sera quando stavamo ballando, ho sentito una chimica tra di noi...", dice cercando il mio sguardo. "... O forse a stata solo la mia immaginazione?".
"No, non è stata la tua immaginazione, l'ho sentita anche io", dico piano, quasi con la paura di farmi sentire da lui, ma lui mi sente lo stesso.
"Bene, ne sono felice", mi disse sorridente.

Spazio autrice

Ed ecco a voi il quarto capitolo della storia, da qui cominciano a cambiare gli equilibri, e la storia comincerà ad evolversi sempre di più.
Spero che la storia ci stai piacendo.
Un bacio a tutti :)

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