Capitolo 15

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Settembre arrivò, con le sue giornate più corte e più fresche. Il vento che leggero soffiava, portava con sé i sapori d'autunno. Mi piaceva questo periodo dell'anno. Adoravo come le foglie degli alberi si tingessero di giallo e rosso. Amavo le prime brezze fresche.

Quella mattina di fine settembre riuscii a superare l'ultimo esame. Avrei dovuto discutere la tesi tra qualche settimana. Ero al settimo cielo. Chiamai Davide per comunicargli il mio successo.

«Bisogna festeggiare, dottore!» esclamò dall'altro capo del telefono.

«Ma che dottore, devo discutere la tesi prima...» protestai io, sedendomi su di una panchina in legno, nella piazza antistante l'università.

«Sono felice per te, Ale» disse lui, con un tono di voce che io trovavo molto dolce.

«Stasera sei libero?»

«No, ho il turno di notte.»

«Ah, capisco...» dissi, intristendomi.

Sollevai lo sguardo e puntai i miei occhi verso il cielo. I raggi del sole non erano più così forti come in estate. Qualche nuvola copriva il cielo azzurro e degli uccellini svolazzavano tranquilli.

«Non importa» dissi, riprendendo a parlare «ci vediamo un altro giorno.»

Continuai a guardare il cielo, ma il sole proiettò alle mie spalle un'ombra, che rabbuiò la mia vista. Mi voltai di scatto e rimasi sorpreso nel vedere Giada alle mie spalle.

«Ciao Ale...» esclamò lei sorridendomi.

«Ah... Ciao Giada...» le dissi, continuando a guardarla con sorpresa.

«Ale, sei ancora lì? Con chi stai parlando? Chi è Giada?» disse Davide spazientito, che attendeva ancora al cellulare.

«Ti richiamo dopo» gli dissi soltanto e chiusi la chiamata.

«Ti ho disturbato?» mi chiese lei, sedendosi accanto a me sulla panchina.

Scossi la testa e ripresi a guardarla. Non l'avevo più vista da quella sera, quando ci baciammo e stavamo quasi per finire a letto insieme. Poggiò la sua borsa accanto a sé e con la mano destra, si riavviò dietro l'orecchio un ciuffo di capelli castani cadutole sulla spalla. Posò, poi, entrambe le mani sulle ginocchia. Una gonna nera molto corta le copriva le gambe snelle, mentre una maglia rosa a maniche corte scendeva lungo il suo busto.

«Hai dato un esame?» le chiesi rompendo il ghiaccio.

«Si, è andata bene per fortuna» mi disse, sorridendomi ancora. Poi prese a guardare davanti a sé, in un punto imprecisato e riprese a parlare «Non ti vedo da... quella sera...»

Abbassai lo sguardo imbarazzato e presi a stringermi il gomito nervosamente con la mano.

«Ah, beh... mi dispiace per come sono andate le cose.»

Lei prese a guardarmi e mi sorrise dolcemente «Non preoccuparti, ho sbagliato tutto quella sera. Non avrei dovuto...»

«No... davvero...» dissi balbettando palesemente.

Ridacchiammo entrambi nervosamente, distogliendo lo sguardo l'uno dall'altra. Una leggera brezza fresca soffiò proprio in quell'istante ed il profumo dolce di Giada mi inondò. Sollevai lo sguardo, posandolo su di lei, la quale mi stava fissando.

«Avevo deciso di dimenticarti» disse lei sporgendosi lievemente verso di me «ero pronta ad andare avanti. Non ti ho nemmeno più chiamato. Ma oggi ti ho rivisto ed il mio cuore ha iniziato a battere forte ancora.»

Restai sorpreso da ciò che mi diceva. Non riuscii a dire nulla. La guardavo, muto, con gli occhi sgranati per la sorpresa.

«Mi piaci Alessandro. Mi piaci ancora...»

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