Capitolo 22

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Aprii lentamente gli occhi, svegliato dai raggi solari che penetravano dalla finestra. Sbattei più volte le palpebre, mettendo a fuoco la stanza. Sospirai, poi, voltando la testa, vidi Davide accanto a me che dormiva poggiando la testa sul mio braccio. Mi rigirai lentamente sul fianco e sfilai il braccio dal suo capo, che si adagiò sul cuscino. Restai per un attimo a guardarlo dormire in silenzio, poi, senza fare rumore, mi alzai dal letto. Indossavo solo i boxer, quindi afferrai la felpa piegata sulla sedia vicino al letto e la infilai.

Andai dritto in cucina per farmi un caffè. Ormai vivevo in quella casa con Davide da quasi quattro mesi. Accettai la sua proposta quel giorno. Non avrei potuto rifiutare, dopo tutto ciò che mi aveva detto.

Preparai la macchinetta e presi due tazzine dalla credenza. Quindi aspettai che ne uscisse tutto il caffè, per poi riprendere le tazzine e, dopo aver messo lo zucchero, portarle in camera da letto. Le poggiai entrambe sul mio comodino. Mi sedetti sul letto accanto a Davide e con una carezza sulla guancia, lo svegliai.

«Davide svegliati... hai il turno in ospedale questa mattina.»

«Mh... Ale... buongiorno» mi disse completamente assonnato.

Con molta fatica riuscì a mettersi seduto e, stropicciandosi gli occhi, mi guardò e mi sorrise. Spostai subito il mio sguardo e gli porsi una delle tazzine di caffè.

«Grazie» disse lui prendendo fra le mani la tazzina.

Mi sorrise, mentre sorseggiava il suo caffè. «Cosa farai oggi?» mi chiese poggiando la tazzine sul suo comodino.

«Ho un colloquio di lavoro» gli dissi poggiando anch'io la mia tazzina sul comodino.

Davide si sporse verso di me e, accarezzandomi una guancia, mi tirò a sé e mi baciò sulle labbra. Dischiusi le labbra e lo baciai a mia volta. Sapeva di caffè. Dolce e amaro allo stesso tempo. Mentre mi baciava mi spinse indietro, costringendomi a sdraiarmi. Fu subito sopra di me, ma gli misi una mano sul petto e lo spinsi via da me.

«Ti prego, no...» gli dissi voltando il viso «Il tuo turno comincia fra poco...» gli dissi, alzandomi dal letto e, afferrate entrambe le tazzine, andai dritto in cucina.

Davide non disse nulla. Mentre lavavo entrambe le tazzine nel lavello della cucina, sentii che si stava vestendo. Finitosi di preparare andò verso la porta. Si mise il cappotto ed afferrò la valigetta porta documenti nera.

«Sto andando Ale. Non torno per pranzo, quindi ci vediamo stasera» mi disse lui quasi sull'uscio della porta.

Annuii silenziosamente. Davide si sporse ancora una volta verso di me. Sollevò una mano verso il mio viso, ma si fermò a mezz'aria senza toccarmi. Avevo involontariamente abbassato lo sguardo ed indietreggiato. Davide si voltò in direzione ed uscì, richiudendosi la porta alle spalle senza dirmi più nulla.

Camminai verso il divano e ci sprofondai sopra. Sospirai e, sollevando entrambe le mani, mi massaggiai le tempie. Mi stavo comportando male con Davide. Questo lo sapevo benissimo. Sapevo anche che il mio cuore era diviso in due, con due sentimenti contrastanti e non potevo farci nulla. Sperai di non dovergli mai dire la verità.

*   *   *

Terminato il colloquio, girovagai per il centro della città, fermandomi nella grande libreria, posta ad angolo di una delle vie più importanti della città. Sfogliai qualche libro e mi soffermai sulle novità appena uscite. Mi sedetti su di una delle poltroncine vuote e continuai a sfogliare il libro che avevo preso. Era ormai passata l'ora di pranzo, ma non avevo fame. Quando non c'era Davide nei dintorni non mangiavo. Non ne sentivo il bisogno. Cercai di focalizzarmi su ciò che leggevo, ma la mia mente, facendomi brutti scherzi, rielaborava ancora i ricordi legati a mia madre. Chiusi per un attimo il libro e, scuotendo la testa, sospirai. Poi riaprendo il libro continuai a sfogliarlo.

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