~Capitolo 9~

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Il semidio si guardò attorno per l'ennesima volta, nella speranza di veder arrivare il centauro. Era lì, fermo davanti alla Casa Grande, da un'infinità di tempo che avrebbe potuto utilizzare in una maniera decisamente più produttiva, ma sembrava che Chirone avesse sempre una scusa per allontanarsi da lui, vuoi per un'urgentissima chiamata da parte di Zeus (Grazie, padre), vuoi per un'emergenza idiota. 

Tuttavia non era stato tutto tempo sprecato, dal momento che così aveva avuto modo di osservare le attività mattutine del campo e compiacersi nel constatare che il Campo Giove, sul quale aveva avuto una certa influenza, era organizzato decisamente meglio di quel formicaio; decise che magari, se ne avesse avuto voglia, avrebbe anche potuto dare qualche prezioso  consiglio a Chirone. 

Il centauro arrivò quando i semidei iniziavano ormai a dirigersi al padiglione della mensa per il pranzo. 
"Salve signor Chirone, ora le spiacerebbe starmi a sentire oppure devo aspettare la prossima Titanomachia per avere la vostra attenzione?"

Lo sguardo che ricevette in risposta fu indispettito, ma anche un po' preoccupato, come, secondo Matthew, era giusto che fosse: tutti dovevano essere consapevoli del fatto che avrebbe potuto porre fine alla loro miserabile vita, se solo avesse voluto.
"Certo, prego entra."

Gli fece segno di entrare nella Casa Grande e il ragazzo aveva appena avuto il tempo di varcare la soglia e notare l'interno accogliente che il nome di Chirone venne invocato con urgenza da una ragazza sui diciassette anni che stava correndo verso i due.

"Chirone! Siamo sotto attacco, dal versante Est. Si tratta di una trentina di empuse, probabilmente stavano seguendo i nuovi arrivati. C'è bisogno di rinforzi."

A Matt quella ragazza sembrò improvvisamente meno antipatica; una battaglia è sempre sinonimo di gioia. Finalmente succedeva qualcosa di minimamente interessante, in quel campo.

"Non preoccupatevi signori, ci pensa Matthew", e così dicendo il ragazzo si allontanò fulmineamente in un turbine di venti e sciabole scintillanti.

Jade era alquanto perplessa.
"E lui chi caspita sarebbe?"
Chirone scosse la testa, divertito.
"Lasciamo perdere."
'Si farà ammazzare."
"Probabile. Ma ora pensiamo a difendere il Campo."

Matthew effettivamente non aveva riflettuto bene sul tipo di battaglia in cui stava andando a combattere, e il calore lo prese un po' alla sprovvista.
Il campo di battaglia era ricoperto da una sottile coltre di fumo, l'erba bruciata in vari punti; degli arbusti erano ancora lambiti dalle fiamme che alcuni figli di Efesto stavano provando a domare. Gli altri semidei, per la maggior parte ragazze, erano intenti a combattere le creature mostruose.

Il ragazzo sentì un movimento alle sue spalle e si girò appena in tempo per tranciare di netto con un colpo di sciabola la testa di una mucca inferocita prima che lo incornasse; il corpo della creatura divampò, e tra le fiamme scorse il volto di una donna urlante.

Nonostante il caldo, rabbrividì: un po' perché il grido dell'empusa gli era penetrato nelle ossa, e un po' perché l'adrenalina stava iniziando ad entrare in circolo, l'elettricità dentro di lui pulsava in attesa di essere scaricata in battaglia.
Così si lanciò alla carica, le sciabole roteanti e il mantello svolazzante a proteggerlo dal fuoco.

Gli altri semidei sul campo non si sentivano altrettanto euforici; nonostante chiaramente le empuse non fossero molto potenti, erano ormai impegnati in quella battaglia da circa mezz'ora, e il fatto che una volta uccise sprigionassero una vampata di fuoco incandescente non aiutava: il caldo li rallentava e annebbiava loro la mente, il fumo e la cenere irritavano gli occhi e la gola.
I figli di Efesto facevano il possibile per controllare le fiamme, ma in effetti non c'era molto che potessero fare più degli altri, se non realizzare in fretta e furia un sistema che portasse l'acqua dall'interno del campo Mezzosangue al luogo della battaglia.

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