Capitolo 17

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Brandon's pov.
"Ragazzo, sto perdendo la pazienza" dice ridendo amaramente. Scuote la testa e aspira il fumo della sigaretta che tiene tra le dita.
"Sto facendo il possibile, non ho ancora scoperto nulla di concreto, ho bisogno di tempo" rispondo.
"Il tempo sta finendo figliolo" dice "la ragazza è in pericolo, lo sai"
A quelle parole mi si gela il sangue. Lo so che è in pericolo, non ho bisogno che qualcuno me lo ricordi.
"Devi darti una mossa, sta sicuramente architettando qualcosa"
Lancia la sigaretta ormai finita sull'asfalto e posa le mani in tasca.
"Brandon, ho scelto te perché so che ce la puoi fare, dobbiamo sbrigarci, dobbiamo evitare che possa farle del male"
"Lo so" rispondo solamente. Mi torturo le mani per la rabbia. Devo proteggerla.
Lei non immagina neppure cosa ci sia dietro al nostro casuale incontro.
Rob si avvicina a me e con fare paterno mi da una pacca sulla spalla.
"Forza ragazzo, ce la faremo"
Annuisco cercando di convincere più me stesso.
Rob può sembrare un uomo cattivo, rozzo, pericoloso.
Ma è solo una copertura.
Sotto quella maschera c'è un agente di polizia più che rispettabile. È un uomo buono, sempre alla ricerca di giustizia.
Ricordo quando l'ho incontrato per la prima volta: lui già mi conosceva, o per meglio dire già mi seguiva da tempo.
Era il periodo buio di NY, quando giravo con quella gente schifosa.
Mi ha salvato.
Non so perché, non so perché proprio io, non so perché non mi ha semplicemente preso e messo in galera per un po'.
Mi ha guardato negli occhi per qualche secondo, mentre mi dimenavo dalla stretta dei suoi uomini.
"Finalmente ti ho trovato" disse. Ancora oggi non so a cosa si riferisse, ma non ha importanza. Non potrò mai ringraziarlo abbastanza. Mi ha preso sotto la sua ala protettiva e mi ha ridato la capacità di vivere.
È stato il padre che non ho mai avuto.
Per questo quando mi ha chiesto di seguire questo caso non ho potuto dirgli di no.
Di certo non era previsto che perdessi la testa per quella ragazza.
Quella ragazza tanto innocente, che non ha idea di quanto in pericolo possa essere.
Rob mi lascia solo in quella stradina secondaria nella penombra. C'è solo un lampione che illumina in parte il vicolo.
Alzo il cappuccio della felpa sulla testa e mi avvio verso casa.
Sono ormai le undici di sera e le strade di San Francisco sono semi deserte. Forse a causa della temperatura che è scesa drasticamente negli ultimi giorni. Infondo, siamo ormai a metà ottobre.
Un brivido percorre la mia schiena quando l'immagine di Alyssa che mi guarda delusa per averle mentito mi si presenta davanti agli occhi.
Com'è potuto succedere tutto questo?
Non doveva andare così.
Prendo a calci un sassolino sull'asfalto del marciapiede e continuo la mia marcia silenziosa.

"Dov'eri?" Chiede Bryan quando varco la soglia di casa sua.
"In giro"
Sbuffa sonoramente mentre tolgo il cappuccio dalla testa.
"Mi spieghi cosa fai la sera, da solo, in giro per San Francisco?"
Punta il suo sguardo nel mio e non so cosa rispondergli. Cosa diamine vuole?
"Senti... Quando mi hai chiesto di ospitarti per un po' ho accettato subito, perché ci conosciamo da una vita, ti ho però chiesto di non fare cazzate, ricordi?"
"Si Bryan" rispondo scocciato.
"Ecco, allora spiegami che cazzo ci fai in giro la sera in una città che non conosci" insiste.
"Cazzo, Bryan ti ho detto che vado in giro! A volte ho bisogno di starmene per i fatti miei e pensare!" Sbraito alzando la voce. Mi da veramente sui nervi quando si impiccia nei fatti miei.
"Giuro che se stai combinando qualcosa te ne torni a New York!!" Risponde più alterato di me.
"E poi spiegami perché ho dovuto spacciarti per mio cugino!"
"Perché se no fanno troppe domande tutti!" Rispondo per l'ennesima volta a quella domanda. In realtà nemmeno io so il perché, ma Rob ha detto che è meglio così, ancor meno possibili sospetti immagino.
Mi volto arrabbiato e tronco la situazione lì.
Chiudo a chiave la porta della mia camera appena vi ci entro ed esco in balcone.
Accendo una sigaretta e aspiro il fumo.
So che Bryan non vuole che fumi in casa, ma mi ha fatto arrabbiare e ho bisogno di tranquillizzarmi.
Appoggio i gomiti sulla balconata di pietra di marmo e guardo il panorama che si presenta davanti ai miei occhi: il cielo è di un blu scuro e le strade sono illuminate dai lampioni e dai fari delle auto che viaggiano ancora a quest'ora. È quasi mezzanotte ormai.
I miei pensieri tornato per l'ennesima volta ad Alyssa.
"Non voglio farle del male" sussurro alla notte.
"Ma non voglio nemmeno rinunciare a lei"
Passo una mano sulla fronte e sui capelli.
Mi pare quasi di vederla, che mi sorride teneramente, che si prende gioco di me. Tanto beffarda quanto sincera.
E poi penso a Rob, a quanto ha sofferto in passato e quanto questo caso sia importante per lui.
Vorrei non deludere nessuno.
Ho paura che dicendo la verità ad Alyssa lei non voglia più vedermi e sopratutto, mettendola al corrente della situazione, potrei metterla ancora più in pericolo di quanto già non sia.
Fa schifo non sapere cosa fare.
Il mio cellulare squilla all'improvviso, facendomi sussultare. Lo afferro di malavoglia senza guardare il mittente, immaginando sia Rob che chiama per l'ennesima volta.
"Dimmi" il mio tono è scocciato.
"Brandon?" una voce flebile e non ben distinta sussurra il mio nome. Stacco il cellulare dell'orecchio e scopro che a chiamarmi non è Rob o un altro contatto, ma un numero non salvato nella mia rubrica.
"chi sei?"
"sono la mamma"
Silenzio.
L'unico rumore che sento è quello del mio stomaco che si contorce e il sangue nel mio corpo smette di circolare.
La mamma?
Non ricordo l'ultima volta che ho parlato con lei, ne i suoi occhi o la sua voce. In realtà non sapevo nemmeno se fosse viva o meno.
Il silenzio persiste fino a quando non decido di metter fine a quell' utile e fuori luogo chiamata.
Poso il cellulare sulla balconata e prendo un lungo respiro sperando di colmare il vuoto che mi si è creato alla bocca dello stomaco.
Cosa vuole?
Come ha avuto il mio numero di cellulare?
Accendo un'altra sigaretta, siccome la prima se l'è fumata il vento, nel vano tentativo di non pensare a ciò che è appena successo. Perché non può essere successo. È impossibile.
Il telefono riprende a suonare e il numero è lo stesso di prima.
Questa volta, però, non rispondo.

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